Nella Legge di Stabilità arriva con grande rapidità l’emendamento del governo che istituisce un fondo per il risarcimento dei danni subiti dai risparmiatori dopo il salvataggio delle quattro banche: Banca Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti. Il fondo di solidarietà avrà una dotazione finanziaria massima di 100 milioni a carico del Fondo interbancario di tutela dei depositi. Le prestazioni del fondo saranno riservate alle persone fisiche, agli imprenditori individuali, agricoli e ai coltivatori diretti. Le modalità di accesso alle prestazioni del fondo, i criteri di quantificazione e le prestazioni e le procedure eventualmente arbitrali da esperire saranno definite con decreto interministeriale. La gestione del fondo è demandata al Fondo. L’azzeramento del valore delle azioni ha riguardato 105 mila soci,, mentre i risparmiatori retail con bond subordinati azzerati sono al momento 10.500. Per questi ultimi, non si può escludere che il loro numero possa anche salito per acquisti avvenuti sul mercato secondario. Per gli azionisti, la mappa di ground zero dice: 42mila in Banca Etruria, 39.200 in Banca Marche, 24.500 nella Cassa di risparmio di Ferrara (Carife), solo 2 per Carichieti, l’omononima Fondazione e Intesa Sanpaolo. Gli obbligazionisti subordinati retail vedono al primo posto come numerosità quelli di Banca Etruria pari a 4.700, poi quelli di Carife pari a 4.150, poi di Banca Marche appena 930, ancor meno quelli della Carichieti pari a 718. In termini di numerosità l’84% degli obbligazionisti avevano “carta” venduta da Banca Etruria e Carife. Il sacrificio degli azionisti non ha avuto un grande impatto mediatico, in quanto è noto che chi investe in azioni può perdere l’intero capitale investito, ampiamente più forte l’impatto dell’azzeramento delle obbligazioni subordinate, sebbene questa possibilità, finora ritenuta remota, sia una delle caratteristiche intrinseche dei bond subordinati. In ogni caso, sia per azionisti che obbligazionisti, l’elemento dirimente, per non aprire un contenzioso anche di natura civilistica, resta il rispetto della Direttiva europea Mifid sulla tutela degli investitori. La Mifid classica gli investitori in tre categorie, che riflettono diversi gradi di competenza:clienti reatil (non professionali), quelli meno competenti, poi i clienti professionali e le controparti qualificate, i più competenti; l’intermediario deve garantire la maggior tutela agli investitori non professionali. La Direttiva mette a carico della banca i controlli di appropriatezza e adeguatezza degli ordini dei clienti, sempre ovviamente se il cliente fornisca alla banca informazioni complete e aggiornate sulle sue caratteristiche. Sono previste tre categorie, in ordine crescente di competenza: clienti al dettaglio (non professionali), clienti professionali e controparti qualificate; l’intermediario deve garantire la maggior tutela agli investitori non professionali. Peraltro il controllo di appropriatezza decade nel caso il cliente intenda avvalersi della clausola di best execution only. In questo caso la banca deve precisare che non effettuerà il test di appropriatezza e si limiterà ad eseguire gli ordini del cliente nel miglior modo possibile. Insomma si annuncia un processo complesso come spiegato ieri dallo stesso ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan, sul tema più scottante, quello degli obbligazionisti “non si può escludere che le quattro banche abbiano venduto obbligazioni subordinate a persone che presentavano un profilo di rischio incompatibile con la natura di questi titoli di investimento, ma questo è quanto andrebbe accertato con un’analisi di ogni singola posizione”. L’emendamento del Governo parla chiaro, quando stabilisce “che il risarcimento dei risparmiato penalizzati dal dl salva-banche in caso di procedura arbitrale sarà subordinato “all’accertamento della responsabilità per violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione o al collocamento degli strumenti finanziari subordinati”. Il Fondo ha una capienza di 100 milioni di euro, gli obbligazionisti subordinati retail hanno lasciato sul terreno 340 milioni di euro: così distribuiti 150 milioni in capo ai 4.700 obbligazionisti di Banca Etruria, importo medio pro-capite quasi 31.900 euro; poi 49 milioni in capo ai 4.150 obbligazionisti di Carife, importo medio pro-capite 11.800 euro. Ancora 26 milioni in capo ai 718 obbligazionisti di Carichieti, importo pro-capite 36.200, infine 105 milioni in capo a 930 obbligazionisti di Banca Marche, importo medio pro-capite 112.900 euro. Niente invece si potrà reclamare in termini di remunerazione del rischio che, almeno nel caso delle quattro banche salvate, appare piuttosto inadeguata. Nel 2013 quando il Tesoro sottoscrisse 4 miliardi di Monti-bond emessi dal Monte dei Paschi che andavano a irrobustire il patrimonio di vigilanza della Banca, la Banca senese dovette corrispondere interessi del 9% annuo al Tesoro. Si parlò di onere eccessivo, in realtà a quei tempi il costo del capitale per il Monte viaggiava intorno al 9-10% e dunque tanto dovette pagare per collocare strumenti computabili a capitale. Nello stesso anno Banca Etruria collocava, anche tra i piccoli risparmiatori, obbligazioni subordinate, dunque computabili al patrimonio di vigilanza (Total Capital Ratio), che offrivano un rendimento a scadenza di poco superiore al 3,50%. Difficile pensare che il costo del capitale per la banca aretina, in condizioni di gran lunga peggiori del Monte, fosse più basso di quello della banca senese.