Una vita da sbirro, un soprannome da duro, una carriera costellata di successi ma macchiata dall’ombra della Diaz, che neanche l’assoluzione definitiva ha completamente cancellato. Gianni De Gennaro torna ancora una volta al centro delle polemiche dopo la sentenza della Corte di Strasburgo ma lo ‘squalo’, come da decenni lo chiamano negli apparati di sicurezza, ha sempre parlato molto poco della vicenda. E ogni volta che l’ha fatto ha sempre rimarcato la correttezza del suo operato. Al Comitato d’indagine sul G8, meno di un mese dopo il massacro della Diaz, ammise “eccessi” nell’uso della forza, ma aggiunse che “verosimilmente” furono determinati “dalle condizioni di guerriglia create da criminali violenti e facinorosi”. Per quanto riguarda l’ordine pubblico, precisò poi, “l’unico coordinamento spetta alle autorità provinciali di pubblica sicurezza: questore, per gli aspetti tecnici, e prefetto, per quelli politici. Non c’è alcuna dipendenza dal capo della Polizia”. Come dire, non ho deciso io l’irruzione. “Nessuno informa il capo della polizia di una perquisizione – proseguì infatti – quella sera mi ha chiamato il questore non per informarmi ma per un’autorizzazione (la possibilità di utilizzare anche i carabinieri, ndr) che competeva alle mie responsabilità: io risposi affermativamente ma dell’esito della perquisizione e dei dettagli lo appresi successivamente”.