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TRAPIANTO DI CUORE: LA PUNTA DI DIAMANTE DELLA CARDIOCHIRURGIA.

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giovedì, Gennaio 9, 2025

Il trapianto di cuore rappresenta uno degli interventi che più colpiscono l’immaginario collettivo, tanto che il primo intervento eseguito da Barnard nel 1967 ebbe una risonanza mondiale elevata, trasformando il chirurgo sudafricano in una superstar. Si trattava della distruzione del tabù dell’inviolabilità del cuore.

Si tratta di un processo che intreccia tecnica chirurgica avanzata, gestione immunologica e un profondo impatto psicologico su pazienti affetti da insufficienza cardiaca terminale o patologie cardiache gravi, quando tutte le altre opzioni terapeutiche sono state esaurite.

Rappresenta pertanto l’unica possibilità di guarigione per paziente affetti da patologiche che compromettono irreversibilmente la funzionalità muscolare ventricolare e quindi la contrattilità, come le cardiomiopatie che possono essere di tipo primitivo (dilatativa, restrittiva o ipertrofica aritmogenica), secondarie (ischemia, malattie valvolari con coinvolgimento della funzionalità contrattile, neoplastica senza metastasi e senza recidive per almeno 5 anni, post-chemioterapica) oppure congenite.

Selezione dei pazienti e criteri di esclusione. Il percorso verso il trapianto è rigoroso. I pazienti devono affrontare una valutazione dettagliata, che include esami clinici, psicologici e sociali. Criteri di esclusione comprendono patologie neoplastiche in corso, infezioni non controllate e condizioni psichiatriche gravi non trattate, oltre a diabete ed altre malattie croniche sistemiche. Anche l’età avanzata può rappresentare un limite, sebbene i progressi della medicina abbiano allargato le possibilità a pazienti più anziani rispetto al passato; in questo caso infatti, parliamo più che altro di controindicazione relativa, non assoluta.

Il donatore. Il donatore deve avere delle caratteristiche imprescindibili per essere considerato idoneo. In linea generale i punti più importanti sono: indicazione della morte cerebrale da almeno 6 ore con EEG piatto, assenza di riflessi truncali e Test dell’Apnea positivo per assenza di respirazione autonoma; il donatore deve inoltre presentare una funzione cardiaca eccellente, quindi l’assenza di patologie pregresse, di importanti aritmie.

Il procedimento chirurgico. L’intervento, tecnicamente noto come ortotrapianto cardiaco, implica la sostituzione del cuore malato con un cuore sano prelevato da un donatore deceduto. La procedura dura diverse ore e richiede un’equipe multidisciplinare altamente specializzata. Dopo aver asportato il cuore malato, il cuore del donatore viene suturato alle principali strutture vascolari del paziente, garantendo il ripristino della circolazione. Tutto questo è possibile collegando i principali vasi sanguigni del paziente ad un macchina che sostiene la circolazione cardiaca anche a cuore non battente. La gestione perioperatoria è critica: complicanze come emorragie o problemi di ritmo cardiaco possono insorgere in questa fase delicata.

Gestione post-trapianto e complicanze. Il successo del trapianto non termina con l’intervento. La fase post-operatoria è forse anche più importante e richiede un monitoraggio costante per prevenire complicanze, tra cui il rigetto. Questo fenomeno avviene quando il sistema immunitario riconosce il nuovo organo come estraneo e lo attacca. Si distinguono principalmente due tipi di rigetto:

  • Acuto: insorge nei primi mesi post-trapianto e necessita di un aggiustamento tempestivo della terapia immunosoppressiva.
  • Cronico: può svilupparsi nel tempo, portando a una forma particolare di malattia coronarica del cuore trapiantato, con restringimento progressivo delle arterie coronarie.

I pazienti devono assumere farmaci immunosoppressori per tutta la vita, il che li espone a rischi di infezioni batteriche, fungine e virali, spesso gravi. Particolare attenzione viene posta anche alla prevenzione di tumori, la cui incidenza aumenta nei soggetti sottoposti a terapia immunosoppressiva prolungata​.

Sopravvivenza e qualità della vita. Negli ultimi decenni, la sopravvivenza dei pazienti trapiantati è migliorata significativamente. Attualmente, il tasso di sopravvivenza a un anno è superiore all’85%, mentre circa il 50% dei pazienti vive oltre i 10 anni​. Tuttavia, la qualità della vita dipende dalla gestione delle complicanze a lungo termine e dall’adesione alle cure. L’educazione del paziente e il supporto psicologico svolgono un ruolo fondamentale in questo percorso complesso.

Il trapianto cardiaco rappresenta la punta di diamante della cardiochirurgia, ma è anche una sfida che richiede un impegno continuo, sia da parte del personale medico che del paziente. La ricerca in ambito di rigetto e la prospettiva futura di organi bioingegnerizzati potrebbero aprire scenari rivoluzionari, promettendo un futuro in cui il cuore nuovo non sia solo una speranza, ma una realtà accessibile a un numero sempre maggiore di persone.

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