Altra mossa controversa del nuovo patron di Twitter: Elon Musk ha annunciato che ripristinerà gran parte degli account banditi precedentemente, dopo che il suo referendum lampo tra gli utenti (oltre 3 milioni di voti) si è concluso con il 72% di sì e il 28% di no.
“Il popolo ha parlato, l’amnistia comincia la prossima settimana”, ha twittato, citando anche la sentenza d’antica tradizione medievale ‘Vox Populi, Vox Dei’, per significare che opinioni e giudizi popolari, o comunemente accettati, devono o possono ritenersi veri e giusti.
Una sorta di populismo social, dove a decidere è l’opinione della massa, non un organismo indipendente qualificato o un consiglio ad hoc come aveva promesso lo stesso Musk per rassicurare gli inserzionisti sul controllo dei contenuti. Nel suo sondaggio Musk aveva escluso l’amnistia per chi ha violato la legge o si era macchiato di spam oltraggiosi non meglio specificati. Ma il ritorno di massa di utenti che erano stati banditi per minacce violente, molestie, abusi e disinformazione, secondo gli esperti, avrà un impatto devastante sulla piattaforma e sugli inserzionisti, che hanno già cominciato a sospendere la pubblicità o minacciato di farlo. “Apple e Google devono cominciare seriamente a esplorare l’espulsione della app (di Twitter, ndr) da app store”, ha detto al Washington Post Alejandra Caraballo, esperta della Harvard Law Cyberlaw Clinic. “Quello che Musk sta facendo è pericoloso in modo esistenziale per varie comunità marginalizzate. E’ come aprire le porte dell’inferno in termini di caos che provocherà”, ha ammonito. “Gente impegnata in molestie mirate dirette può tornare a diffondere dati personali, perseguitare in modo specifico, bullizzare in modo violento, istigare e celebrare la violenza, non posso neppure cominciare ad enunciare quanto pericoloso sarà”, ha aggiunto. Nei giorni scorsi l’uomo più ricco del mondo aveva usato un referendum analogo per riammettere Donald Trump: degli oltre 15 milioni di utenti, il 51,8% si era schierato a favore e il 48,2% contro. Ma il tycoon aveva preannunciato che non gli interessava tornare su una piattaforma con molti problemi e che preferiva rimanere sul suo social Truth: una scelta che sembra aver indispettito Musk, spingendolo a postare una dissacrante immagine rivisitata di Milo Manara per suggerire che l’ex presidente fatica a stare lontano dal Twitter. L’imprenditore visionario nel frattempo aveva già ripristinato gli account di altri personaggi controversi di destra, come il podcaster canadese Jordan Peterson, il sito satirico Babylon Bee, l’attore Kathy Griffin e la deputata trumpiana Marjorie Taylor Greene. Tutto questo accade nel silenzio quasi totale della politica e nell’immobilismo del Congresso di fronte al potere di Big Tech e alle sue minacce alla democrazia.
Una intera sede smantellata e il dialogo con le istituzioni europee a rischio. La notizia, nell’aria da alcuni giorni, della possibile chiusura dell’ufficio di Bruxelles di Twitter è diventata realtà: i sei dipendenti del team, sui quali pendeva la spada di Damocle dell’ultimatum inviato via mail dal nuovo ceo Elon Musk come parte del suo piano di tagliare di 7.500 posti di lavoro, hanno deciso di lasciare i loro incarichi. Cancellando di fatto il raccordo politico dell’azienda di San Francisco con le autorità di regolamentazione Ue nel bel mezzo della transizione digitale del Vecchio Continente e delle sue nuove norme – Digital Services Act (Dsa) e Digital Markets Act (Dma) – per frenare lo strapotere delle Big Tech. La mossa – al pari del cambio di rotta intrapreso da Musk con l’annuncio del servizio di abbonamento premium ‘Twitter Blue’ – ha gettato in allarme Palazzo Berlymont, che nella sua ultima valutazione sul rispetto del Codice di condotta dell’Ue contro l’incitamento all’odio illegale ha ravvisato “un rallentamento in corso per la maggior parte delle società partecipanti, incluso Twitter”. Una “preoccupata” vicepresidente responsabile per coordinare le politiche sui valori e la trasparenza, Vera Jourova, ha attaccato il miliardario fondatore di Tesla: “Se si vuole agire efficacemente contro la disinformazione e la propaganda, servono risorse. Soprattutto nel contesto della guerra di disinformazione portata avanti dalla Russia”, ha cinguettato nel tentativo forse di arrivare direttamente al neo proprietario della piattaforma. E nei giorni scorsi era stata anche la vicepresidente Ue Margrethe Vestager a evidenziare come il nuovo modello di business appaia “del tutto imperfetto”. In attesa di capire se i possibili ricorsi dei dipendenti possano cambiare il corso delle cose e se vi possa essere un faccia a faccia diretto con la cerchia dirigenziale dell’azienda, Bruxelles si aspetta che “tutte le piattaforme assicurino le risorse adeguate per mantenere i loro impegni”. Seguendo i dettami del Dsa, se Musk non prenderà provvedimenti contro il crescente numero di profili falsi e di troll sulla piattaforma rischia di incappare in multe fino al 6% del suo fatturato e, se recidivo, di essere bandito dal suolo europeo.