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TUTTE LE CANZONI DI SANREMO 2025 ASCOLTATE IN ANTEPRIMA.

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martedì, Gennaio 21, 2025

La 75esima edizione della kermesse andrà in onda dall’11 al 15 febbraio con Carlo Conti.

In gara ritroveremo i dominatori delle ultime edizioni e delle classifiche Spotify, rapper & trapper che però cantano quasi tutti ballate pop. La stragrande maggioranza delle canzoni parla, anche quest’anno, di struggimenti amorosi, abbandoni, anche se non manca qualche eccezione che in un modo o nell’altro affronta temi diversi o politici. Quello che è emerso da questo primo ascolto in anteprima del 75esimo Festival della canzone di Carlo Conti è che dopo il quinquennio di Amadeus non è cambiato niente. La scelta delle canzoni è in perfetta linea con quella del direttore artistico precedente. Ma procediamo con la valutazione canzone per canzone.

Francesco Gabbani, «Viva la vita» 5 + Vincitore tra le Nuove proposte al primo Sanremo di Carlo Conti, e vincitore tra i Big al secondo, Gabbani rappresenta la “firma” del direttore artistico sul suo Festival, ma questa volta sembra aver sbagliato la mira giocandosela con una ballata non memorabile. Al primo Sanremo guidato da Conti vinse tra le Nuove proposte, al secondo vinse tra i Big, poteva mai mancare al terso. Francesco Gabbani c’è ma stavolta se la gioca con una ballata non particolarmente originale che scivola via dolcemente ma senza mordente. E’ un Gabbani inedito, a tratti sembra una canzone di Cremonini. C’è tanto ottimismo però, sicuramente è un inno alla vita, ma non colpisce abbastanza.

Clara, «Febbre» 4+ Classico brano dai ritmi ballabili studiato per raccogliere streams a go go. Nel suo genere è tutto corretto, tutto al posto giusto per piacere al pubblico standard per il quale è stato scritto. Non c’è nient’altro da aggiungere.

Willie Peyote, «Grazie ma no grazie» 6,5 Con Willie si balla, si scherza, si pensa. Basta un giro di chitarra bossa per tirar fuori un pezzo politico e scrutare come pochi, oggi, i segni dei tempi.

Noemi, «Se t’innamori muori» 5- Struggente ballad con arpeggi di piano e la voce di Noemi che domina una suggestiva atmosfera pop confezionata dalla squadra Mahmood/Blanco. Perfettamente sanremese. Anche troppo.

Lucio Corsi, «Volevo essere un duro» 6 + Grandi aspettative ruotano attorno al cantautore maremmano portato a Sanremo coraggiosamente da Conti, ma la sua canzone non ha convinto totalmente. Il brano è poetico, dolce e amaro, con momenti di gran classe specie nell’arrangiamento, ma la sensazione che lascia alla fine è di insoddisfazione. Si poteva e doveva osare di più.

Rkomi, «Il ritmo delle cose» 4 Sonorità ultra-attuali, ritmo in ogni dove, anche nel titolo; un progetto perfetto per acchiappare streams e salire più in alto possibile in classifica rispetto al suo ultimo Festival.

The Kolors, «Tu con chi fai l’amore» 6+ All’inizio sembrano i Supertramp, poi arrivano i The Kolors che per quel che riguarda i tormentoni pop non sbagliano quasi mai un colpo. Tirano fuori tutti i loro numeri e l’esperienza, oltre ai numeri e l’esperienza di Calcutta, e tutto andrà come previsto, con un successo commerciale incredibile.

Rocco Hunt, «Mille volte ancora» 5- Urban ritmato, buonista, impegnato, nostalgico. Anche quest’anno la quota Napoli è importante al Festival. Rocco è Rocco e sa come sferrare il “ suo colpo”.

Rose Villain, «Fuorilegge» 4 Ancora Urban, ma in questo caso è sensuale, tocca corde intime, magistralmente, con ritmo. Specialista del genere.

Brunori Sas, «L’albero delle noci» 6,5 Sicuramente l’artista più atteso e il più acclamato tra gli autori contemporanei della canzone italiana. Qualcosa succederà, sicuramente non vincerà il Festival ma qualche premio della critica lo porterà a casa. Testo degno di attenzione, così come tutto il resto.

Serena Brancale, «Anema e core» 4 30 canzoni sono troppe e si poteva selezionare di più per valorizzare e concentrare l’attenzione sui brani più meritevoli. Questo reggaeton dal titolo ormai fin troppo sfruttato non aggiunge niente al Festival.

Irama, «Lentamente» 3.5 Ballatona banale e piena di frasi ad effetto in salsa urban. Irama sembra voler ripetere la stessa canzone del suo esordio sanremese di qualche anno fa. Voce in primo piano e tanti piagnistei. Contribuisce a tutto ciò anche Blanco. Se ne poteva fare a meno.

Marcella Bella, «Pelle di diamante» 3 La fabbrica di plastica che continua a riproporre artisti della vecchia guardia in formato 2.0 replicando i casi Ricchi e Poveri, Cugini di campagna, Orietta Berti ecc.. non si ferma più e ogni anno è la stessa storia. Anche se in questo caso si cerca di cavalcare temi d’interesse, manca la necessaria sensibilità. A tratti sembra un brano della Bertè di oggi.

Achille Lauro, «Incoscienti giovani» 4 Sembra Tananai ma è Achille Lauro. Ballatona per giovani allo stadio. Tutto ben curato ma manca la sostanza, il cuore, l’ispirazione.

Elodie, «Dimenticarsi alle 7» 4 Sonorità anni 70, tutto da ballare, pop confezionato bello senz’anima.

Tony Effe, «Damme ’na mano» 3 Come nelle previsioni Tony Effe cerca di spiazzare per far dimenticare le polemiche degli ultimi mesi. Si presenta delicato e innamorato della sua città, Roma. Tutto come da programma. La canzone non punge e non scioglie. Roma ha avuto ben altre dediche.

Massimo Ranieri, «Tra le mani un cuore» 6 Nonostante le due firme illustri della musica leggera italiana (Tiziano Ferro e Nek) per un grande della musica, della tv, e del teatro come Ranieri; ne esce fuori una ballata buona, sicuramente non memorabile, ma dal ritornello fortunato che rimane in testa e nel cuore.

Sarah Toscano, «Amarcord» 6+ Passato e presente si intrecciano così perfettamente che nemmeno il vento del testo riuscirà a scioglierli. Sarah esordisce a Sanremo dopo un anno incredibile e la vittoria ad Amici. Lo fa a modo suo, con un tocco che ha sempre un sapore che viene dal passato ma che rappresenta sotto svariati aspetti il presente e probabilmente anche il futuro del pop italiano.

Fedez, «Battito» 3 Tutto già sentito e risentito. Testo farmacologico claustrofobico. Si cerca di colpire l’interesse della gente a tutti i costi ma il gioco comincia a stancare. Musicalmente irrilevante.

Coma Cose, «Cuoricini» 5 I Coma Cose abbandonano definitivamente il passato per proporsi come i nuovi paladini del mainstream. Grandi potenzialità per diventare tormentone radiofonico. Poco coraggio, zero ispirazione.

Giorgia, «La cura per me» 6.5 Canzone raffinata e sanremese. Struttura perfetta del formato canzone. Testo che pizzicherà al punto giusto i cuori del pubblico. Struggente e fresco, raffinato e furbo. Sincero e manipolatore. Ha le carte per fare risultato a Sanremo.

Olly, «Balorda nostalgia» 4- Dovrebbe essere urban ma si tratta di Pop vecchia scuola. Poche idee, mal pensate. Non si capisce dove si vuole arrivare. Inutile.

Simone Cristicchi, «Quando sarai piccola» 6 Puro stile Cristicchi. Poteva colpire in modo più profondo cercando il mistero invece della rivelazione esplicita del senso del testo. Una raffinatezza che avrebbe aggiunto molto alla canzone. Il merito è che comunque porta alla riflessione e ci racconta di una tenerezza oggi svanita.

Emis Killa, «Demoni» 3 Urban per maledetti e dannati. È la solita ormai sterile storia. Stampino collaudato.

Joan Thiele, «Eco» 4 Suona in certi momenti come Girl, you’ll be a woman soon. E probabilmente è la parte più interessante.

Modà, «Non ti dimentico» 4 Anche qui tutto già sentito e vissuto. La solita canzone del Modà che colpisce i soliti cuori e trascura gli altri bisognosi di qualcosa di anche leggermente diverso. Il tempo si è fermato.

Gaia, «Chiamo io chiami tu» 4+ Ammiccante, latin e tormentone al punto giusto. Diventa difficile anche solo analizzare tutta questa serie di suoni e parole costruite solo per far ballare e divertire o colpire. Senza arte e senza anima. Ma funzionerà dentro e fuori Sanremo.

Bresh, «La tana del granchio» 6- Bresh si presenta con chitarre acustiche e un tentativo di modificare la direzione rispetto al passato. Si spinge sul pop. Operazione riuscita a metà

Francesca Michielin, «Fango in paradiso» 5- Ballad per niente originale e molto furba che cresce piano in modo inesorabile. Anche qui manca il cuore.

Shablo feat. Guè, Joshua e Tormento, «La mia parola» 7- Anche loro fanno il piccolo grande balzo dall’urban al pop. Ma lo fanno meglio degli altri e con più anima. La canzone colpisce dove e come si dovrebbe colpire per creare un piccolo classico.

Durante la conferenza stampa di fine ascolti, Conti ha risposto ad alcune domande rivelando che il figlio non ha avuto nessun ruolo nella scelta delle canzoni; che non ci sono canzoni rock (il suo genere preferito) perché non sono proprio arrivate le canzoni; che non esiste nessun caso Giorgia (testimonial di uno dei maggiori sponsor del festival), perché il suo contratto con lo sponsor è scaduto il 16 gennaio quindi prima dell’inizio del Festival; che si è accorto solo dopo aver scelto le canzoni del fatto che praticamente ci sono sempre gli stessi autori dietro ad ogni brano della kermesse; che dei casi Emis Killa e Fedez (i fatti di cronaca che li vedono coinvolti con persone ed azioni molto discutibili) non parla perché sceglie solo le canzoni e lascia che la verità venga accertata dai rappresentanti della legge prima di prendere eventualmente dei provvedimenti.

Infine, rivela che l’ospite della prima serata sarà Jovanotti e quello della seconda sarà invece Damiano David.

La sensazione generale è che Conti si fermerà dopo questa edizione del Festival e che lascerà il testimone a qualcun altro. Sembra già distante da tutto il circo che ruota attorno alla kermesse.

Nel 2026 troveremo probabilmente Alessandro Cattelan oppure… Marco Liorni.

Ivano Faraci

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