Una media dei sondaggi recenti condotta dalla Cnn che mette a confronto la vicepresidente Kamala Harris con l’ex presidente Donald Trump in vista delle elezioni presidenziali del 2024 evidenzia una sfida serrata senza un vincitore chiaro.
I risultati mostrano che Trump ha il 48% di consensi, mentre Harris è al 47%.
“Sono onorata”: con queste parole Kamala Harris ha accettato l’investitura di Joe Biden dopo che il commander in chief aveva annunciato il suo ritiro dalla corsa alla Casa Bianca e appoggiato la sua numero due per la nomination, aprendole la strada alla possibilità di diventare la prima presidente donna e di colore.
“Mi guadagnerò la nomination e batterò Trump”, ha assicurato Harris in un post in cui allegava il link per le donazioni, dando già ufficialmente il via alla sua corsa presidenziale.
Con l’endorsement di Bill e Hillary Clinton, e di decine di delegati ed ex delegati alla convention democratica.
Il partito democratico si è schierato subito compatto al suo fianco e i 50 presidenti statali hanno assicurato il sostegno per la candidatura alla Casa Bianca. Poco dopo il ritiro di Biden, Harris ha passato più di 10 ore telefonando a oltre 100 leader di partito ed avrebbe già ottenuto l’appoggio di oltre 500 delegati democratici, su un totale di 4.700 che saranno alla Convention in programma ad agosto a Chicago.
“Questi non sono tempi normali e queste non saranno elezioni normali. Ma questa è la nostra America. E io ho bisogno di voi in questa battaglia”, ha affermato Harris in uno dei suoi primi messaggi di raccolta fondi. E la risposta è stata immediata, con un boom di donazioni per i democratici che hanno raccolto in poche ore 46,7 milioni di dollari.
In caso invece di mini primarie, come auspicato nei giorni scorsi dall’ex speaker della Camera Nancy Pelosi e ora da Barack Obama, potrebbero scendere in campo alcuni governatori, nomi che eventualmente potrebbero anche fare da vice a Harris: Josh Shapiro (Pennsylvania), J.B. Pritzker (Illinois), Tony Evers (Wisconsin) e Andy Beshear (Kentucky). Più improbabili il governatore della California Gawin Newsom (considerato troppo liberal e di uno Stato già saldamente dem) e la governatrice del Michigan Gretchen Whitmer, pare perché non vorrebbe bruciarsi le chance di correre nel 2028. Non è da escludere neppure il segretario ai Trasporti Pete Buttigieg.
Anche il senatore indipendente della West Virginia Joe Manchin sta valutando di correre per la presidenza come democratico. Robert F. Kennedy Jr invita invece gli elettori a unirsi e appoggiare la sua candidatura da indipendente, ma si dice “aperto” ad ascoltare i leader del partito democratico qualora lo contattassero per sfidare Kamala Harris per la nomination:. “Sono l’unico candidato che può battere Donald Trump”, sottolinea. Alla vicepresidente intanto sono arrivate le dichiarazioni di sostegno da parte di Shapiro, Newsom, della ‘pasionaria’ del partito Alexandra Ocasio-Cortez del deputato Adam Schiff.
CHI E’ KAMALA HARRIS – Nata nel 1964 a Oakland, in California, Kamala Harris non ha brillato nei panni di vice, deludendo probabilmente chi si aspettava molto di più da lei. Laureata alla prestigiosa università Howard, era stata salutata forse un po’ troppo semplicisticamente come ‘l’Obama donna’ per la sua capacità oratoria e di trascinare le folle, almeno fino a qualche tempo fa. Prima di conquistare un seggio al Senato nel 2016 è stata procuratrice di San Francisco, quindi della California.
Barack Obama la definì goffamente “la più bella procuratrice del Paese”, per poi scusarsi. All’ex presidente la lega comunque un’amicizia di vecchia data e una stima reciproca. Proprio l’amministrazione Obama infatti la valutò come possibile giudice della Corte Suprema. Come senatrice, Harris ha subito dichiarato guerra a Donald Trump e si è imposta sul palcoscenico nazionale con i suoi interrogatori all’ex ministro della Giustizia Jeff Sessions, che sono sono diventati virali e l’hanno accreditata davanti al pubblico democratico a caccia di volti nuovi per il partito.
Da qui la decisione di provare a correre per la Casa Bianca: un tentativo che non ha avuto successo, anche se si era imposta come una delle rivali più agguerrite di Biden nel corso delle primarie. E’ rimasto negli annali l’aspro confronto fra i due nel corso di uno dei dibattiti, durante il quale Harris rinfacciò al suo futuro capo di essersi compiaciuto della collaborazione con due senatori segregazionisti negli anni ’70.
Non contenta, Kamala continuò raccontando di conoscere una ragazzina nera che per fortuna ebbe la possibilità di andare in una scuola migliore grazie al servizio di scuolabus istituito per le minoranze che vivevano nei quartieri più disagiati, servizio al quale – ricordò – il senatore Biden si era opposto: “Quella ragazzina ero io”. Nonostante lo scontro, fu scelta poi come numero due nel ticket dem.
Come senatrice, Harris ha subito dichiarato guerra a Donald Trump e si è imposta sul palcoscenico nazionale con i suoi interrogatori all’ex ministro della Giustizia Jeff Sessions, che sono sono diventati virali e l’hanno accreditata davanti al pubblico democratico a caccia di volti nuovi per il partito. Da qui la decisione di provare a correre per la Casa Bianca: un tentativo che non ha avuto successo, anche se si era imposta come una delle rivali più agguerrite di Biden nel corso delle primarie.
E’ rimasto negli annali l’aspro confronto fra i due nel corso di uno dei dibattiti, durante il quale Harris rinfacciò al suo futuro capo di essersi compiaciuto della collaborazione con due senatori segregazionisti negli anni ’70. Collezionista di sneaker Converse, Harris si sveglia di solito alle 6 del mattino e si allena per mezz’ora. Fra i suoi libri preferiti ci sono ‘Native Son’ di Richard Wright e ‘The Lion, the Witch and the Wardrobe’ di C.S. Lewis. Il suo motto è un monito che la madre le rivolgeva quando era ragazzina: ‘Potrai essere la prima, ma assicurati di non essere l’ultima’. Da allora Harris di tabù ne ha infranti molti, aprendo la strada e diventando un modello per molte donne. Ora ha l’occasione della vita.
LA REAZIONE DI TRUMP – Joe Biden sarà ricordato “come il peggior presidente nella storia del nostro Paese” e la sua vice Kamala Harris “sarà ancora più facile da battere”. Pochi minuti dopo l’annuncio del ritiro del suo rivale nella corsa alla Casa Bianca, Donald Trump affida la sua prima reazione ad una telefonata alla Cnn, la tv americana a lui più ostile. Poi marca il punto anche sul suo social Truth, sostenendo che tutti sapevano sin dall’inizio dell’inadeguatezza del leader dem a guidare il Paese:
“Il disonesto Joe Biden non era idoneo a candidarsi alla presidenza, e certamente non è idoneo a servire – e non lo è mai stato! Ha raggiunto la posizione di presidente solo grazie a bugie, notizie false e senza lasciare il suo seminterrato. Tutti coloro che lo circondavano, compreso il suo medico e i media, sapevano che non era in grado di essere presidente, e non lo era”.
Un j’accuse contro l’entourage, la stampa e il medico personale del commander in chief. Quindi un attacco su uno dei suoi cavalli di battaglia, l’invasione dei migranti alla frontiera col Messico: “E ora, guarda cosa ha fatto al nostro Paese, con milioni di persone che attraversano il nostro confine, totalmente incontrollate, molte provenienti da carceri, istituti psichiatrici e un numero record di terroristi. Soffriremo molto a causa della sua presidenza, ma rimedieremo molto rapidamente ai danni che ha causato. Facciamo l’America di nuovo grande”.
Trump ha rincarato la dose sostenendo che il partito repubblicano dovrebbe essere rimborsato delle spese sostenute finora nella campagna elettorale perché “ora” con il ritiro di Joe Biden “dobbiamo ricominciare da capo” .
Trump ne ha approfittato anche per incrementare la raccolta fondi tra i suoi fan, con una email della sua campagna in cui chiede a “milioni di patrioti pro-Trump di contribuire” con donazioni alla sua corsa. “Oggi facciamo la storia”, si legge nel messaggio. Il presidente in carica “ha lasciato la corsa in completa disgrazia. L’establishment di Washington, i media che odiano l’America e il corrotto deep State hanno fatto tutto il possibile per proteggere Biden, ma il vostro sostegno lo ha semplicemente messo fuori gara! Adesso avanti a tutta velocità!”.
Trump era in vantaggio sui Biden non solo nei sondaggi, compresi gli Stati in bilico (7% in Michigan dove ha tenuto l’ultimo comizio), ma anche nei fondi elettorali, avendo raccolto 431,2 milioni di dollari fra aprile e giugno, 98,9 milioni in più dei gruppi pro-Biden fermi a 332,4 milioni. Ma ora deve rivedere la sua strategia, non dovendo affrontare più l’avversario che riteneva più debole ma con ogni probabilità Kamala Harris. E’ vero che la vicepresidente non è mai uscita dall’ombra di Biden e non ha mai bucato lo schermo, ma di recente ha recuperato terreno e immagine su alcuni temi, come quello chiave dell’aborto. E con i suoi 59 anni e la sua fermezza dietro un sorriso abbagliante – anche se volte eccessivo – potrebbe far apparire The Donald vecchio e iroso. .
Altro fattore chiave sarà chi sceglierà come numero due, da contrapporre al 39enne senatore dell’Ohio JD Vance: pare una scelta obbligata un uomo “giovane” e bianco di uno Stato del decisivo Midwest, come i governatori della Pennsylvania John Shapiro (51 anni), dell’Illinois J.B. Pritzker (59), e del Kentucky Andy Beshear (46). Trump cercherà di cavalcare l’accusa del ‘golpe’ nel partito democratico, con gli elettori scippati del loro voto nelle primarie. E l’idea che Biden dovrebbe dimettersi anche da presidente, come insistono lo speaker della Camera Mike Johnson e lo stesso Vance. Ma nel frattempo ha già pronti i dossier per il killeraggio politico di Kamala o delle sue alternative.
Le reazioni internazionali – “L’Ucraina è grata al presidente Biden per il suo incrollabile sostegno alla lotta per la libertà dell’Ucraina, che, insieme al forte sostegno bipartisan negli Usa, è stato e continua ad essere fondamentale. Negli ultimi anni sono state prese molte decisioni forti e saranno ricordate come passi coraggiosi compiuti dal presidente Biden in risposta a tempi difficili. E rispettiamo la sua dura ma forte decisione di oggi. Saremo sempre grati alla sua leadership. Ha sostenuto il nostro Paese nel momento più drammatico della storia, ci ha aiutato a impedire a Putin di occupare il nostro Paese”, ha commentato il presidente ucraino Zelensky su X.
“Biden è fuori. Gli auguriamo buona salute. Gli obiettivi dell’operazione speciale militare saranno raggiunti”, ha affermato invece il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, sul proprio canale Telegram, mentre il Cremlino ha sostenuto di non poter “in alcun modo valutare la potenziale candidatura della signora Kamala Harris” alla carica di presidente degli Stati Uniti “dal punto di vista delle nostre relazioni bilaterali, perché finora non è stato notato alcun suo contributo alle nostre relazioni bilaterali”. Mosca però sottolinea di aver notato la “retorica ostile” di Kamala Harris nei confronti della Russia.
No comment invece da Pechino: la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, s’è rifiutata di esprimere commenti. “Le elezioni americane sono una questione interna degli Stati Uniti”, ha risposto a una domanda specifica nel corso del briefing quotidiano.
‘Obama vuole essere imparziale, nessun candidato alternativo’
Barack Obama si è posizionato come un anziano statistica imparziale al di sopra delle macchinazioni di partito. E per questo non va letto troppo nel suo mancato appoggio a Kamala Harris. Lo affermano fonti vicini all’ex presidente con il New York Times, secondo le quali Obama non aveva in mente un candidato alternativo quando ha deciso di non appoggiare subito Harris.
L’ex presidente inoltre è stato neutrale anche nelle primarie democratiche del 2020. Obama ha poi voluto dedicare la giornata a Joe Biden, un uomo profondamente orgoglioso che non gli ha mai del tutto perdonato di aver appoggiato rapidamente Hillary Clinton nel 2016 e gli ha consigliato di non candidarsi nel 2020.
Il Nyt: ‘scelta coraggiosa di Biden, i democratici colgano l’occasione’
“Biden ha fatto una scelta coraggiosa. I democratici ora devono cogliere l’occasione”. Lo afferma il board editoriale del New York Times, sottolineando che decidendo di lasciare alla fine del mandato Biden aumenta “notevolmente le chance del suo partito di proteggere il Paese dal pericolo di un ritorno di Donald Trump alla presidenza”.
Biden “ha fatto una cosa che Trump non farà mai: ha messo l’interesse del Paese sopra il suo orgoglio e la sua ambizione”, aggiunge il New York Times. “Biden ha fatto la sua sua parte, ma il progetto democratico non è mai completo. Il lavoro passa ora alla nuova generazione di leader politici e agli americani”, ha messo in evidenza il New York Times.
Fonte: ANSA.IT