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Rosa Sloveno, Tadej Pogacar vince il Giro d’Italia.

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“Abbiamo imparato più da un disco di tre minuti di quanto abbiamo mai imparato a scuola” cantava Bruce Springsteen. Allo stesso modo abbiamo capito l’andamento di questo giro d’Italia in appena 7 dei 3321 km percorsi. 7 km tanti quanti la prima significativa salita alla tappa inaugurale, il colle della Maddalena a Torino in cui Pogacar ha sì perso nel confronto giornaliero con Narvaez e Schachmann, ma ha anche inferto una prima marginale ferita ai propri avversari, imponendo la sua legge che non ha fatto altro che rafforzarsi nel corso delle tre settimane rosa. 19 giornate in rosa su 21, come Nibali nel 2014, nella stagione in cui sogna di replicare una delle più grandi opere di Pantani (la doppietta Giro-Tour riuscita al Pirata nel 1998). Ora è a metà dell’opera e una citazione all’indimenticato Marco l’ha portata a termine fin dal secondo giorno. Ad Oropa Tadej ha vinto tappa e maglia (mai più lasciata nelle tre settimane successive) fermandosi per una foratura alla base della salita del santuario e quindi costretto a rimontare. Le immagini di Pantani che recuperò 49 corridori sulla strada per Oropa sono state per molti un flashback nella giornata in cui Tadej ha vinto la seconda tappa e ha indossato la prima rosa della carriera. Gimondi ed Hinault erano gli unici ad aver raggiunto il podio al debutto in tutti i tre giri, adesso si aggiunge anche Pogacar che era stato terzo alla Vuelta e campione al Tour. Un successo di sacrificio e di rinunce, (Tadej ama il Fiandre, ma per prepararsi alla doppietta ha rinunciato alla Ronde oltre che alla Freccia Vallone e all’Amstel), senza mai cadere in alcuna giornata storta. Le insidie erano sempre dietro l’angolo, al di là delle grandi salite una cronometro non al meglio o una caduta sullo sterrato poteva capitare a chiunque, pensiamo a Nibali che nel 2010 perse la maglia rosa cadendo sullo sterrato di Montalcino.

Tadej Pogacar, ph. Ascanio Antolini Ossi

Pogacar, calcoli ed inchino

Pogacar ha dominato Strade Bianche, Liegi, Catalogna e ora anche il Giro d’Italia. Non ci sono rivali per il cannibale gentile. Un vincente spietato con gli avversari e affettuoso con il pubblico che ha imparato ad amarlo (pensiamo a quando ha regalato una borraccia ad un bambino che lo ha inseguito al termine della doppia scalata del Grappa), ma Tadej è un campione generoso anche con i suoi compagni di corsa. Avrebbe voluto il confronto diretto con Pellizzari; dopo avergli regalato occhiali e maglia in cima al Monte Pana, lo ha incitato con un “seguimi” nel corso della seconda salita al Monte Grappa. Il classe 2003 della CSF Bardiani-Faizanè è una delle più belle rivelazioni di questo Giro d’Italia, 49esimo in classifica generale, il più giovane azzurro della carovana supportato da Pozzovivo al suo ultimo Giro d’Italia. Pellizzari nei primi giorni di corsa ha accusato una condizione fisica non eccelsa e quindi per questo motivo il suo ritardo in classifica è lievitato, ciò gli ha tuttavia permesso di emozionare prima sul Monte Pana poi sul Monte Grappa, il ragazzo ha solo bisogno di crescere. Proprio quelli in cui l’azzurro è stato coprotagonista sono i successi da incorniciare di Tadej a questo Giro (anche se la cronoscalata di Perugia ha avuto dei caratteri surreali). Dopo aver contato le vittorie sul Monte Pana, avendo finito le dita della mano, per il sesto sigillo a Bassano ha deciso di applaudire un pubblico che lo ha sempre sostenuto, tifato, amato, inchinandosi all’Italia e agli italiani, per celebrare un decennale rapporto di affetto. Un rapporto che ha iniziato a svilupparsi quando a Livigno, sede di una delle sue meraviglie al Giro, ha conosciuto la sua fidanzata Urska. Un rapporto che ha origine nel 2014 quando un giovanissimo Pogacar, da Komenda era partito con la sua squadra juniores per assistere all’ultima tappa del Giro d’Italia, a Trieste. Vinse in volata uno sloveno, Luka Mezec (oggi alla Jayco Alula e ritiratosi alla 14 tappa di questa edizione), la maglia rosa quell’anno la conquistò Nairo Quintana e quel giorno Tadej si mise in testa di indossarla, come il colombiano. Dieci anni dopo ci è riuscito e lo stesso Quintana (unico vincitore al via del Giro 107) ha dovuto ammirare, inchinarsi e lasciar spazio al cannibale gentile amato dal popolo italiano.

Antonio Tiberi

Tiberi, Milan, Ganna, Vendrame: quanta Italia al Giro 107

“Ci sono stati dei momenti difficili” ha dichiarato Tadej parlando di questo Giro. Noi non li abbiamo visti, anzi, il successo di Pogi ottenuto in un tripudio di folla, come accade alle grandi rockstar, è stato un bellissimo ed interminabile assolo, uno di quelli che restano nella storia e che nessuno si stancherà mai di ascoltare. Ben lontano dalle sue spalle (circa 10 minuti, un’eternità) troviamo il secondo ed il terzo classificato Daniel Martinez e Geraint Thomas, che dopo aver perso il Giro 2023 in cima al Lussari contro Roglic, ha visto un altro sloveno fuggire via verso la festa rosa. Tuttavia, come il cielo di Roma nella passerella conclusiva, il contorno all’iconico colore del Giro d’Italia è azzurro. 43 italiani al via, di cui 3 campioni olimpici. Tiberi puntava al podio, ambizioso, ma alla fine è arrivato quinto e con indosso la maglia bianca di miglior giovane. L’ultimo italiano a riuscirci fu Fabio Aru nel 2015, nell’anno in cui vinse la Vuelta. Jonathan Milan da parte sua ha confermato la sua ambizione, ha replicato nell’anno olimpico il back to back in maglia ciclamino vincendo la classifica a punti, pur sfuggendogli quell’ultima vittoria nella capitale che lo scorso anno gli tolse Cavendish e che nel 2024 è andata a Merlier. A proposito di campioni olimpici, Filippo Ganna ha vinto la cronometro del Garda, ma i successi potevano essere ben tre. A Perugia il miracolo di Pogacar sulla cronoscalata nel finale di tappa gli ha tolto una vittoria certa; l’attacco sulla riviera ligure a Capo Mele, forse troppo anticipato, sembrava un tentativo di riprendere quel che pochi mesi fa una foratura sul Poggio di Sanremo gli aveva tolto. Nel Giro dei grandi debuttanti a ritagliarsi un posto d’onore dietro alla rockstar rosa sono gli italiani. Da Fiorelli campione dell’Intergiro a Pellizzari, dai saluti di Pozzovivo al colpo di Vendrame che è riuscito a beffare Alaphilippe (debuttante e vincitore nella tappa dei muri di Fano) a Sappada. Gli italiani inviano segnali positivi, e adesso l’obiettivo è interrompere il digiuno di successi al Tour, al via il prossimo 29 giugno, in Italia.

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