“Siamo destinati per sempre a stare in equilibrio sul confine dell’eternità, senza il tutto definitivo nell’abisso”, la partita della Nazionale italiana in Coppa Davis, nella semifinale di Malaga può essere riassunta con queste parole a tinte “dark” di Edgar Allan Poe. Con un passo già nel baratro Jannik Sinner ha consegnato l’Italtennis all’eternità: la data del 25 novembre 2023 è entrata nella storia della sport italiano ed è diventata una tappa imprescindibile quando tra alcuni decenni bisognerà raccontare ai nipoti delle straordinarie gesta della Volpe Rossa di San Candido. È stata una rivincita della rivincita -o più semplicemente la bella- che ha ancora più un carattere nazionale, Sinner batte Novak Djokovic per la seconda volta in due settimane, il deludente intermezzo della sconfitta nella Finale delle Finali di Torino brucia ancora, ma oggi sappiamo che la vittoria dei gironi non è stato un caso: lo può confermare anche Bob Dylan con un suo capolavoro, i tempi stanno cambiando.
Coppa Davis, una finale mondiale per l’Italia
Nel racconto della Coppa Davis – speriamo di poter aggiungere l’aggettivo “italiana”- del 2023, si dovrà senza dubbio partire dallo 0-40 in favore di Djokovic contro Sinner. Tre match point, una situazione che negli ultimi 20 anni ha sempre avuto un solo ed unico seguito: la vittoria di Nole. Adesso che è giunta l’ora di aggiornare gli almanacchi bisognerà aggiungere il nome di Jannik a quello dei più grandi, quei pochi campioni che hanno sconfitto il serbo per due volte nello stesso anno, un club ristretto di cui fanno parte anche Rafa e Roger. I tre match point di Djokovic significavano anche match point per la Serbia, una tripla occasione per i balcanici di tornare in finale dieci anni dopo la sconfitta alla Stark Arena contro la Repubblica Ceca di Stepanek e Berdych. L’Italia però mancava all’atto conclusivo da più tempo, da quando tutti i giocatori presenti sul campo non avevano iniziato la carriera o addirittura non erano neanche nati. Era il 1998, il secolo scorso e la Svezia di Magnus Norman spense i sogni del Forum di Assago. Bisogna tornare al 1976 per ricordare un’Italia campione di Davis, un successo circondato da magliette rosse e discussioni parlamentari. Capitano di quella nazionale era Nicola Pietrangeli, un talento che -come Jannik per lo sci- il tennis ha rapito ad un altro sport. Prima di avvicinarsi al Tennis Club Parioli di Roma ha indossato la maglia delle giovanili della Lazio, ma ha scelto di dedicare il suo futuro alla racchetta e come lui ha fatto il classe 2001, pazienza se avremo un campione di sci in meno. Contro l’Australia l’attuale capitano Volandri dovrà scegliere tra gli sconfitti Arnaldi e Musetti per affrontare il numero due dell’isola-continente. Sinner è la certezza e affronterà De Minaur, ma in questi giorni anche la coppia con Sonego non ha lasciato dubbi sulla propria validità. Sarà una finale mondiale, il tennis italiano ormai ci ha abituato bene perchè per la terza volta in tre settimane il tricolore si giocherà la vetta del mondo: prima le ragazze in BJK cup sconfitte dal Canada, poi Jannik sconfitto nella Finale delle Finali e ora tocca all’Italtennis, con la speranza di veder invertita la tendenza della sconfitta.
Coppa Davis, è finita l’era Djokovic
Nel 2023 Novak Djokovic è diventato il tennista più vincente della storia e ha rafforzato la sua candidatura al riconoscimento di G.O.A.T. -Greatest of all time, ndr-, tuttavia ci sono almeno quattro momenti di questa stagione che lasciano pensare che la sua dittatura sportiva stia volgendo al termine. Il primo, in ordine di importanza, è sicuramente la finale di Wimbledon -anche se la partita a MonteCarlo contro Musetti merita una menzione-. Nole su quel campo non ha solo perso i Championship, ha perso l’occasione del Grande Slam conferendo ad Alcaraz il ruolo di futuro dominatore, anche se la parte finale di stagione ha messo in discussione questa prospettiva. Importante partita da ricordare, antecedente a quella di Church Road , è quella della terra rossa: al Foro Italico Holger Rune ha eliminato il Nole campione in carica e si è guadagnato un definitivo posto tra i grandi. Infine è arrivata la splendida vittoria di Sinner a Torino, nel girone delle Finals, vendicata all’atto conclusivo e riproposta oggi a Malaga. Non siamo sicuri di poter annunciare la fine dell’era Djokovic, ma come minimo alla viglia dell’anno olimpico l’ipotesi del grande Slam d’oro (Melbourne, Parigi, Wimbledon, New York e Oro olimpico) sembra più remota rispetto al 2021, quando Medvedev e Zverev negarono a Nole l’impresa più grande della storia del tennis. La vittoria di Jannik prospetta un futuro diverso da quello pronosticato dopo Wimbledon: il Djoker non è più tiranno e sta lasciando alcuni spiragli di democrazia che tuttavia sono subito cannibalizzati dagli oligarchi della Next Gen. I giovanissimi tre (Rune, Sinner, Alcaraz) si spartiranno i trofei dei prossimi anni e il mondo del tennis quindi sprofonderà in questa triarchia, anche se per il momento sono stati tutti e tre vittime di alcuni inciampi inspiegabili -Rune in estate, Alcaraz con Maroszan e Sinner con Lajovic-. Il tavolo del potere decisionale del tennis, che a fine stagione stabilisce il ranking, nel 2024 potrebbe non avere regole aprendo la strada a inattesi protagonisti pronti a sfruttare forse l’ultima occasione rimasta tra l’Era Djokovic e l’Era Next Gen: avrà valore la regola dei Tears for Fear perché nella prossima stagione “tutti vorranno regolare il mondo” del tennis.