Del Sociologo Vladimiro Modolo
IQ.23/11/2012 – Che la giustizia italiana facesse piangere lo pensavano in molti; sette anni per arrivare a una sentenza civile, quasi cinque nel penale e un fiume di denaro che lo Stato paga per gli errori dei magistrati e per l’insopportabile lentezza nei procedimenti.
Nessuno avrebbe però mai immaginato di piangere per davvero davanti al ministero della giustizia, per colpa di gas lacrimogeni.
Perizie balistiche condotte dai carabinieri del Racis, avvalorano la tesi dal lancio verso l’alto del proiettile con successivo effetto sponda sul muro del palazzo, non spiegando tuttavia l’assenza di segni sul muro nè tantomeno l’esistenza di almeno una quarta scia che appare nel video.
In attesa di ulteriore riscontri, siamo comunque di fronte all’ennesimo “caso” riguardante il comportamento delle forze dell’ordine.
Dalle notti “cilene” della Diaz e di Bolzaneto, alle più recenti immagini degli scontri del 14 novembre, molte domande attendono ancora risposta. In questi casi figure politiche ed esponenti delle istituzioni, hanno sempre difeso le forze di polizia addossando le responsabilità ai manifestanti con indosso caschi e scudi e quindi “violenti”.
Ma caschi e scudi servono per difendersi e non per offendere, mentre le cariche vanno troppo spesso al di là del semplice “alleggerimento” ed i gas lacrimogeni, seguono traiettorie non previste mettendo a repentaglio la salute dei dimostranti.
Arrivano intanto le prime aperture da parte della ministra Cancellieri all’introduzione del codice identificativo sui caschi e sulle tute delle forze dell’ordine, misura non tanto gradita ai sindacati della polizia che hanno indetto una protesta per la giornata del 24, (in cui sono previste altre manifestazioni nella capitale), richiedendo in massa un giorno di ferie; le forze dell’ordine ritengono di essere stati esposti ingiustamente alla “gogna” mediatica quando molto spesso sono loro stessi vittime della situazione.
Qualcuno ha iniziato a credere che le forze dell’ordine non bastino da sole a far fronte disagio sociale generato dalla crisi economico-finanziaria. Il capo della Polizia Manganelli ad esempio, che ha definito il paese “instabile” e la polizia “supplente”.
Il codice identificativo probabilmente non risolverebbe i problemi, ma servirebbe a tutelare maggiormente manifestanti isolando chi abusa del proprio potere e premiando chi fa il suo dovere.
Un piccolo passo per rendere la giustizia più “giusta” e per poter tornare nuovamente a parlare di stato di diritto in Italia.