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Tensioni nel Pd, ‘ora il confronto’. Ma Schlein tira dritto.

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venerdì, Marzo 14, 2025

Il voto in Europa sul riarmo ha diviso il Pd e ha fatto da detonatore ai malumori interni al partito.

Dall’ala moderata, e non solo da quella, è arrivata a Elly Schlein la richiesta di un confronto sulla politica estera.

Ma la segretaria ha tagliato corto: “La posizione Pd non cambia”. La squadra degli eurodeputati per metà (11 voti) ha seguito l’indicazione di Schlein che, smussando l’originaria intenzione di dire “no” al piano di Ursula von der Leyen, ha chiesto l’astensione. E per metà (10 voti) è rimasta ferma sul “sì”.

Fra i ribelli, anche il presidente del partito e leader della minoranza interna Stefano Bonaccini che, per la prima volta, ha infranto la “pax” con la segretaria. Ma la tensione non c’è solo nella truppa europea. Anche alla Camera e al Senato si sono fatti sentire diversi esponenti Pd. Da Piero Fassino a Lia Quartapelle, da Marianna Madia a Gianni Cuperlo alla senatrice Sandra Zampa, la richiesta alla segretaria è stata la stessa: “Apra una discussione”, perché “il posizionamento internazionale – ha spiegato Fassino – definisce identità, profilo e credibilità di un partito”. Ed è tornata a circolare la parola congresso. Nei giorni scorsi, l’ex senatore Luigi Zanda ne ha chiesto uno straordinario. Mentre l’ex ministro Andrea Orlando ne ha invocato semmai uno tematico. Insomma, sul come il dibattito è aperto. Sul cosa le idee sono chiare.

“Un partito non può astenersi – ha detto Quartapelle – deve dire dove sta, con chi sta, svolgere una funzione di leadership. E’ nei grandi cambiamenti che si misura lo spessore della proposta politica che tu hai o che non hai”. Ma Schlein ha ribadito che la linea resta quella: “Si votava una risoluzione – ha spiegato – con molti punti che condividiamo, ma che dava anche appoggio al piano proposto da von der Leyen, che agevola il riarmo dei singoli Stati, ma non contribuisce alla difesa comune e anzi rischia di ritardarla. Quel piano va cambiato”. Fra i critici con la posizione della segretaria ci sono anche gli ex premier Paolo Gentiloni e Romano Prodi. Il piano di riarmo Ue “è un primo passo” ha ribadito il professore.

Un giudizio che ha fatto sentire il suo peso sui “sì” a Strasburgo dei dem Bonaccini, Antonio Decaro, Giorgio Gori, Elisabetta Gualmini, Giuseppe Lupo, Pierfrancesco Maran, Alessandra Moretti, Pina Picierno, Irene Tinagli e Raffaele Topo. Hanno invece seguito la linea dell’astensione il capodelegazione Nicola Zingaretti, Annalisa Corrado, Alessandro Zan, Brando Benifei, Dario Nardella, Matteo Ricci, Sandro Ruotolo e Camilla Laureti. E anche gli indipendenti Cecilia Strada e Marco Tarquinio, che erano fortemente intenzionati a votare “no”. C’è stato un piccolo giallo su Annunziata: dai tabulati il suo voto è risultato favorevole, ma poi lo ha corretto in astensione. “Ci sono state valutazioni diverse – ha riconosciuto il capodelegazione Nicola Zingaretti – ma nessuno ha votato contro la risoluzione”.

L’analisi dei riformisti è diversa. “Si partiva dal no, per fortuna quella linea è andata sotto”, ha detto Quartapelle. “Il tema – spiegava in Transatlantico un esponente dell’area moderata – è che noi abbiamo votato come i socialisti europei.
Chi ha deciso di astenersi è uscito da quel solco”. Dura con Schlein l’eurodeputata Picierno: “L’atteggiamento di chiusura del gruppo dirigente porta a divisioni e spaccature”. A difendere la posizione della segretaria è stato il responsabile Esteri Pd, Peppe Provenzano: “La strada di una difesa comune non può essere quella dei riarmi nazionali. Questa è la posizione del Pd ed è questo il senso dell’astensione”. Provenzano ha poi aperto uno spiraglio alle richieste di confronto: “Bisognerà approfondire le ragioni che hanno portato una minoranza rilevante della delegazione a fare una scelta differente”. Fra le armi dello scontro, c’è chi ha sfoderato l’ironia: “Fra i socialisti ci sono stati astenuti solo nel Pd – sottolineava un esponente della minoranza -.E poi un bulgaro, uno sloveno e un irlandese. Come nelle barzellette”. Mentre Giuseppe Conte ne ha approfittato per una stoccata: “Il M5s ha votato no, in modo granitico e compatto”. 

Fonte: ansa.it

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