L’occasione del convegno Verso una cultura per tutti, organizzato da Unicoop Firenze e che si terrà a Firenze, nel Salone di Cinquecento di Palazzo Vecchio, il prossimo martedì 19 settembre alle 10, e che tratterà di politiche d’accesso alla cultura, offre lo spunto per tornare su di un argomento ch’è stato più volte affrontato su queste pagine, vale a dire la frequentazione dei musei da parte dei giovani, dove col termine “giovani” si potrebbero intendere tutte le persone al di sotto dei 30 anni d’età: un segmento di pubblico cui Unicoop stessa ha riservato di recente particolare attenzione, per esempio con sconti e agevolazioni. Si tratta, notoriamente, d’uno dei pubblici più difficili da avvicinare, per svariate ragioni, ben sintetizzate in una ricerca condotta nel 2006 (ma su queste premesse ancora molto attuale) dalla Provincia di Modena e dalla Fondazione Fitzcarraldo: tra le principali, si possono individuare la percezione del museo come luogo in cui s’impara qualcosa e dunque come una sorta di prosecuzione della scuola (per un ragazzo in età scolare, andare al museo significa sostanzialmente allungare la frequentazione dell’aula), la preferenza per altre attività cui dedicare il proprio tempo libero, l’idea che il museo sia un istituto lontano dall’esigenze d’un giovane e il conseguente senso d’estraneità che un giovane prova nei riguardi del museo, e ancora l’idea che il museo sia un qualcosa di fermo, d’immobile, di poco propenso ad aggiornarsi. Converrà poi aggiungere, come ben rilevato dalla ricerca I giovani e i musei d’arte contemporanea dell’IBC Emilia-Romagna, che nella visita al museo i giovani privilegiano la dimensione socio-relazionale: significa che difficilmente un giovane andrà a visitare un museo da solo. Non ultimo, un ulteriore dato d’una certa rilevanza: il fatto che la frequentazione dei musei sia condizionata dal livello culturale della famiglia.
Occorre poi insistere su di un punto su cui s’è spesso discusso, vale a dire il prezzo del biglietto: prendendo a esempio i musei statali, è vero che il costo medio negli ultimi anni è vistosamente aumentato (s’è passati dai 5,1 euro in media del 2002 agli 8,9 del 2021 per i musei, mentre per i siti archeologici la proporzione è di 5,3 contro 8,7, e anche tenendo conto delle modifiche del potere d’acquisto sarebbe come se nel 2002 si fossero pagati circa 6,6 euro di oggi), ma gli aumenti non hanno coinvolto i giovani: fino al 2019, i ragazzi tra i 18 e i 25 anni hanno goduto d’una riduzione del 50% sui biglietti d’ingresso in tutti i musei statali, e in seguito, con provvedimento dell’allora ministro Bonisoli, è stato introdotto il biglietto a 2 euro per tutti i musei dipendenti dal Ministero della Cultura. I ragazzi e i bambini sotto i 18 anni, invece, entrano gratis in tutti i musei statali. E molti musei civici e privati si sono adeguati alle vantaggiose politiche tariffarie promosse dallo Stato per attirare il pubblico degli under 25. Non è però questo il principale ostacolo all’accesso: le ultime Statistiche culturali dell’Istat che hanno rilevato le motivazioni della mancata visita ai musei (i dati risalgono al 2016: le Statistiche culturali, in seguito, non hanno più condotto la ricerca sulle motivazioni) dimostrano che il principale ostacolo è il disinteresse, che tocca i valori più alti (prossimi al 50%) proprio nelle fasce 18-19 e 20-24. Soltanto l’8% circa degli intervistati ritiene che il prezzo troppo elevato del biglietto sia la principale ragione della rinuncia (per esattezza, l’8,1% nella fascia 18-19, l’8,3% per la fascia 20-24 e il 9,4% per la fascia 25-34: la classe d’età in cui il dato è più alto, 12,7%, è quella che va dai 35 ai 44 anni). Ai giovani che non vanno al museo semplicemente perché non interessati (e che, vale la pena ripeterlo, costituiscono circa la metà del totale) s’aggiunge poi un 25% circa di giovani che invece non vanno perché preferiscono altri modi per passare il tempo. In sostanza, è evidente che per tre giovani su quattro la mancata frequentazione deriva dallo scarso interesse per il museo.
Solitamente, il soggetto che facilita il primo contatto tra un ragazzo e un museo, specialmente laddove il giovane provenga da una famiglia non abituata a visitare musei, è la scuola: per questo è fondamentale che i musei rivolgano alle scuole un’attenzione particolare e siano in grado di offrire alle scolaresche visite guidate e attività che offrano una percezione del museo altra rispetto a quella del luogo vetusto, asfittico, lontano come solitamente appare agli occhi di adolescenti e ragazzi, oltre che spazi e allestimenti che non diano ai giovani l’impressione che il luogo che stanno visitando sia l’estensione dell’aula dove trascorrono cinque o sei ore al giorno. Una rassegna di casi di studio interessanti, senza pretesa d’esaustività ma con l’idea d’indicare alcune buone pratiche messe in atto dai musei per avvicinare il pubblico dei giovani, può partire proprio da qui: si potrebbe cominciare da un soggetto privato, la Fondazione Giorgio Conti di Carrara, che per la propria sede espositiva (Palazzo Cucchiari) ha deciso quest’anno d’offrire l’ingresso gratuito agli studenti di tutte le scuole d’ogni ordine e grado, indipendentemente dal fatto che visitino il museo nell’ambito d’una gita o d’un’uscita scolastica, oppure per conto loro, coi propri amici o con le proprie famiglie. L’esempio offerto dalla fondazione carrarese è degno d’attenzione, dal momento che il pubblico in età scolare costituisce una fonte di reddito importante per i musei (le statistiche culturali dell’Istat riferite al 2021 evidenziano che “la quota più elevata di fruitori ‘forti’ si riscontra tra i 18-19enni”, e che i ragazzi tra gli 11 e i 17 anni visitano i musei in proporzione doppia rispetto al pubblico ultrasessantacinquenne: il 40,3% degli 11-17enni ha visitato almeno un museo all’anno contro il 20,8% dei 65-74enni). Forse è poi superfluo insistere sulla capacità del museo di rendersi attrattivo per il pubblico giovane e per i bambini, specialmente se la visita è affiancata da attività interessanti: in questo caso fa scuola il Mart di Trento e Rovereto, spesso indicato come una delle realtà italiane più evolute del settore, in virtù del dipartimento educazione che lavora in maniera oltremodo coinvolgente, ma anche perché frequentando il museo trentino s’ha la percezione d’entrare in una cittadella della cultura ch’è sentita come propria da tutti i cittadini, indipendentemente dal fatto che poi visitino o meno il museo (la biblioteca è ben fornita, comoda, moderna, ordinatissima, con spazi ampi e accoglienti, personale estremamente gentile, c’è anche un bar- ristorante di altissima qualità, e la posizione centrale facilita lo scambio con la città). Senza contare poi lo stesso edificio: spesso il “contenitore” diventa essenziale per far scoprire al pubblico il contenuto. Da citare, ancora nel nord-est, la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia con la sua formula “Kids Day”: laboratori totalmente gratuiti per bambini dai 4 ai 10 anni ogni domenica alle 15 (nel mentre, i genitori sono invogliati a visitare il museo). Un buon esempio giunge poi dal sud: è il Museo Regionale di Messina, che ospita regolarmente passeggiate, visite, cacce al tesoro organizzate appositamente per i più piccoli.
Sempre i dati Istat forniscono le caratteristiche che, secondo le varie classi d’età, sono percepite come fondamentali per un “buon museo”. I giovani (al pari delle altre classi d’età, ma sotto i 35 anni questo elemento è molto sentito) indicano, come principale caratteristica, la presenza di opere importanti e di alta qualità, con punte del 64,1% nella fascia 18-19 e del 60,3% nella fascia 20-24 (per dare un termine di paragone, lo stesso elemento pesa per il 55,2% nella classe 60-64 e per il 53,7% in quella 65-74). In questo caso, diventano fondamentali due azioni: la prima è semplicemente far conoscere quel che si ha, scegliendo magari un linguaggio adatto ai più giovani. Quello che i visitatori abituali dànno per scontato potrebbe non esserlo per un pubblico che invece non è avvezzo a frequentare i musei. In questo caso vale la pena segnalare, intanto, un’iniziativa corale come la splendida Fumetti nei musei del Ministero della Cultura, che a ognuno dei musei autonomi ha affiancato un albo a fumetti realizzato da un importante autore italiano: è stata un’iniziativa che sulla nostra testata abbiamo seguito con costanza, e che abbiamo poi ripercorso in un’intervista col suo ideatore, Mattia Morandi, già capo ufficio stampa del ministero. Alcuni musei, come il Palazzo Ducale di Mantova, hanno poi deciso di continuare in autonomia: l’istituto di piazza Sordello si è addirittura inventato una sorta di web-serie a fumetti dedicata a Isabella d’Este che sta riscuotendo un grande successo sui social.
E poi, per suscitare la curiosità dei giovani possono essere utili campagne mirate, magari coinvolgendo personaggi che ai teenager e agli under 30 sono familiari: giungono alla mente la campagna che i musei di Bologna hanno messo in piedi nel 2018 con uno dei più seguiti youtuber d’Italia, Luis Sal (che si può considerare alla stregua d’un artista, per l’originalità, le forme e l’irriverenza intelligente dei suoi video), per promuovere la card d’accesso ai musei stessi (esperienza ripetuta poi da Genus Bononiae per la mostra sul Polittico Griffoni), o ancora la campagna coi The Jackal del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, oppure l’esperimento che gli Uffizi hanno fatto con la giovane influencer Martina Socrate, chiamata per una diretta dalle sale del museo (il direttore Eike Schmidt ha più volte sottolineato l’effetto benefico che le campagne con le star della rete hanno sortito sul pubblico più giovane). Va da sé che, qualora si vogliano coinvolgere gli influencer, toccherà rivolgersi a nomi in grado di garantire un buon ritorno in termini di risultato, o a personaggi che riescono a offrire una comunicazione di qualità. Gli Uffizi si sono distinti poi per la loro capacità d’essere trasversali: apparizioni in trasmissioni televisive dedicate allo sport, un ufficio stampa che ogni settimana fornisce racconti anche poco abituali ma in grado d’incuriosire, gli appelli ai partecipanti del Firenze Rocks. Se si vuole suscitare la curiosità dei più giovani, è necessario pensare a rompere gli schemi.
La seconda azione, invece, è collaborare affinché ci sia scambio costante tra centro e periferia. Sono ancora gli Uffizi, in questo caso, a dettare la linea col riuscitissimo progetto Uffizi Diffusi che s’è rivelato non solo un’iniziativa culturale di alto livello con mostre di gran pregio (sarà sufficiente citare quella su Masaccio a Reggello), ma è riuscito a rafforzare i legami tra i musei più piccoli e le loro comunità, specialmente laddove l’occasione fornita dall’arrivo di opere dal grande museo fiorentino è stata abilmente sfruttata dai musei locali per creare interessanti occasioni d’approfondimento (tra i più costanti figura il Museo della Battaglia di Anghiari, che peraltro già di suo ha un buon programma di attività per i giovani, e che ha fatto registrare aumenti di visitatori a doppia cifra).
Ancora, particolarmente sentita è la presenza di presentazioni chiare e coinvolgenti (fondamentale per il 49,9% dei 15-17enni, il 47,9% dei 18-19enni e il 48,4% dei 20-24enni contro, per esempio, il 32,6% dei 65-74enni e il 23,9% degli ultrasettantacinquenni) e di spazi accoglienti (le fasce dai 15 ai 19 anni sono le uniche a superare il 20%). Al di là dei grandi classici come il Museo Egizio di Torino o il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano, l’esempio forse più idoneo in questo senso è la Pinacoteca di Brera in virtù del suo allestimento elegante, dove gli apparati sono presenti ma non invasivi, e dove sono stati pensati più percorsi secondo il tipo di pubblico (uno anche per i più piccoli, come spesso accade nei musei). Altro museo che viene spesso indicato come esempio per il percorso molto coinvolgente è il Museo del Duomo di Firenze, non solo per le opere di capitale importanza che custodisce e per il modo con cui vengono presentate, ma anche per la grandiosità delle ricostruzioni (basterà pensare alla Sala del Paradiso dov’è rievocata la prima facciata di Santa Maria del Fiore) e per l’efficacia delle sale dedicate alla storia dell’architettura. Sempre a Firenze merita poi una menzione Palazzo Strozzi: è vero che l’istituto punta spesso su mostre di richiamo, ma lo fa progettando sempre allestimenti di grande impatto e con attività e iniziative pensate per vari tipi di pubblici. A Roma, invece, difficile non pensare alla Centrale Montemartini oppure alla Galleria Borghese come esempi di musei in grado d’essere straordinariamente coinvolgenti per un pubblico under 30.
E pensando a modi per coinvolgere un pubblico dei giovani, impossibile non dedicare attenzione proprio al lungo capitolo delle iniziative, importanti per il 19,1% della fascia 18-19 e per il 17,4% della fascia 20-24 (quasi il doppio rispetto alle fasce di pubblico superiori ai 35 anni). Diversi in tal senso gli esempi da imitare, a cominciare dal Museo Diocesano di Milano che organizza costantemente aperitivi al museo, che sono pure entrati a far parte dell’offerta stabile dell’istituto: quest’estate, il museo milanese ha dato ai visitatori la possibilità, tutti i giorni dalle 17:30 alle 22:30, di prendere un aperitivo al bistrot del chiostro e, assieme, di visitare la mostra dedicata a Robert Doisneau. Menzione di merito all’idea intelligente di organizzare esposizioni che si focalizzano su di un linguaggio particolarmente gradito ai giovani, quello fotografico, anche se non strettamente legato all’arte sacra: il pubblico ha apprezzato, e da anni ormai le iniziative del Museo Diocesano di Milano riscontrano successo crescente presso il pubblico di venti-trentenni. Si potrà dire che l’istituto milanese è facilitato dalla presenza d’un grande spazio all’aperto: non è però detto che anche i musei che non ne dispongono, non possano avviare delle attività trasversali che avvicinino un pubblico giovane. Tra gli episodi più interessanti degli ultimi anni figura l’evento Tastin’ Paintings, curato dallo storico dell’arte Luca Bochicchio, attuale conservatore del Museo della Ceramica di Savona, e dall’enologo Jacopo Fanciulli: una degustazione di tre vini di qualità accostati ad altrettanti dipinti d’un museo per unire le sensazioni olfattive e gustative del nettare d’uva a quelle visive suscitate dalle pitture, con pubblico ristretto (e, anche in questo caso, per lo più giovane). Proprio il Museo della Ceramica di Savona s’è distinto per le tante iniziative, spesso non banali, mirate al coinvolgimento dei giovani: i laboratori di ceramica dove si può imparare l’antichissima arte della terra (e portarsi a casa il frutto del proprio operato), le visite guidate da giovani per i giovani, le aperture serali, persino una hackaton in cui cinquanta giovani, selezionati su 180 candidature, sono stati coinvolti nell’elaborazione di strategie di valorizzazione del museo. Va da sé sottolineare come le appena menzionate aperture serali siano d’importanza fondamentale per attirare un pubblico che ama muoversi dopo cena: su queste pagine da tempo ci si batte affinché le aperture fino a orario serale (e, perché no, anche fino a notte fonda!) smettano d’essere iniziative episodiche e diventino una costante dell’offerta museale (i principali ostacoli sono di natura sindacale e burocratica: niente, dunque, che non si possa aggirare senza troppe difficoltà). Quanto poi alle iniziative trasversali, merita un cenno il cinema all’aperto di Villa Bardini a Firenze, iniziativa molto apprezzata dai locali. Ma in generale ovunque un museo decida di trasformarsi d’estate in un cinema all’aperto ha via facile al successo: si possono citare i casi del Museo Santa Giulia di Brescia, del Museo del Novecento di Firenze, o anche del Museo Diotti di Casalmaggiore, un piccolo museo dedicato a un grande artista neoclassico, che col cinema all’aperto ha fatto segnare risultati straordinari. Infine, da menzionare i musei che hanno organizzato dj-set avendo spazi adatti per farlo (o all’aperto, oppure in grandi aule dove non ci sono opere: il Mambo di Bologna si è dimostrato uno dei musei più interessanti per questo genere d’eventi, durante i quali registra sempre il tutto esaurito).
Sono tutte iniziative che hanno un tratto in comune: rendono i musei luoghi di socialità. Ovvero luoghi vivi, luoghi che invogliano la partecipazione, luoghi che ispirano ripetuti ritorni. I giovani detestano vivere il museo come un luogo dove debbano sentirsi obbligati a imparare qualcosa. Viceversa, quanto più sentiranno il museo come un luogo a loro vicino, come un luogo che possa essere percepito come proprio, tanto più diventerà spontanea la loro presenza. Questa forse è la direzione che dovrebbe tenere in considerazione un museo che voglia avvicinare un pubblico sotto i trent’anni.
Federico Giannini