Essere social fino all’orlo
Dopo lo scandalo Facebook (sono stati sottratti 51 profili facebook all’insaputa dei diretti interessati,utilizzati poi per la campagna di Donald Trump e a favore della Brexi). Lo stesso Mark Zuckerberg interviene sul suo profilo- mostrandosi dispiaciuto- per una cattiva gestione dei profili, oltre alla violazione della privacy e soprattutto del venire meno del rapporto di fiducia tra la piattaforma facebook e i contatti (i contatti sono le persone che utilizzano il social network), augurandosi che si possa recuperare un minimo di interesse nei confronti del “social”, partendo da alcune misure restrittive: una delle quali consiste nello stabilire delle regole ben precise in entrata, in modo tale che gli sviluppatori non abusino del loro potere sul web, sul social, ma abbiano dei vincoli in ingresso, prima di provocare la dispersione dei dati.
I numeri sulle borse, le multe derivanti da ogni violazione di account, le rivolte online costituiscono l’alert degli ultimi giorni, quasi una marcia all’incontrario, e stavolta diretta verso l’eliminazione di molti profili,sebbene ci siano oltre 2 miliardi di persone sul facebook.
Il rischio è enorme, ed è anche travolgente l’ondata del pericolo, scatenata a seguito della manipolazione dei dati, della condivisione di dati sensibili da parte di sviluppatori, gestori o chicchessia a terzi, senza osservanza di regole, di rispetto della privacy, bensì sono state violate le libertà di stare in rete delle persone, accompagnate da una sorta di criminalità tecnologica.
A fronte di queste anomalie, alcuni si sono scagliati contro Zuckerberg, altri invece hanno tagliato corto, attribuendo le responsabilità anche agli utenti, di conseguenza ai profili che mostrano in rete le loro foto, le loro immagini private, dando anche informazioni sul proprio credo, sul proprio pensiero, rendendo partecipi i followers delle abitudini personali, dei gusti e anche del proprio status sentimentale, il che porta alcuni rischi: si va incontro al “data leak” (perdita dei dati) oppure “data breach”( violazione dei dati personali) ,che determinano problemi inerenti la sicurezza in rete, successivamente l’ Autorità Garante si attrezza per prendere provvedimenti a tal riguardo, al fine di limitare i danni già in essere.
Genitori e figli, adolescenti, adulti e meno adulti utilizzano il social, difatti nessuno di loro può realmente pensare alla fruizione dello stesso come un nemico, ignorando alcuni fenomeni come il cyberbullismo,bullismo,sexting,gioco d’azzardo,pedopornografia, etc), del resto rimane uno strumento utile per abbattere le distanze, per informarsi e collegarsi su molte piattaforme, quantomeno si può avere una visione globale di ciò che ci circonda, si possono organizzare incontri con aziende, si può creare un profilo professionale, si possono apprendere metodi o scoprire vantaggi, legati all’approfondimento in rete su alcune scuole di pensiero rispetto ad altre, e si può ottenere una conoscenza di materiale, di contenuti specifici, sottraendosi al qualunquismo di facciata.
Il garante della Privacy Antonello Soro sulla questione delle violazioni, si era così espresso: “Le nostre istituzioni sono niente nei confronti delle grandi aziende come Instagram, facebook e via dicendo”, un pensiero che descrive il lato oscuro del web, da tenere a bada, accanto alle opportunità, alle conoscenze e al riconoscimento di sé in una rete semiaperta.
Il paradosso è palese: alla luce di lamentele, preoccupazioni, denunce, provvedimenti presi in seguito all’attacco dei dati personali, ancora il social continua ad esserci, e ci sarà. Ci sarà perché siamo figli di questa generazione, ci sarà perché ci fa compagnia, ci sarà perché per la maggior parte inserire immagini, foto, frasi o post può e potrebbe essere un rafforzativo dell’Ego, in contrapposizione a chi vede il “social” come falso amico: l’obiettivo, per l’appunto, diventa quello di restituire al network il ruolo di amico e di risorsa per quelli che verranno.
a cura di Matteo Spagnuolo