IQ. 09/04/2013 – Lo stupro continua ad essere tabù. È di questi giorni l’appello disperato della madre della ragazza violentata a Montalto di Castro sei anni fa. La violentarono in 8 per tre lunghissime ed interminabili ore. La ragazza aveva quindici anni. I suoi aguzzini poco di più. “Mi hanno preso la vita e rubato il futuro, ho sperato ogni giorno di avere giustizia, ma se avessi saputo che finiva così non li avrei mai denunciati. Ora sono stanca, non ho più la forza di combattere”.
Nella notte tra 31 marzo e il primo aprile del 2007 otto ragazzini hanno tolto la voglia di vivere ad un’adolescente. E la cosa che fa più rabbia e provoca una fitta al cuore è leggere queste parole oggi. Significa che dopo sei anni e due processi, quella ferocia di gruppo è diventata il paradigma di quanto in Italia la violenza sessuale resti di fatto ancora impunita. E le vittime relegate nell’ombra di vite spezzate o, peggio ancora, additate come colpevoli perché “provocanti”. Bestia, senza nessuna offesa per gli animali veri, è chi non sa controllare i propri istinti sessuali e violenti. Una sentenza non ridarà vita e gioia a nessuna vittima. La legge non può cancellare l’offesa, il dolore, lo strazio e le ferite. Può però mettere un punto. Può mettere la parola fine ad una brutta storia facendo sì che la vittima, seppur dolorante, provi a ricominciare a vivere di nuovo, a sorridere. Se invece lo stupro resta impunito al dolore si aggiunge la rabbia, il rancore e la sfiducia, in proporzioni tali da sedimentarsi e ridurre a brandelli un’anima già lacerata perché violata nel fisico.