La Chirurgia e le tecniche chirurgiche si sono evolute nel corso dei millenni, spesso correndo in parallelo e separatamente dalla medicina generale, spesso incontrandosi con essa o addirittura scontrandosi.
Per molti secoli il chirurgo era considerato un semplice tecnico, separato dal medico clinico e portatore del sapere.
L’unione definitiva e la condivisione della medesima formazione accademica avviene a seguito della nascita della chirurgia moderna a partire dall’Ottocento, quando furono i chirurghi, dopo decenni di tentativi e di studi, a compiere scoperte rivoluzionarie che permisero di sconfiggere quelli che fino ad allora erano considerati i grandi avversari della chirurgia: le infezioni, il dolore e l’emorragia.
Par tale motivo gli articoli degli ultimi mesi riguardo la nascita dell’antisepsi, la scoperta della circolazione sanguigna e della legatura dei vasi e lo sviluppo dell’anestesia moderna, sono propedeutici all’argomento che verrà trattato in questa nuova serie di articoli: la nascita della chirurgia moderna.
Però, non può esistere un presente, né tantomeno un futuro, che non si poggi su un passato solito, è necessario fare un passo indietro (in realtà molti più di uno) per percorrere tutta una strada che parte dagli uomini del neolitico fino ad alle enormi potenzialità della chirurgia attuale.
Gli studi archeologici confermano la Chirurgia nasce insieme all’Homo Sapiens: i nostri primi antenati vivano un’esistenza più corta e difficile della nostra, esposti a mille pericoli, agli attacchi di animali feroci e a incidenti, soprattutto durante la caccia; questo li rendeva suscettibili ed esposti a ferite, fratture ed emorragie, che richiedevano un trattamento per non esitare in limitazioni funzionali (che allora avevano un solo significato: morte) o addirittura al decesso.
È riportato un aneddoto che riguarda l’antropologa Margaret Mead, alla quale uno studente domandò quale fosse secondo lei il primo segno di civiltà nel genere umano. L’antropologa rispose che il primo segno di civiltà della nostra storia poteva essere considerato il ritrovamento in una sepoltura delle spoglie di un uomo delle caverne con l’evidenza di una frattura di femore guarita.
In natura, quando un animale subisce una lesione ad un arto muore, perché è abbandonato a se stesso, non può procurarsi cibo o acqua e, soprattutto, è vulnerabile agli attacchi dei predatori.
Una sepoltura di un essere umano che mostra un femore rotto, poi guarito, significa che qualcuno si è preoccupato, lo ha accudito, ha curato la sua ferita, lo ha portato al sicuro e lo ha difeso, aiutandolo a guarire.
La separazione dell’Homo Sapiens civile, rispetto agli animali selvaggi avviene, quindi, nel momento in cui si è iniziato ad aiutare l’altro nelle difficoltà, nel momento in cui si è iniziato a curare chi veniva ferito.
Sappiano allora che fin dagli albori della nostra civiltà si sono sviluppate tecniche chirurgiche, seppur rudimentali, e che anche l’uomo del neolitico era in grado di amputare, drenare, suturare e cauterizzare.
Abbiamo evidenze archeologiche di come alcune tribù Masai utilizzassero aghi di acacia per suturare le ferite; in Sud America ed India si servivano di termiti e colecotteri a cui facevano mordere le ferite per riavvicinare i lembi, poi staccavano il corpo dell’insetto, come una sorta di clips chirurgiche ante litteram.
Ci sono prove di come alcune ferite venissero, invece, trattate con misture infiammabili che poi venivano incendiate.
Appare ormai evidente, quindi, che la Chirurgia è antica quanto l’Uomo e fu determinante per la nascita della civiltà.