In Italia oltre 144mila uomini e donne vivono con una diagnosi di carcinoma renale.
Si calcola che ogni anno i nuovi casi ammontino a 13.500 e i più colpiti risultano gli uomini.
Sette pazienti su dieci sono vivi a cinque anni dalla diagnosi e possono essere considerati guariti.
Preoccupa però la casualità legata all’individuazione della patologia. Il 60% dei casi (8.100 ogni anno) viene scoperto durante esami medici svolti per altri problemi di salute.
Infatti, il 55% dei carcinomi si presenta alla diagnosi confinato solo al rene mentre fino al 30% dei casi ha già sviluppato metastasi. Sono questi alcuni dati che descrivono una neoplasia ancora poco nota. Per sensibilizzare pazienti, caregiver e istituzioni si celebra oggi la Giornata Mondiale contro il Tumore del Rene. L’evento viene promosso dall’International Kidney Cancer Coalition (IKCC), rete internazionale e indipendente di associazioni di pazienti provenienti da 45 Paesi.
Il titolo della Giornata quest’anno è ‘Abbiamo bisogno di parlare delle opzioni di trattamento’. “Negli ultimi anni è stata ampliata e perfezionata la gamma di cure disponibili – afferma Tonia Cinquegrana, Presidente e una delle fondatrici di ANTURE, Associazione Nazionale tumore del rene che oggi ha organizzato una conferenza stampa virtuale -. Tutti i dati dimostrano chiaramente un continuo miglioramento dei tassi di sopravvivenza in Italia. Abbiamo però ancora tante sfide da affrontare a cominciare dal numero di diagnosi precoci che deve essere incrementato”.
L’associazione sottolinea anche l’importanza dei test genomici in questa neoplasia: “Devono essere resi disponibili a tutti i pazienti che ne hanno necessità”. Un altro aspetto è inoltre la maggiore promozione di nuovi trial clinici. Secondo un recente sondaggio mondiale dell’IKCC, l’89% dei pazienti con tumore del rene prenderebbe in considerazione l’idea di far parte di una sperimentazione clinica. Tuttavia, a meno della metà viene fatta questa richiesta.
“Gli studi clinici sono fondamentali per aumentare le nostre conoscenze sul cancro e al tempo stesso possono fornire ai malati l’accesso a trattamenti innovativi”, aggiunge Giuseppe Procopio, Direttore dell’Oncologia di Cremona. Nel tumore renale la chemioterapia e la radioterapia “sono risultate da sempre poco efficaci e il loro utilizzo è scarso – rileva Sergio Bracarda, Presidente eletto della SIUrO Società Italiana di Urologia Oncologica -. L’introduzione dei farmaci biologici prima e poi di quelli immunoterapici ha rivoluzionato la pratica clinica nonché restituito speranza a milioni di uomini e donne in tutto il mondo”.
Il carcinoma renale “non può più essere sottovalutato – conclude Camillo Porta, direttore Oncologia Medica del Policlinico di Bari -. Come per altre neoplasie non è possibile avviare campagne di screening su fasce, più o meno ampie, della popolazione. Resta perciò un’altra preziosa arma nelle nostre mani che è la prevenzione primaria e quindi gli stili di vita sani. Sono documentati da molte ricerche i collegamenti tra la malattia e alcune abitudini scorrette come il fumo di sigaretta, l’obesità o l’eccesso di peso o l’abuso di alcol oltre che con patologie molto diffuse come l’ipertensione arteriosa o la malattia cistica renale”.