“La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente fra noia e dolore, con intervalli fugaci, e per di più illusori, di piacere e gioia”. Arthur Schopenhauer. Noia, sbadigli, riposo sono tutti elementi naturali negli esseri umani e non solo che sembrano, però, esser diventati fattori da studiare. Il motivo principale è molto semplice: in una società iperattiva, sempre connessa e movimentata non ci si può annoiare.
Da molte parti del mondo pare ci sia un proliferare di ricerche e si inventano test noiosissimi per testare, appunto, il grado di noia provato. Che barba solo a pensarci! Ma gli studiosi del tema, come l professor John Eastwood della York University, dicono che “la noia ha un serio impatto su salute e produttività. È collegata a depressione, obesità, abuso di alcol e droghe, e perfino a un più alto tasso di mortalità”. Dal punto di vista neurologico non vi sono ancora teorie certe sugli effetti della noia sul cervello. Una teoria è che dipenda da una specie di corto circuito nella rete del sistema nervoso che controlla la capacità d’attenzione. Per chi ne soffre la noia dipenderebbe dall’esterno, dagli altri e mai da se stessi. Anche le varie civiltà e culture si annoiano in modo diverso. Yasmine Misharbash, un’antropologa australiana, dopo tre anni passati a studiare la noia fra i Warlpiri, una tribù di aborigeni ha potuto scoprire che poiché non hanno l’abitudine di stare soli, non dicono mai “mi annoio”, piuttosto “è un momento noioso”. Il problema è che la noia è inconcepibile per la nostra società. Anche i bambini se non sono super impegnati “si annoiano”. Nell’epoca di Twitter, smartphone e tablet, non dovrebbe esserci nemmeno il tempo di annoiarsi. Il problema è che si preferisce essere stanchi e stremati, stressati e impegnati, piuttosto che dire “non so cosa fare”. Come se l’inerzia fosse un elemento di disturbo e di vergogna. E se invece imparassimo solo a rilassarci un po’?