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Un giorno all’improvviso il Napoli torna Campione.

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Bisogna conoscere la propria storia per avere una vera conoscenza della realtà; è la base della filosofia di Giambattista Vico ed è la base della favola diventata finalmente realtà chiamata Napoli. De Laurentiis, romano entrato a Napoli nell’ora più buia della squadra quando il fallimento societario aveva tolto il calcio dal Golfo. “La vita offre sempre una seconda possibilità chiamata domani”, una frase di Dylan Thomas, scolpita nella mente di chi è sconfitto e probabilmente passata nella testa di giocatori, società e soprattuto tifosi che il 29 aprile 2018 si ritrovavano in un incubo, vedevano il loro sogno distrutto a Firenze dalla tripletta del figlio d’arte, Giovanni Simeone oggi azzurro, oggi campione a disposizione di Spalletti. “L’allegria scompare, tu ti allontani e da solo a guardare il mare resterò”, Edoardo Bennato con questa canzone sembrava raccontare il sentimento che ha pervaso il Golfo dopo quel giorno, dopo la sconfitta che ha fatto si che il sogno restasse nel cuore dei napoletani, quando tutta la città capì che “un giorno ti svegli e devi ricominciare da zero”. Ma “In fondo era scritto nei numeri nel destino” sempre Bennato ne è convinto, che “la storia si ripeterà”, come in una favola che questa volta non è più un gioco e si è trasformata in realtà.

Napoli torna campione

Era de Maggio, io no, nun mme ne scordo” di quel 29 aprile, della sconfitta di Firenze che come nella poesia di Salvatore Di Giacomo rappresenta due amanti, il Napoli e lo scudetto, che alla fine del mese si lasciano tra lacrime e distanze, ma “Chiù tiempo passa e chiù me n’allicordo, core mio luntano vaje tu me lasse e io conto ll’ore”; si, bisognava contare le ore per quell’incontro dei due amanti, ore che sono rapidamente diventate anni, e intanto “De te bellezza mia- un giorno all’improvviso– me annumraje” nonostante ogni difficoltà e nonostante ogni speranza infranta: lo scudetto si allontanava, prendeva altre strade cercando altri partner per poi tornare, come gli amanti narrati da Di Giocaomo a maggio di cinque anni dopo.

Kvaramhen

“E a pensarci, che pazzia” all’inizio della stagione sembrava veramente “solo fantasia”. Fronteggiare gli ennesimi addii, è vero questa volta non c’erano fischi o spettri di tradimento a ricoprire i partenti, ma i saluti di Insigne, Mertens, Koulibaly, Ghoulam e Fabian Ruiz nella stessa sessione di mercato rischiavano di distruggere e spegnere il calore partenopeo. Invece un doppio colpo del genio- con il nome e cognome di Cristiano Giuntoli– ha riacceso con ancor più ardore di prima. Rimpiazzare KK, Lorenzo il magnifico Insigne e Dries “Ciro” Mertens con un’ala georgiana con esperienza solo nei campionati georgiani e russo ed affidare le chiavi del muro difensivo ad un centrale del Fenerbahce secondo in Turchia poteva essere una scommessa troppo facile da perdere. Il risultato è, invece, una squadra che seguendo fermamente la filosofia spallettiana dell’”organizzati bene”, realizza un sogno nel cuore e il Napoli torna campione.

Napoli, la storia si ripete

Non si fa l’abitudine agli addii, non si fa l’abitudine alle sconfitte e neanche alle vittorie. Da Hamsik ad Insigne e Mertens passando per El Matador Cavani ed el Pocho Lavezzi ricordando eternamente el Pibe, proprietario per sempre di Napoli. Era il 1986, Diego correva su quella fascia destra dello Stadio Azteca di Città del Messico, “lo marcan dos”, il pallone non si stacca dai suoi piedi fino all’area piccola, “ta ta ta”, un tocco e l’”aquilone cosmico” fa esplodere la festa, l’Argentina ha superato l’Inghilterra nel nome di Maradona, la mano di Dio e il gol del secolo, dopodiché ci sono pochi dubbi su chi vincerà quel mondiale. Passano 36 anni, lo scenario è un altro, ma è ancora un argentino che a piccoli veloci passi supera gli avversari e calciando di sinistro, il più bel sinistro del mondo, trascina la nazionale davanti a tutti. Napoli ammirava il successo dell’Argentina con il cuore legato all’Albiceleste, nell’1986 e nel 2022, e proprio come al termine di quel mondiale messicano, dopo mesi, passata la sbornia del Qatar il trionfo in Italia è azzurro: una storia che si ripete attraverso se stessa ed entrando nel futuro riporta indietro nel tempo, insegnando e ricordando il passato, proprio come filosofava Giambattista Vico.

Baia di Napoli, Renoir

Napoli l’immagine dei campioni

Tutti gli altri dietro, tanto dietro; quella del Napoli è più di una vittoria, è un campionato che è stato dominato fin dal primo giorno, in un qualsiasi pomeriggio di Ferragosto a Verona dove si presentavano i Kvaramhen. Non erano ancora diventati iconici, Osi e Kvara, ma sono bastati 37 minuti e Napoli ha scoperto il suo uomo scudetto Khvicha Kvaratskhelia. È vero, è ingiusto indicarlo come unico protagonista; quello del Napoli è un successo di squadra, costruito da Spalletti, concretizzato da Osimehn nella notte di Udine e non nel pomeriggio dello stadio San Paolo, già dedicato a Diego, contro la Salernitana. Quella era stata una festa strozzata e repressa nella gola alla città dal gol di Dia. Una festa che, di conseguenza, non era più contenibile al momento del pareggio al Friuli, un momento che ah dato un immagine del golfo dipinto d’azzurro, colorato dai fuochi d’artificio simili ai colpi di pennello usati da Renoir nel raffigurare la “Baia di Napoli”, un’opera che prendeva forma negli stessi anni in cui le immagini della scuola di Posillipo contrapponevano la tranquillità della laguna marittima partenopea, alla violenza del fotogramma ad acquerello di William Turner che trasporta su tela l’eruzione del Vesuvio. Napoli è di nuovo in vetta all’Italia, recupera il centro del palcoscenico come fece Enrico Caruso, tenore partenopeo, nel 1901 quando fu lui a vincere il braccio di ferro con il direttore d’orchestra Arturo Toscanini conquistando il protagonismo alla Scala di Milano. Napoli è campione e festeggerà dopo 33 anni, dopo il 1990 in cui le notti azzurre divennero magiche- ancor prima del Mondiale- nell’immortale segno di Diego.

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