Il termine fibromialgia significa dolore ai muscoli ed alle strutture connettivali fibrose più precisamente i legamenti e i tendini. Questa condizione viene definita “sindrome” poiché esistono segni e sintomi clinici che sono contemporaneamente presenti.
La sindrome fibromialgica è una forma comune di dolore muscolo scheletrico diffuso e di astenia (affaticamento) che colpisce approssimativamente 1.5 – 2 milioni di Italiani., soprattutto donne in età adulta e principalmente in menopausa o premenopausa. La fibromialgia interessa principalmente i muscoli e le loro inserzioni sulle ossa e sebbene possa somigliare ad una patologia articolare, non si tratta di artrite e non causa deformità delle strutture articolari, in effetti è una forma di reumatismo extra-articolare o dei tessuti molli. Prima veniva indicata come fibrosite ma i ricercatori hanno evidenziato che l’infiammazione non è una parte significativa di questa sindrome quindi il termine fibromialgia è più accurato ed ha ampiamente rimpiazzato i vecchi termini utilizzati. Non ci sono alternazioni di laboratorio in grado di permettere una diagnosi certa di fibromialgia, per questo motivo la diagnosi dipende principalmente dai sintomi che il paziente riferisce.
I sintomi della fibromialgia
Molti sintomi della fibromialgia si possono essere riscontrati in altre condizioni cliniche, motivo per cui non è facile identificarla subito. Il dolore è il sintomo predominante. Generalmente, si manifesta in tutto il corpo, sebbene possa iniziare in una sede localizzata, come il rachide cervicale o le spalle, e successivamente diffondersi in altre sedi con il passare del tempo. Il dolore fibromialgico viene descritto in una varietà di modi comprendenti la sensazione di bruciore, rigidità, contrattura, tensione ecc. Spesso varia in relazione ai momenti della giornata, ai livelli di attività, alle condizioni atmosferiche, ai ritmi del sonno e allo stress. Altri sintomi tipici sono:
- Disturbi del sonno (50-90%)
- Stanchezza
- Rigidità muscolo-scheletrica
- Sensazione di gonfiore articolare (30-60%)
- Emicrania o cefalea tensiva (40-60%)
- Disturbi genito-urinari (40-60%)
- Ansietà e depressione (14-36%)
- Sindrome del colon irritabile
- Sindrome delle gambe senza riposo (30%)
- Secchezza mucose (10-20%)
- Sintomi pseudo-allergici
- Sindrome temporo-mandibolare
LA DIAGNOSI
La diagnosi di fibromialgia deve essere effettuata da personale medico specializzato. Molto spesso i sintomi sono considerati come immaginari o non importanti. Negli ultimi 10 anni è stata meglio definita attraverso studi che hanno stabilito le linee guida per la diagnosi. Questi studi hanno dimostrato che certi sintomi, come il dolore muscolo scheletrico diffuso, e la presenza di specifiche aree algogene alla digitopressione (tender points) sono presenti nei pazienti affetti da sindrome fibromialgica e non comunemente nelle persone sane o in pazienti affetti da altre patologie reumatiche dolorose. La diagnosi di fibromialgia prevede la persistenza di dolore diffuso in sedi corporee simmetriche da almeno tre mesi, associato alla positività di almeno 11 dei 18 punti sensibili. E’ necessario valutare che il dolore non sia associato a nessun’altra patologia sottostante. Sarà compito del medico prescrivere analisi per escludere la presenza di altre malattie, tra cui esami ematici completi che valutino anche il quadro autoimmune.
Tutto ciò avviene attraverso un team multidisciplinare dove il nutrizionista collabora in forma diretta con gli allenatori, i trainer e i mister al fine di far sentire il paziente in uno stato di comfort e di benessere e di ottenere i massimi risultati.
FIBROMIALGIA E ALIMENTAZIONE
La letteratura offre diversi spunti in relazione a diete di esclusione ma sicuramente il campo è ancora agli esordi in quanto gli studi comprendono pochi pazienti e devono essere effettuati ulteriori approfondimenti scientifici.
Diverse ricerche, in letteratura, hanno dimostrato che i radicali superossidi inducono una alterazione dei nocicettori attraverso una sensibilizzazione del sistema nervoso centrale e periferico e sono implicati nell’attivazione di diverse citochine come TNF alfa. Quindi una dieta ad elevato contenuto di antiossidanti potrebbe offrire una soluzione al dolore cronico di questi pazienti. In ogni caso la scelta di una dieta di questo tipo deve essere sempre supportata da personale specializzato, il fai da te può essere controproducente in quanto può portare a carenze e quindi a peggiorare i disturbi.
Tra le varie diete testate negli ultimi anni c’è la Excitotoxin elimination diet: il glutammato è un diffuso neurotrasmettitore eccitatore per il Sistema Nervoso Centrale, diversi autori hanno ipotizzato che una esclusione di questa componente, in forma libera come in forma combinata, insieme all’esclusione dell’aspartame (potente eccitante mediante la regolazione del recettore NMDA) potesse ridurre i sintomi soprattutto legati al dolore della Fibromialgia. Gli alimenti in cui si fa largo uso di glutammato monosodico sono dadi da brodo, carne e verdure in scatola, salumi, prodotti congelati e liofilizzati ed alcuni piatti pronti. Spesso l’utilizzo di questo additivo viene mascherato dalle sigle che vanno da E620 a E625. Una attenta lettura delle etichette alimentari ci può aiutare in questo senso. L’Aspartame: si trova in molti dolcificanti del commercio.
La letteratura suggerisce anche la Dieta gluten free, in quanto è ben noto che i pazienti affetti da Fibromialgia hanno spesso sintomi gastrointestinali come flatulenza, dolore addominale, alterazioni dell’alvo; tutti sintomi tipici della sindrome del colon irritabile alla quale è correlata; inoltre sempre più pazienti che soffrono di celiachia o di gluten sensivity sono diagnosticati per Fibromialgia. L’utilizzo di questa terapia nutrizionale nei pazienti francamente celiaci con Fibromialgia sembra migliori la sintomatologia ed il pattern infiammatorio di entrambe le patologie.
Ecco quindi che emerge l’importanza di una corretta alimentazione per garantire l’apporto di tutti i macro e micronutrienti necessari al funzionamento del sistema nervoso e del muscolo e per mantenere una buona salute gastrointestinale (ricordiamo che il nostro intestino gioca un ruolo di prima linea nel funzionamento di tutto l’organismo).
L’ALIMENTAZIONE PUÒ AIUTARE A GESTIRE E RIDURRE I SINTOMI ASSOCIATI ALLA FM?
Innanzitutto precisiamo che non esiste una dieta specifica per questo problema. Tuttavia esiste una serie di accorgimenti nutrizionali da adottare per gestire e ridurre la sintomatologia tipica di questa patologia e migliorare la qualità di vita del paziente fibromialgico.
Bisogna garantire un giusto apporto di minerali, vitamine e antiossidanti. Nei fibromialgici sono state evidenziate carenze di minerali, quali il ferro, selenio, zinco e magnesio (importante per la funzionalità del sistema nervoso e muscolare), di vitamina D (che, tra le varie funzioni, ha quella di ridurre l’infiammazione, garantire il trofismo muscolare e sostenere il funzionamento del sistema immunitario), di vitamina B12 (essenziale per il funzionamento dei mitocondri e per la formazione di serotonina a partire dal triptofano), di Omega 3 (acidi grassi essenziali con azione antinfiammatoria) e di coenzima Q10 (importante antiossidante).
Nei pazienti che soffrono di questa patologie inoltre si è osservata un frequente carenza di amminoacidi ramificati BCAA (valina, leucina, isoleucina) che forniscono energia ai muscoli e regolano la sintesi proteica e muscolare. Aspetto fondamentale di una corretta alimentazione, soprattutto nella Fibromialgia, è quindi il giusto apporto di sostanze antiossidanti e antinfiammatorie (vitamina C, vitamina E, selenio, carotenoidi, licopene e polifenoli, omega 3, vitamina D). È dunque importante consumare un buon apporto di verdure, una giusta dose di frutta (senza esagerare), cereali non raffinati, frutta secca a guscio e semi e pesce azzurro.
Bisogna anche considerare che alcuni elementi presenti nella nostra alimentazione, oppure un intestino danneggiato, possono ridurre l’assorbimento di tali preziosi nutrienti, ad esempio si è visto che un eccesso di fruttosio con la dieta riduce l’assimilazione del triptofano, precursore della serotonina; quindi attenzione all’assunzione di cibi contenenti dosi elevate di fruttosio (spesso è contenuto nei dolci o alimenti dolcificati e indicato negli ingredienti come HCFS, ovvero sciroppo ad alto contenuto di fruttosio).
Per quanto riguarda i consigli nutrizionale sono sicuramente da limitare l’impiego delle solanacee (pomodori, melanzane, patate, peperoni) che favoriscono reazioni di intolleranza alimentare con manifestazioni a livello muscolare; eliminare carni rosse favorendo il consumo di pesce, pollame, coniglio, uova, latticini e formaggi se non si hanno intolleranze al lattosio o colesterolo alto, mangiare molta frutta e verdura fresca di stagione, per l’azione antiossidante delle vitamine e per l’apporto di sali minerali. Ridurre al massimo l’apporto di sale per evitare la ritenzione di tossine e liquidi così come l’uso di spezie (pepe, peperoncino, cajenna, ecc.) ma si possono usare liberamente aglio, cipolla, basilico, prezzemolo, salvia, rosmarino ed altri sapori. Sicuramente l’alimentazione ha un ruolo importante nella gestione del dolore della sindrome fibromialgica.
La fibromialgia (FM), è una patologia multifattoriale, talvolta anche molto difficile da diagnosticare. Chi ne soffre sa bene che non si tratta solo di dolore muscoloscheletrico cronico e diffuso, ma che spesso si accompagna a tutta una serie di sintomi come astenia, disturbi del sonno, problemi cognitivi (deficit di attenzione, di memoria, ecc.), problemi psichici (ansia, depressione, ecc.) e un ampio spettro di disagi somatici e neurovegetativi che fanno vivere il paziente in una condizione di profondo disagio e disabilità.
Alla base di questa sindrome vi è una disregolazione dei sistemi di controllo del dolore da parte del SNC, con amplificazione del dolore e riduzione della capacità di modularlo. Spesso questa condizione è provocata da aumento di citochine pro-infiammatorie, bassi livelli di serotonina, alti livelli di glutammato (neurotrasmettitore eccitatorio) e bassi livelli di acido gamma ammino butirrico (GABA).
Si stima inoltre che il 40% dei pazienti affetti da FM presenti problemi gastrointestinali, come flatulenza, dolore addominale, alterazioni dell’alvo e tutti i sintomi tipici della Sindrome del Colon Irritabile (IBS). In molti casi è presente intolleranza al lattosio e/o alterata sensibilità al glutine non celiaca (NCGS).
Ecco quindi che emerge l’importanza di una corretta alimentazione per garantire l’apporto di tutti i macro e micronutrienti necessari al funzionamento del sistema nervoso e del muscolo e per mantenere una buona salute gastrointestinale (ricordiamo che il nostro intestino gioca un ruolo di prima linea nel funzionamento di tutto l’organismo).
Cerchiamo quindi di capire come la dieta possa aiutare a gestire e ridurre i sintomi associati alla FM.
Innanzitutto precisiamo che NON esiste una dieta specifica che faccia guarire dalla FM. Tuttavia esiste una serie di accorgimenti nutrizionali da adottare per gestire e ridurre la sintomatologia tipica di questa patologia e migliorare la qualità di vita del paziente fibromialgico.
Innanzitutto bisogna garantire un giusto apporto di minerali, vitamine e antiossidanti. Nei fibromialgici sono state evidenziate carenze di minerali, quali il ferro, selenio, zinco e magnesio (importante per la funzionalità del sistema nervoso e muscolare), di vitamina D (che, tra le varie funzioni, ha quella di ridurre l’infiammazione, garantire il trofismo muscolare e sostenere il funzionamento del sistema immunitario), di vitamina B12 (essenziale per il funzionamento dei mitocondri e per la formazione di serotonina a partire dal triptofano), di Omega 3 (acidi grassi essenziali con azione antinfiammatoria) e di coenzima Q10 (importante antiossidante).
Nei pazienti con FM inoltre si è osservata un frequente carenza di amminoacidi ramificati BCAA (valina, leucina, isoleucina) che forniscono energia ai muscoli e regolano la sintesi proteica e muscolare.
Aspetto fondamentale di una corretta alimentazione, soprattutto nella FM, è quindi il giusto apporto di sostanze antiossidanti e antinfiammatorie (vitamina C, vitamina E, selenio, carotenoidi, licopene e polifenoli, omega 3, vitamina D). È dunque importante consumare un buon apporto di verdure, una giusta dose di frutta (senza esagerare), cereali non raffinati, frutta secca a guscio e semi e pesce azzurro.
È necessario inoltre fare attenzione agli alimenti contenenti eccitotossine (glutammato e aspartame): presenti spesso nei dadi da brodo, cibi in scatola, salumi, piatti pronti (E620, E625), bevande e dolciumi light. Il glutammato e l’aspartato agiscono da neurotrasmettitori eccitatori, ovvero attivano in modo prolungato i nervi nocicettivi (coinvolti nella percezione del dolore) sia nel cervello che nella periferia.
Bisogna anche considerare che alcuni elementi presenti nella nostra alimentazione, oppure un intestino danneggiato, possono ridurre l’assorbimento di tali preziosi nutrienti.
Ad esempio si è visto che un eccesso di fruttosio con la dieta riduce l’assimilazione del triptofano, precursore della serotonina; quindi attenzione all’assunzione di cibi contenenti dosi elevate di fruttosio (spesso è contenuto nei dolci o alimenti dolcificati e indicato negli ingredienti come HCFS, ovvero sciroppo ad alto contenuto di fruttosio).
C’È UNA RELAZIONE TRA MICROBIOTA INTESTINALE E FIBROMIALGIA?
Ormai da anni è riconosciuto il forte legame tra intestino e salute. Ciò che avviene nell’intestino è in grado di influenzare tutto l’organismo, ma allo stesso tempo l’intestino risente di tutto quello che avviene nel resto del corpo. L’intestino non solo assorbe nutrienti, ma produce segnali che influenzano il sistema nervoso (asse intestino-cervello) ed è coinvolto nella produzione delle cellule del sistema immunitario e nel suo funzionamento.
I pazienti affetti da fibromialgia accusano spesso sintomi gastrointestinali probabilmente perché hanno una disbiosi intestinale con aumento della permeabilità intestinale (leaky gut): uno squilibrio della flora batterica, che porta alla prevalenza di specie patogene, con eccessiva produzione di tossine, soprattutto dell’LPS (lipopolisaccaride) e di sostanze infiammatorie per i mitocondri come il D-lattato e l’acido solfidrico; tutto ciò causa un’infiammazione sistemica di basso grado, generando una risposta del sistema immunitario, con liberazione di citochine proinfiammatorie. A livello di barriera intestinale inoltre, si ha un danneggiamento della mucosa, con aumento della sua permeabilità e quindi perdita della funzione di “barriera”.
Le tossine batteriche passano così in circolo ed arrivano al sistema nervoso centrale, attivando la microglia ed aumentando l’attività cerebrale “glutammatergica”, con un maggior rilascio di glutammato, che sensibilizza il cervello al dolore, amplificandolo e generando depressione e ansia. Ciò porta anche alla produzione eccessiva di radicali liberi, che danneggiano anche i mitocondri, contribuendo alla disfunzione cerebrale. Infine, le tossine batteriche, il D-lattato e l’acido solfidrico agiscono anche a livello muscolare, provocando disfunzione mitocondriale che facilita il dolore ed aumenta lo stress ossidativo.
CONSIGLI PER MIGLIORARE LA SALUTE INTESTINALE
Una corretta alimentazione incide sull’intestino, prevenendo la disbiosi e ripristinando l’integrità della barriera intestinale. A questo scopo, soprattutto in presenza di sintomi di alterata funzionalità intestinale, sembra essere utile ridurre alimenti infiammatori come il glutine (preferendo cereali senza glutine come riso, quinoa, grano saraceno, miglio, teff, amaranto), i latticini (per l’effetto infiammatorio delle caseine e la frequente presenza di intolleranza al lattosio, soprattutto se i villi intestinali sono danneggiati) e le solanacee (peperoni, pomodori, patate e melanzane), per il loro contenuto in solanina. Ovviamente è necessario evitare cibi industrializzati, preconfezionati (ricchi di additivi, conservanti ed ingredienti “poco naturali”), dolci, zuccheri semplici e farine raffinate e limitare il consumo di carne rossa, magari preferendo quella proveniente dall’allevatore, che porta il bestiame al pascolo, piuttosto che della grande distribuzione, in cui gli animali vengono nutriti con mangimi, allevati in condizioni poco “etiche” e spesso sottoposti dosi elevate di antibiotici.
È consigliabile garantire un buon apporto di fibre (nutrimento della nostra flora batterica) ma senza esagerare per non irritare l’intestino, consumare spesso alimenti ricchi di molecole antiossidanti e antinfiammatorie (frutta e verdura, magari a km zero, coltivati senza uso di pesticidi, cereali non raffinati, frutta secca oleosa, semi, pesce azzurro) e garantire un buon apporto idrico (almeno 1,5 – 2 litri di acqua al giorno).
È importante anche limitare il caffè e sostanze nervine: l’eccesso di sostanze eccitanti possono aumentare la sensibilità al dolore ed irritare ulteriormente l’intestino.
Se necessario, sotto la guida di uno specialista, può essere utile assumere un integratore di probiotici e prebiotici.
L’OBESITÀ E IL SOVRAPPESO INFLUISCONO SULLA SINTOMATOLOGIA?
Il sovrappeso e l’obesità sono caratterizzate da uno stato infiammatorio cronico dell’organismo, causato sia dalla produzione di citochine infiammatorie da parte del tessuto adiposo (IL6, TNFalfa, PAI-1, resistina), sia dal fatto che spesso le persone con eccesso ponderale hanno anche una condizione di disbiosi intestinale. Di frequente inoltre sono presenti insulino-resistenza, aumento della pressione arteriosa e dislipidemia e ciò contribuisce ad arrecare danno all’organismo e peggiorare la qualità della vita del paziente fibromialgico. Da non dimenticare il fatto che il tessuto adiposo “sequestra” la vitamina D, contribuendo a determinarne uno stato di carenza. Per queste ragioni è importante, anche nella fibromialgia, riuscire a mantenere o raggiungere un buon peso corporeo.
Dott. Febo Quercia – Biologo Nutrizionista
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