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Quarto Congresso Nazionale della Uil Fpl. La Relazione del Segr.GeneraleTorluccio

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Sabato 18 Ottobre la UIL FPL si è riunita a Taranto, presso il Nova Yardinia Resort per affrontare il 4° Congresso Nazionale della sua storia.

Riportiamo per esteso la relazione del Segretario Generale della Uil Fpl Giovanni Torluccio:

Il Segretario Generale della Uil Fpl Giovanni Torluccio

E’ un onore e un immenso piacere essere di nuovo insieme a tutti voi, che rappresentate la grande famiglia UIL-FPL.

Ringrazio tutti, i gentilissimi ospiti e gli invitati, le nostre ed i nostri delegati.

Un ringraziamento particolare va agli amici e compagni di questa meravigliosa e sofferente terra che ci ospita. Abbiamo deciso di svolgere il nostro Congresso Nazionale proprio qui per portare la nostra solidarietà ai cittadini tarantini che vivono il dramma di dover essere costretti a scegliere tra un posto di lavoro o il diritto alla salute.

Costretti da chi? Da una politica miope ed incapace che deve iniziare subito ad assumersi la responsabilità delle scelte di tutela del diritto alla salute di tutti i cittadini di un territorio sottoposto a livelli di inquinamento assolutamente inaccettabili. La politica deve riappropriarsi del proprio ruolo di gestore del bene comune, ed essere in grado di rifiutare i ricatti delle parti datoriali semplicemente applicando la legge.

Taranto come Genova, come la Sardegna, come la Toscana, come l’Emilia, come quei territori dove la rabbia e la disperazione dei cittadini nel constatare ancora una volta l’immobilismo e la totale incapacità delle istituzioni, si fonde con la grande dignità dei commercianti, degli angeli del fango, delle lavoratrici e dei lavoratori della sanità, del comparto sicurezza, della polizia Locale, dei comuni, della protezione civile che si stanno adoperando per aiutare la popolazione.

DI PUBBLICO SI MUORE. Ricordiamo l’istituzione da parte della UIL-FPL della borsa di studio dedicata alle due vittime di Perugia, Daniela e Margherita, uccise mentre svolgevano il proprio lavoro.

Abbracciamo con affetto i parenti della vittima dell’alluvione di Genova, Antonio Campanella, operatore sanitario del San Martino in pensione da 4 anni e sempre iscritto alla UIL-FPL, così come tutti i cittadini, che abbandonati dalla politica, stano rimboccandosi le maniche per ricostruirsi un futuro.

QUESTO È IL PUBBLICO, NON LA ZAVORRA DEL PAESE, come qualcuno vorrebbe dipingerci.

Tornando ai nostri lavori, il Congresso e’, secondo consuetudine, il momento dei bilanci, di verifica dello stato generale della Federazione. La somma degli avvenimenti degli ultimi quattro anni mi scorrono davanti agli occhi come fossero fotogrammi di una vecchia pellicola in bianco e nero. Tutto corre veloce, in fretta, per chiudere un periodo che ha visto il Paese vivere, forse, il periodo peggiore degli ultimi cinquant’anni. E’ stata dura ma possiamo senz’altro dichiarare che, nonostante queste enormi avversità, abbiamo superato, GRAZIE A VOI, gli innumerevoli scogli che ci portano a dire oggi che, sul piano della rappresentanza e della rappresentatività, la nostra Federazione e’ contrassegnata indubbiamente dal segno positivo.

Le elezioni delle Rsu, il nostro tesseramento, le iniziative messe in campo, la credibilità fra la gente ci porta a dire che INSIEME abbiamo fatto un ottimo lavoro.

Questi successi di organizzazione non hanno avuto sicuramente eguale riscontro rispetto alla perdita di ruolo dei nostri datori di lavoro.

La maggioranza dei nostri iscritti sono dipendenti pubblici e possiamo asserire, senza essere smentiti , che il peggiore datore di lavoro oggi presente in Italia e’ la pubblica amministrazione,che soffre e che sta soffrendo tuttora delle scelte nefaste dei Governi che si sono succeduti negli ultimi anni.

Governi ciechi, che hanno sempre considerato il lavoro pubblico come uno spreco di denaro, anziché una risorsa, una spesa, anziché un investimento, equiparando il lavoratore pubblico a un semplice numero. Infatti, i vari Ministri della Pubblica Amministrazione sono stati solo dei bravi matematici al servizio del Ministero dell’Economia: in base ai miliardi di euro necessari per chiudere le manovre annuali hanno tagliato linearmente posti di lavoro, bloccato il turn-over e ridotto drasticamente il potere d’acquisto degli stipendi dei lavoratori pubblici.

Da questo Congresso vogliamo lanciare un messaggio, chiaro, forte, inequivocabile: NON SIAMO PIU’ DISPOSTI A SUBIRE.

In questi 4 anni abbiamo denunciato più volte che il blocco dei contratti e il blocco delle assunzioni non era risolutivo del deficit della pubblica amministrazione. Non e’ un caso, infatti, che nonostante il blocco delle assunzioni e dei contratti la spesa pubblica non solo non e’ diminuita ma continua ad aumentare. Secondo le nostre stime, negli ultimi 4 anni la spesa pubblica è aumentata di 14 miliardi, mentre la spesa per gli stipendi dei dipendenti ha subito una flessione di 9 miliardi.

Ma non è finita qui: nei prossimi 4 anni avremo l’ulteriore diminuzione di oltre 57.000 dipendenti pubblici, senza considerare il fatto che ogni lavoratore usufruisce in media di un giorno all’anno come tempo investito in formazione! E questi sarebbero gli effetti dell’innovativa e moderna riforma della pubblica amministrazione, targata Renzi-Madia?

Il catalogo delle buone intenzioni, condensato nella legge 114/2014 e smentito dall’annuncio di prorogare per tutto il 2015 il blocco delle retribuzioni, è sconfessato da questi stessi numeri. La verità è che la “rivoluzione” di cui parla questo Governo si annuncia come una forma mascherata di continuismo: nell’assenza di interventi efficaci su sprechi e spesa improduttiva, nel mantenimento delle troppe posizioni di privilegio, nella debolezza rispetto alle lobby delle poltrone, nel continuo rinvio di una vera politica di revisione della spesa e nella totale mancanza di un progetto complessivo per la riorganizzazione dei servizi pubblici e il rilancio della contrattazione, nella resistenza ad affrontare il nodo del rapporto con i datori di lavoro privati affidatari di servizi pubblici.

Per non parlare delle oltre 30.000 stazioni appaltanti esistenti in Italia o dei 130 miliardi di Euro spesi per acquisti ed appalti!

Ancora una volta infatti, dietro alla scusa della carenza di risorse, si cerca di nascondere l’incapacità di riqualificare una spesa pubblica in continua crescita e si tenta di presentare come “necessario” un ulteriore blocco contrattuale che riteniamo inaccettabile.

Faccio un esempio: 2 miliardi di euro servono per mantenere circa 456 mila consulenti che prestano la loro opera per i vari soggetti pubblici dalla Presidenza del Consiglio al più piccolo Comune. Numeri che emergono incrociando i dati della Corte dei Conti, i tabulati raccolti presso l’anagrafe delle prestazioni del Ministero della Funzione Pubblica, i bilanci delle amministrazioni e gli studi  effettuati dalla UIL sugli sprechi dello Stato. Risulta evidente che tra il 2011 e il 2012 i Ministeri hanno speso 20 milioni di euro in consulenze, 152 milioni solo le Regioni, 420 milioni i Comuni, 110 milioni le Provincie, 160 le aziende ospedaliere, 178 le asl, 100 le università, e 60 le scuole.

Ho ritenuto, dunque, dopo aver riflettuto a lungo anche con i nostri uffici legali di intraprendere la via del ricorso contro la norma che blocca i rinnovi dei contratti che riteniamo anticostituzionale, insieme alla Uilpa, alla Cgil e alla Cisl.

Un altro atto che si somma alle innumerevoli iniziative che abbiamo messo in piedi in questi ultimi quattro anni.

A metà settembre, dopo il direttivo unitario, con Cgil, Cisl e Uilpa abbiamo deciso di lanciare una grande manifestazione nazionale che ci vedrà insieme in Piazza del Popolo a Roma il prossimo 8 novembre. i lavoratori della scuola, della sanità, della sicurezza , del soccorso pubblico e privato, dell’università, della ricerca, delle funzioni pubbliche, del privato sociale, dei servizi locali per la prima volta insieme per denunciare l’aggressione che lo stato sociale e i lavoratori del welfare stanno continuando a subire.

Questa manifestazione e’ preceduta da una serie di incontri, nei mercati, nelle piazze delle più grandi città, per spiegare ai cittadini che la battaglia che i dipendenti pubblici stanno facendo non e’ una battaglia  di tutela dei propri interessi, ma e’ una battaglia per poter continuare a mantenere in piedi uno stato sociale che consenta alle famiglie di poter fruire di asili nido efficienti, sicuri e a prezzo ragionevole, una scuola pubblica in grado di garantire ai nostri ragazzi un buon livello formativo, un sistema sanitario nazionale che non costringa i cittadini malati a dover rinunciare alla prevenzione o agli interventi sanitari a causa dei ticket troppo elevati, un’universita’ che consenta ad ogni cittadino di questo Paese di avere le stesse opportunità anche se non inseriti nelle dinastie delle baronie universitarie.

Queste iniziative non sono frutto di una scelta demagogica di un segretario demagogico ma di fatto richiamano ai principi fondamentali della Costituzione italiana. Gli stessi principi che vengono violati giorno dopo giorno.

L’aggressione alla Costituzione italiana e’ sistematica: la politica sta andando verso un modello di esasperato liberismo, prefigurando l’eliminazione di buona parte del welfare-state, con la conseguente drastica riduzione dei servizi ai cittadini.

Ed è quello che spiegheremo nelle piazze: parleremo ai nostri concittadini del ruolo del sindacato, che deve essere una sentinella sempre vigile per garantire sì i diritti dei propri iscritti ma contemporaneamente e sullo stesso piano quello di tutti i lavoratori e dei cittadini.

Una sentinella della democrazia stessa. Perché noi sappiamo bene chi siamo, perché siamo qui e chi rappresentiamo.

Non è più possibile permettere alla politica di continuare a rapinare le nostre tasche, senza dare in primis il buon esempio. Non e’ possibile immaginare un capofamiglia che con problemi finanziari, riduce la qualità e la quantità della cena dei figli, scassina loro i salvadanai per continuare a vivere come se nulla fosse cambiato.

Spiegheremo anche della ingenuità di un sindacato, il nostro, che aveva creduto in un primo momento alle promesse di falsa rivoluzione di questo Governo.

Errori in buona fede quando ci è stato fatto credere di poter gestire insieme i processi di rivoluzione vera per ammodernare e rendere innovativa la PA. La promessa di coinvolgerci non è stata altro che una manovra studiata per distoglierci, in realtà, dalla povertà di contenuti e di proposte realmente in discontinuità con il passato.

Il secondo errore è stato quello  di avere creduto nella possibilità di una flessibilizzazione del lavoro che portasse benefici, sul modello della flex-security delle socialdemocrazie del Nord Europa. La politica, ancora una volta, non ha gestito questi processi in maniera seria e responsabile ma li ha usati solo per una selvaggia e cinica manipolazione dei diritti dei lavoratori.

 Ma se credono che il sindacato sia debole e rassegnato, si stanno sbagliando di grosso.

La nostra rabbia e la nostra determinazione sono le stesse dei lavoratori.

Siamo qui e nessuno ci manipolerà, cercando di offrirci qualcosa per tacitarci. I lavoratori, i loro destini, la nostra voglia originaria contro le ingiustizie e l’annientamento dei diritti sono la nostra forza.

BASTA con le facili promesse, BASTA con politiche di basso profilo.

Faccio due esempi su tutti: TFR e 80 euro.

Sul TFR, ciò che noi contestiamo non è la possibilità di poter usufruire subito di questa parte della retribuzione ma l’ottica con cui questa operazione viene proposta, ovvero come immissione di liquidità per alzare i consumi. La mancanza di liquidità dovrebbe vedere messe in campo ben altre iniziative politiche economiche, di tutt’altra lungimiranza.

E che dire delle pensioni tra venti anni, che non saranno più sufficienti a garantire un minimo per sopravvivere? Molti lavoratori hanno previsto una pensione integrativa finanziata con i risparmi effettuati tramite il TFR.

Siamo evidentemente di fronte a grandi statisti che non vedono al di là del loro naso o non vogliono vedere, indaffarati nel carpe diem il proprio momentaneo potere. Del resto, il lavoratore che si troverà con forti problemi tra dieci o vent’anni non sarà più problema loro, ma di qualche altro politicante.

In merito alle pensioni integrative, colgo l’occasione per ricordare che dal 1 ottobre si sono fusi i Fondi Sirio e Perseo. E’ stato nominato un nuovo Consiglio di Amministrazione e la Presidenza, questa volta di parte pubblica, è stata assegnata a Wladimiro Bottali, ex Sindaco di Perugia designato dall’ANCI.

Con questa operazione è stata razionalizzata la struttura operativa con il risultato di una maggiore efficienza gestionale, una riduzione dei costi fissi e l’abbattimento delle spese.

Continuiamo a ritenere l’adesione fondamentale per tutti ed in particolare per i giovani. Il rapporto fra la pensione e l’ultima retribuzione tenderà, infatti, a diminuire dall’80% circa di oggi fino al 50-60%. Ciò significa che senza la previdenza complementare lo standard di vita di persone e famiglie, già messo a dura prova dalla crisi, potrebbe risultare compromesso.

Per ciò che concerne, invece, la platea dei beneficiari degli 80 Euro, non possiamo non ammettere che non sia positiva. Ma mi domando e vi domando: ma che Governo è quello che ridistribuisce a chi ha già qualcosa, escludendo i cittadini che non hanno nulla: disoccupati, esodati, pensionati minimi?

Dov’è la giustizia sociale?

Non è un problema di sinistra, al cui orizzonte politico si vantano di appartenere, ma di fondamento di civiltà. In effetti può apparire una cinica operazione di ricerca di consenso elettorale: sono più coloro che hanno beneficiato del bonus, che non gli esodati ed i pensionati al minimo.

Questi grandi pensatori politici hanno il coraggio di criticare il sindacato che fa politica. Nella loro bieca arroganza non capiscono che la politica la fanno tutti i cittadini tutti i giorni e la esercitano tramite il loro voto. Politica la fanno i comitati, i movimenti di opinione, le associazioni, i circoli politici, i sindacati, i cittadini tutti.

Proprio perché la democrazia rappresentativa e la sovranità appartiene al popolo, DA ORA DOBBIAMO CAMBIARE.

Torniamo nelle piazze per denunciare tutto ciò. Spiegheremo la deriva autoritaria di questo Governo, a partire dall’abolizione della rappresentatività elettiva dello Stato.

Le Provincie dovevano essere abolite: fermo restando la salvaguardia dei livelli occupazionali per garantire le funzioni essenziali, in realtà l’unica cosa che e’ stata abolita, invece, è la possibilità per i cittadini di eleggere i propri rappresentanti.

Il Senato doveva essere abolito: continua in realtà ad esistere, e l’unica cosa che e’ stata abolita e’ la possibilità per i cittadini di eleggere i propri rappresentanti.

Per non parlare di una legge elettorale, che somiglia molto alla Legge Acerbo del 1923, che non prevede la possibilità di scelta del proprio rappresentante, e quindi con un inserimento nelle liste bloccate da parte diretta dei partiti, con un netto ed assurdo premio di maggioranza.

A nostro avviso e’ una svolta centralista: stiamo rischiando una possibile deriva autoritaria. Anche gli attacchi al sindacato, direi forsennati, ci fanno riflettere: anche noi siamo percepiti come un ostacolo ad un disegno predefinito. Proprio per questo, oserei dire che questi attacchi devono lusingarci.

Se essere democratici, tutelare i diritti fondamentali della Costituzione, stare dalla parte dei più deboli e’ essere antichi, ALLORA SIAMO ANTICHI. E CONTINUEREMO AD ESSERLO.

Se lo stato di diritto, se il principio di legalità, se la lotta per il miglioramento del livello di vita di tutti i  lavoratori vuol dire essere antichi, ALLORA NOI SIAMO ANTICHI. E CONTINUEREMO AD ESSERLO.

Se non vogliamo continuare a creare solo precariato, se non vogliamo svendere i diritti acquisiti oltre 70 anni fa, se non vogliamo fare della facile licenziabilità il biglietto da visita del mondo del lavoro in Italia, vuol dire essere antichi, ALLORA NOI SIAMO ANTICHI. E CONTINUEREMO AD ESSERLO.

Il nuovo non ci interessa se è solo un nuovo travestimento del conservatorismo becero, che calpesta diritti fondamentali.

QUALCUNO SI STA LAMENTANDO DELLA NOSTRA RESISTENZA. MA SE NE DOVRÀ FARE UNA RAGIONE.

Basta ad una politica che strizza l’occhio all’imprenditoria, che gioca al ribasso con i diritti dei lavoratori, riservando loro un semplice recinto di disperazione. Questa politica non e’ la nostra politica, non ci rappresenta, e non ci può rappresentare.

Possiamo accettare una politica che continua a prelevare forzosamente tutti i mesi sulla busta paga di ogni lavoratore più della metà del loro stipendio? E poi qualcuno si lamenta se gli imprenditori, eccessivamente tassati, delocalizzano ed gli artigiani evadono? Non li giustifichiamo, ma capiamo le loro difficoltà.

E’ possibile accettare una politica miope che non riesce a dare possibilità ai nostri giovani di inserirsi in percorsi formativi in grado di offrire loro un futuro? Un lume di speranza di costruirsi una famiglia, di accendere un mutuo per comprarsi una casa?

L’Italia non ha futuro se non diamo speranza. Noi possiamo darla. Noi dobbiamo essere la speranza.

La nostra indignazione per la giustizia negata, la nostra rabbia per tracotanza che ci circonda ci porterà ad agire.

Agire per non dover accettare che la riforma del lavoro si basi sul demansionamento e la licenziabilità. Il salario minimo sancirà di fatto la morte del CCNL. Quale datore di lavoro sottoscriverà ancora un contratto che prevede benefici economici quando può ancorare il costo del lavoro al salario minimo?

L’arroganza ed il cinismo di questo Governo, unitariamente a tutte le misure vessatorie e punitive nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici del pubblico impiego possono e debbono ricevere una sola risposta: SCIOPERO GENERALE!

E per questo dobbiamo affrontare seriamente anche i RAPPORTI INTERNI CON LA NOSTRA CONFEDERAZIONE. Siamo stati in parte derisi quando l’aggressione degli ultimi anni era diretta principalmente al pubblico impiego e noi cercavamo di spiegare alla Confederazione e alle altre categorie che questi attacchi rappresentavano le prove generali per aggredire l’attuale modello contrattuale e le tutele dei lavoratori.

Credo che il primo nodo da sciogliere sia di metodo. Non si deve ripetere mai più che su materie che interessano il Pubblico Impiego la Confederazione firmi o dia l’assenso a qualsiasi cosa senza il coinvolgimento diretto delle categorie interessate.

Alla Confederazione portiamo rispetto, ma ne chiediamo e pretendiamo altrettanto. Vorremmo inoltre un appoggio forte e chiaro sulle modifiche al CCNQ sulle elezioni delle RSU, che possano permettere il conteggio della nuova rappresentatività anche con modifiche significative dei comparti, per evitare l’indizione di nuove elezioni.

L’attuale disciplina non permette un’interpretazione univoca. Ad esempio non disciplina il caso in cui ci sia l’accorpamento di due enti: quale RSU rimane in vita? la somma delle due, un RSU di una sigla, un RSU dell’altra? In questi anni si sono inventati di tutto. INVECE VOGLIAMO CHIAREZZA.

Un altro esempio è la decadenza di componente RSU in caso di iscrizione ad altro sindacato. La materia è stata frutto di ricorsi con sentenze diverse. Credo che potremmo disciplinarla ricorrendo all’ accordo confederale che ne prevede in modo chiaro la decadenza.

CHIEDIAMO DUNQUE CHIAREZZA, ASCOLTO, RISPETTO.

Oggi abbiamo qualche alleato in più ma chiediamo coerenza alla nostra Confederazione perché la faccia ed il coraggio ce li mettiamo noi. Infatti, quando chiediamo la revoca della firma dagli accordi intercompartimentali che limitano le libertà di azioni rivendicative da parte delle categorie del pubblico impiego non si può dire che si e’ d’accordo con noi e poi non predisporre gli atti consequenziali.

Con la realizzazione del sindacato a rete abbiamo iniziato a definire un nuovo rapporto tra la nostra Federazione e i servizi della UIL: attraverso una fattiva collaborazione siamo riusciti a formare i nostri dirigenti sindacali per ampliare l’offerta dei servizi agli iscritti direttamente sui luoghi di lavoro.

Noi crediamo nella Confederazione e l’abbiamo dimostrato inserendo in moltissime strutture confederali i nostri dirigenti, ma alla Confederazione chiediamo di credere in noi e in se stessa. Anche sulle politiche di genere, gli sforzi di questa Federazione per cercare di dare sempre voce e spazio alle politiche di genere e per garantire la presenza di donne in tutti i principali organismi credo debbano essere esportati anche nei livelli confederali.

Non mi soffermo sugli aspetti organizzativi, dell’informazione e della formazione perché abbiamo deciso di strutturare i lavori congressuali con specifiche sezioni dedicate, ma annuncio che ci saranno importanti novità.

Voglio solo ricordare lo spirito che ci ha portato ad unificare in maniera sperimentale i regionali con i capoluoghi di regione e la dove e’ stato possibile la regionalizzazione dell’intero sistema della Uil-fpl. I risultati non sono stati omogenei ma possiamo in linea di massima dichiararci soddisfatti. Ora dovremo trasformare questa nostra sperimentazione in norma cogente, cercando di capire e fare capire che l’unificazione deve essere uno strumento sinergico per gestire al meglio le risorse sia economiche che umane in una fase in cui stiamo facendo i conti con l’avvenuto taglio dei distacchi e dei permessi.

Di questo più concretamente se ne occuperà la commissione preposta, ma mi preme sottolineare che abbiamo previsto un ricorso contro questa norma, poiché la stessa e’ intervenuta a tagliare una prerogativa sindacale frutto di accordi e di costi contrattuali.

Per ciò che concerne la formazione, nella mattinata di lunedì sarà presentata dal Prof. Piccinelli insieme al nostro responsabile Opes Mario Renzi il novo progetto di formazione a distanza. Anche in questo caso abbiamo voluto dare una risposta all’esigenza di formazione dei nostri quadri ma anche la possibilità di gestire un percorso universitario che veda riconosciuti i crediti relativi al corso di laurea in scienze politiche.

Relativamente alla seconda commissione che interverrà sulla contrattazione, voglio solo ricordare che abbiamo deciso di rispondere a questo ulteriore accanimento contro i lavoratori pubblici con la richiesta di rilanciare subito la contrattazione nazionale e integrativa.

L’avvio del lavoro che servirà per la presentazione delle piattaforme rivendicative vuole essere un segno tangibile del nostro rifiuto all’immobilismo, alla rassegnazione, alla privazione di ruolo e dignità al quale si vogliono condannare i dipendenti pubblici ed il sindacato che li rappresenta.

VOGLIAMO UN CONTRATTO NAZIONALE PIÙ FORTE, che garantisca il recupero del potere di acquisto dei salari e diritti economici e normativi omogenei su tutto il territorio nazionale, che garantisca, a parità di condizione, parità di salario, che faccia chiarezza sulla vigenza dei contratti decentrati, che spinga i processi di riorganizzazione rilanciando lo sviluppo delle professionalità e che apra il percorso verso i CCNL di filiera integrando i vari soggetti coinvolti nel sistema dei servizi pubblici (terzo settore, privato, privato sociale), che sconfigga il dumping salariale.

VOGLIAMO RELAZIONI SINDACALI PIÙ AVANZATE, che siano basate sulla partecipazione, la condivisione e la responsabilità, soprattutto nel quadro dei processi di riordino istituzionale in atto, che tengano insieme l’efficienza e l’efficacia dei servizi con l’investimento nelle professionalità e che riportino nell’ambito della contrattazione l’organizzazione del lavoro e gli strumenti di valorizzazione del personale.

VOGLIAMO RILANCIARE LA CONTRATTAZIONE INTEGRATIVA, come leva indispensabile per la gestione delle risorse umane e per il miglioramento e l’efficienza delle amministrazioni pubbliche, per collegare più efficacemente le gestioni virtuose ed i conseguenti recuperi di risorse con l’aumento della produttività, il riconoscimento della professionalità e del merito. La contrattazione integrativa assume, quindi, un ruolo fondamentale nel porre in essere politiche d’incentivazione della performance individuale ed organizzativa, volte ad assicurare adeguati livelli di efficienza ed efficacia dei servizi pubblici.

VOGLIAMO INVESTIMENTI SU FORMAZIONE E CAPITALE UMANO, attraverso l’istituzione di una cabina di regia per gestire i percorsi di mobilità e salvaguardare i posti di lavoro nel riordino istituzionale, rilanciando la formazione permanente e la formazione professionale.

Per ottenere i nostri obiettivi, credo sia necessario ed imprescindibile parlare dei RAPPORTI CON CGIL E CISL.

Ringrazio Giovanni e Rossana per la loro presenza ai nostri lavori. Con loro, tra alti e bassi, abbiamo cercato, senza umiliare l’identità’ di nessuno, di fare percorsi insieme. La manifestazione dell’8 e’ l’ultimo delle iniziative programmate, ma spero che sia il primo di una nuova rinata voglia di tutela congiunta degli interessi dei lavoratori. Probabilmente su alcune questioni avremo ancora opinioni differenti, probabilmente su altre non ci sarà possibilità d’intesa, ma credo non dovremmo dividerci mai sulle questione essenziali.

Sui contratti, sulle tutele dei lavoratori pubblici e sui servizi da erogare ai cittadini credo che le nostre idee dovranno unirsi e non dividerci.

Una mancanza di unità e’ quello che va ricercando la nostra controparte: ogni volta che noi non riusciamo ad agire come forza unitaria e’ un regalo che facciamo alla nostra controparte. A ciò dobbiamo rispondere, invece, facendo muro.

Si coglie un’atmosfera di particolare soddisfazione che si avverte quando viene comunicata una differente posizione tra Cgil, Cisl e Uil. Da questo si può evincere come siamo considerati: come una controparte. E qualcuno spera sempre sul “divide et impera”.

Con Cgil e Cisl dobbiamo discutere, concordare, ridiscutere, ma dobbiamo assolutamente presentarci come forza unitaria. Perché uniti si vince.

Nel preparare questo mio intervento si sono intrecciati vari sentimenti: la rabbia, la delusione, ma sulle mie riflessioni passava il volto di ognuno di voi, l’impegno costante che mettete giorno dopo giorno e allora la rabbia diventava decisione, la delusione diventava determinazione, la determinazione diventava speranza, la speranza diventa azione. Perché lo dobbiamo al Paese, ai nostri iscritti, ai lavoratori e a noi stessi.

E’ nell’azione che dobbiamo fare confluire tutte le nostre energie per contrastare chiunque decida di affossare i diritti dei lavoratori e la democrazia del Paese.

Nel chiudere questo mio intervento non farò un elenco di persone che ringrazio perché come e’ dimostrato se ne dimentica sempre qualcuno. Ringrazio collettivamente tutti i miei compagni di segreteria, i collaboratori e tutti voi.

Grazie per la forza che siete riusciti a darmi e che spero vi venga restituita con lo stesso fervore.

Grazie ancora.

(Fonte Uil Fpl)

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