Un cast stellare è quello del film “nuovo di zecca” dal titolo “Napoli velata”, diretto da Ferzan Ozpetek- regista italo-turco , già presente nelle sale cinematografiche , le cui riprese sono iniziate nel Maggio del 2017: un genere drammatico, noir e thriller con una sceneggiatura e una fotografia di Gian Filippo Corticelli-direttore della fotografia italiana, accompagnate dalla colonna sonora di Pasquale Catalano, da attori come la protagonista Giovanna Mezzogiorno, Alessandro Borghi nel ruolo di Andrea e successivamente Luca, Peppe Barra, Anna Bonaiuto, Lina Sastri , Isabella Ferrari,Luisa Ranieri, Maria Pia Calzone,Carmine Recano, Loredana Cannata,Maria Luisa Santelli, Biagio Forestieri ed Angela Pagano , tutti interpreti di una città espressiva e nascosta in egual misura. Giovanna Mezzogiorno dopo “La finestra di fronte” è alla sua seconda collaborazione con Ozpetek, che ha intravisto in lei le doti per un ruolo esemplare, plastico e vivido.
Una Mezzogiorno opaca, pallida e viva, nel ruolo di Adriana, un medico legale della Napoli borghese, che coniuga al retroterra religioso, delle fattucchiere, dei cantastorie una sovrastruttura antica e moderna, accanto ai misteri dei corpi velati, senza nome e senza autenticità.
Adriana incontra Andrea durante il “parto dei femminielli”( momento che rivela una verità che molti tendono a tacere rispetto all’omosessualità virile, quasi accettata, piuttosto che materna),e lo stesso Andrea, giovane e sicuro di sè seduce Adriana e le comunica sotto forma di annuncio che passeranno una notte insieme. Lei, appartenente al mondo dell’alta borghesia napoletana, donna solitaria, dal passato traumatico, accetta la sfida in un tête-à-tête travolgente e appassionato: una notte di fuoco che la rende viva per una volta, donna a 360 gradi, avvolta dai piaceri carnali, una scena che rompe il moralismo dei dotti, di chi crede nell’amore limpido e puro ,senza dar spazio elle emozioni viscerali e sanguigne, da parafrasare con l’inciso: “La gente non sopporta troppa verità”, una frase di Adele, la zia di Adriana nella scena del parto dei femminielli.
Sesso esplicito, corpi nudi e vicini, parole di una certa mascolinità, pronunciate dall’uomo virile, che nasconde le sue fragilità più di ogni altra creatura, fanno da humus alla mente traumatizzata della protagonista: un idillio durato poco a causa della morte di Andrea,che non si presenta al primo appuntamento il giorno successivo , presagio di una scoperta orrida da parte di Adriana ( scopre il suo cadavere privo dei bulbi oculari, proprio nelle sue ispezioni legali, e da quel momento in poi partono le indagini).
Sconcerto, delusione ed indagini poliziesche iniziano a prendere corpo in una Napoli velata, sacra, a volte profana ed esoterica, alle prese con la soluzione dei numeri in sequenza, simbolo dell’enigma, della superstizione e del rompicapo.
Vi è anche la figura di una donna commissario, interpretata da Maria Pia Calzone, la quale collabora con Antonio, innamoratosi da subito di Adriana, tanto da scoprire le sue proiezioni, in particolare le sue ossessioni , le sue visioni, scorci di vita passata, presente e futura; un volere inconscio di attribuire nuove forme e nuovi nomi alle morti del cuore, difatti Andrea si chiamerà Luca nelle nuove costruzioni delle mente di Adriana, capace di esplorare le luci soffuse dei traumi mai superati, delle vite spezzate, degli incontri mai riusciti, delle speranze e dei pensieri macabri ( da bambina vive una vicenda traumatica che le condizionerà per sempre il suo presente e futuro, una morte duplice dei genitori, preceduta dall’omicidio del padre, ucciso della madre Isabella, suicidatasi successivamente, ma la follia di Isabella era legata alla relazione clandestina tra la sorella Adele e suo marito Domenico). Una capacità introspettiva di tutti i personaggi nel calarsi nei panni di esseri girovaghi di Napoli, caratterizzata da una geografia variegata (l’ospedale dove lavora Adriana, la metropolitana) per poi dare vita agli spazi sontuosi e blasonati ( Cappella di San Severo con il Cristo Velato, la Farmacia degli Incurabili del complesso degli Incurabili, il Museo archeologico nazionale di Napoli e il palazzo Mannajuolo, dove vive la zia Adele in compagnia dei suoi salotti) , dove si insinuano cortili, androni, scale, sottoscale , edifici di una profonda arte barocca. Inoltre assistiamo alla rappresentazione dell’ utero sezionato all’interno della Farmacia, che ritorna nelle immagini suadenti, sensuali e iconograficamente persuasive del film ( la vagina che accoglie l’esterno, anche sconosciuto in un andirivieni di flussi emotivi, singhiozzi di torpido sentore esistenziale, rinchiusi in uno spaccato della società cruenta, cruda e vitale di una Napoli borghese, poi pagana, poi esoterica e poi realisticamente vera), indice di altalene sentimentali alte, rintracciabili nella figura di Pasquale, cantastorie e amico fidato di Adriana, che assurge al ruolo di materno confidente, accogliente e consigliere,annunciatore di verità nascoste, che si intravedono e poi vanno via.
Una coppia di donne napoletane- Ludovica e Valeria -interpretate rispettivamente da Lina Sastri e Isabella Ferrari, sospese nei meandri della religiosità esasperata, del culto per l’arte, e di segreti inconfessabili , si innesca nelle storie come Alfa ed Omega del finale per il personaggio di Adriana, che accetta le sue paure, le sue percezioni dell’altro inesistente, le ossessive manie di persecuzione di rapporti mai finiti, scegliendo di farlo con un uomo altrettanto comprensivo, umanamente vicino ai processi mentali post-traumatici: un amore velato di ricordi e di potenziali emotivi in fase esplosiva di una Napoli assassina e materna.
A cura di Matteo Spagnuolo