Il rosso acceso della terra rossa parigina che colorava quei primi giorni di giugno 2022 ha reso surreale l’atmosfera del campo Philippe Chatrier. Quel pomeriggio, durante la semifinale del Roland Garros, la Ville Lumière sembrava riproporre “l’Urlo”, capolavoro di Edvard Munch, in chiave sportiva: il silenzio atipico nel quale erano sprofondati gli spettatori veniva bruscamente infranto dalle agghiaccianti grida di dolore di un ragazzo di 25 anni al quale è stato rapidamente strappato un sogno. Alexander Zverev, inseguendo un colpo di Nadal franò a terra e da quel momento vide il torneo, la stagione e per un attimo anche la sua stessa carriera scivolare lontano dalla sua racchetta. Lacerati tutti e tre i legamenti della caviglia destra, un infortunio occorso corso nel momento migliore della carriera. Abbandonò lo Chatrier in sedia a rotelle portando con se, oltre al dolore, tante lacrime e punti interrogativi per il suo futuro. Sascha Zverev tornerà a giocare nella stagione successiva, ma il suo tennis non è mai stato lo stesso dopo quella giornata. È la maledizione che ogni atleta non vorrebbe subire, la sfortuna di avere a disposizione un talento enorme costantemente ostacolato dagli infortuni.
Berrettini richiama Zverev
“Adesso non sognare che sia finita” catastavano i Crowded House. È il primo pensiero che hanno tutti gli atleti traditi dal loro fisico. “Tornerò più forte di prima” una frase che si ripete ciclicamente, nel calcio, nel tennis, nell’atletica e così via. Matteo Berrettini lo ha definito tramite Instagram un “mix di emozioni”; la gioia per essere scampato a quello che sembrava un devastante crash come quello di Zverev, contrapposta alla delusione per la presa di coscienza di doversi fermare, ancora una volta e dover rinunciare alla convocazione in Coppa Davis. Matteo ha lasciato lo US Open in lacrime, come gli era già successo in questa stagione. La dinamica, simile a quella accorsa al tedesco ha fermato i cuori di tutti i tifosi. Anche se il finale di stagione è salvo bisogna sempre ricordare che recuperare da un incidente del genere non è un processo immediato, può richiedere mesi se non anni. Basti pensare al talento cristallino di Dominic Thiem che è ormai annebbiato dai problemi fisici con l’austriaco non riesce a convivere sul campo e a risentirne è principalmente il suo ranking. Berrettini era in ripresa, Wimbledon e le USOpen Series gli stavano restituendo la fiducia necessaria per ritrovare il gioco che ha fatto innamorare l’Italia del tennis. Purtroppo il calvario non è iniziato a Flushing Meadows, anzi lo slam americano doveva trascinarlo fuori dal baratro anche psicologico nel quale era caduto nel 2022, invece deve dare ancora una volta appuntamento al futuro…
La cicatrice degli infortuni: Remco, Sharapova, Bastianini
“Scegli di essere forte nell’animo piuttosto che nel corpo”, come ricorda proprio quel campo del Roland Garros serve tenacia per raggiungere la vittoria e delle volte il percorso può essere più tortuoso di quanto si potesse immaginare. La frase di Pitagora, fondendosi con la lex imposta incisa sulla tribuna del campo Philippe Chatrier diventa un insegnamento prezioso per gli atleti che delle volte rientrando da un infortunio si ritrovano un mondo completametne diverso da quello che avevano lasciato. Uno stop prolungato lascia dei segni, delle cicatrici che possono modificare definitivamente le prestazioni o lo stile di un giocatore. Maria Sharapova tornò sui campi da tennis, ma l’infortunio alla spalla privò la Tigre Siberiana del servizio con il quale riusciva a fare la differenza e vincere i tornei, una cicatrice che le ha definitivamente cambiato le prospettive di carriera. È quel che è successo anche a Marc Marquez, trasformato da dominatore della MotoGP a pilota di metà classifica, attanagliato anche dalla paura di un ulteriore infortunio. Remco Evenepoel aveva solo vent’anni quando volò, letteralmente giù da un ponte al Giro di Lombardia. Si salvò grazie a quello che venne definito un miracolo e l’anno successivo tornò in bicicletta iniziando a costruire la sua carriera piena di successi; anche se, dopo il volo è rimasto sempre un passo indietro ai fuoriclasse dei grandi Giri (Pogacar, Vingegaard, Roglic). Ora è alla Vuelta per superare la paura e affermarsi come il campione che ha sempre dimostrato di essere.
Se Evenepoel era, ed è, considerato uno dei più grandi talenti emergenti del ciclismo, nel mondo dei motori e del Motomondiale Enea Bastianini si faceva carico di aspettative simili. La Ducati Lenovo scelse di puntare su di lui dopo la straordinaria stagione 2022, ma all’esordio con la rossa a due ruote una caduta a Portimao diede inizio ad un calvario ancora irrisolto. Ha saltato tutte le gare da marzo fino a giungo, del podio non si è vista neanche l’ombra fino alla prima curva del circuito di Montmelò. Cade al via del GP di Catalogna, il suo crash era stato oscurato dallo spavento per Pecco Bagnaia investito da Binder, ma le conseguenze sono state decisamente più dure da digerire per Enea. Il Campione del mondo è stato miracolato, se l’è cavata con un grande ematoma sulla gamba, a Misano sarà padrone di casa; Enea invece, anche lui trasportato in ospedale dopo l’incidente ha accusato fratture multiple e ancora una volta lascerà vuoto quel sedile in Ducati. Si tratta di talenti indiscussi, che certamente non vengono sprecati, ma ai quali non viene data la possibilità di sbocciare; e il calcio non poteva astenersi dal fornire grandi nomi alla lista degli sfortunati.
Dybala, tra lo spettro di Pato e del Pogba 2.0
È curioso come in questa lista di sfortuna rientrino gran parte degli eroi della magica estate azzurra 2021: Berrettini finalista di Wimbledon, Marcell Jacobs campione olimpico dei 100 metri e Federico Chiesa trascinatore (senza dimenticare l’altro infortunato di quell’Italia Leonardo Spinazzola) della Nazionale al titolo Europeo. Proprio tra Juventus e Roma si è costruito un asse della malasorte che ha attanagliato le loro stelle più amate in quel momento: Chiesa e Zaniolo, entrambi fermati dal crociato nel corso di un confronto diretto tra bianconeri e giallorossi. E per queste due squadre non sembra finita la maledizione infortuni: Paul Pogba era tornato tra l’entusiasmo dei tifosi, per portare una versione 2.0 di se stesso, destinato a diventare un simbolo Vecchia Signora; ha collezionato solo 170 minuti in tutta la stagione. È tornato in Serie A lo spettro dello sconfinato talento di Alexandre Pato: arrivato al Milan a 17 anni, presentato come il più grande prospetto del calcio brasiliano, ha visto il suo Regno promesso smaterializzarsi e lasciar spazio ad una presenza fissa in infermeria.
Quella di Pato è stata una carriera quasi fallimentare, ovviamente non si può parlare allo stesso modo di Paulo Dybala, campione del Mondo con l’Argentina, vincitore in Serie B, 5 volte in Serie A e 4 in coppa Italia. Il biglietto da visita fa invidia, ma probabilmente non sarà mai all’altezza di un talento indescrivibile che rappresenta la pura essenza del calcio spettacolo. Fin dal suo arrivo in Europa, nel 2012 a Palermo, sono stati spesi paragoni pesanti. “Io sono Dybala, voglio vincere i miei trofei e fare le mie giocate, non paragonatemi a Messi”, si sfogava così dopo una tripletta inflitta al Sassuolo nel 2017. Eppure il tocco magico del suo mancino lasciava presagire un futuro da pallone d’oro; le tre città della sua carriera (Palermo, Torino sponda Juve e adesso Roma) si sono rapidamente innamorate di lui, ma la sfortuna è diventata l’avversario più arduo da dribblare. Paulo ormai convive sempre con la spada di Damocle dell’infortunio, sempre a rischio di un affaticamento muscolare o di un nuovo dolorino che lo costringe a fermarsi per settimane o mesi. Dybala è pur sempre un esempio da imitare e dal quale apprender: l’infortunio di ottobre 2022 ha rischiato di fargli saltare il mondiale e invece in Qatar ha firmato uno dei cinque rigori del titolo Albiceleste: i Crowded House avevano ancora ragione, “non sognare che sia finita”.