Per la prima volta da novembre 2002, l’euro ha raggiunto la parità nei confronti del dollaro, attestando il tasso di cambio al 12 luglio di 1,008 dollari, mettendo fine ad un lungo periodo in cui la moneta europea era stato più forte del dollaro raggiungendo il massimo picco nel 2008 quando il cambio euro-dollaro si attestò a 1,60. Cosa cambia per l’Europa? L’indebolimento dell’euro favorisce l’export poiché per le aziende americane risulta meno costoso comprare in Europa, ma ciò comporta un problema di profitti per le aziende europee, perché risulta vantaggioso per loro esportare a prezzi inferiori realizzando più profitti ma dall’altro canto vi è un aumento dei costi di produzione delle materie prime che non vengono prodotte in Europa e ciò potrebbe mettere a dura prove molte industrie che comprano principalmente all’estero. Dal punto di vista nazionale, l’Italia ne beneficia per le esportazioni agroalimentari “Made in Italy” segnando un + 19%, inoltre a beneficiarne è anche il settore del turismo poiché la parità del tasso di cambio potrebbe incentivare i turisti americani a trascorrere le proprie vacanze in Europa. Cosa ha portato la parità del tasso di cambio euro-dollaro? Le conseguenze possono dipendere da fattori interni, per esempio da come hanno reagito le banche centrali all’inflazione e da fattori esterni come la guerra in Ucraina e le prospettive di crescita negli Stati Uniti ed Europa. Una differenza senz’altro l’hanno fatta proprio le Banche Centrali, in quanto la Fed è stata più reattiva nel combattere l’inflazione alzando per ben tre volte il tasso di interesse a differenza della BCE che ha annunciato il rialzo dei tassi di interesse più tardi, portando gli investitori a preferire come bene rifugio proprio il dollaro aumentandone il valore nei confronti del dollaro. A questo si aggiunge anche un aumento dell’inflazione importata che si ripercuote nelle famiglie italiane sotto forma di bollette più salate, un primo esempio lo abbiamo avuto già con l’aumento del petrolio a Gennaio.