Il procuratore Olimpia Bossi dopo i tre fermi: “Hanno detto di averlo fatto per superare le difficoltà economiche”. Si sono ‘giustificati’ rispetto alle consapevoli anomali del sistema frenante dell’impianto “per superare le difficoltà economiche ed evitare che si fermasse a lungo”. Così si è preferito “disinnescare” sulla cabina precipitata il sistema frenante di sicurezza.
Secondo il procuratore i tre fermati erano coscienti che l”’anomalia necessitava di un intervento più radicale, di un blocco più consistente” dell’impianto. Così per ovviare allo stop che avrebbe comportato la perdita di soldi i tre avrebbero deciso di ”manomettere il sistema di sicurezza”, cioè di apporre il forchettone per ovviare al problema al sistema frenante. Forchettone che, una volta che si è tranciato il cavo trainante della funivia, ha impedito alla cabinovia di restare sospesa e l’ha lasciata precipitare nel vuoto per circa 20 metri.
Contro i tre fermati, ha spiegato Bossi, c’è un quadro “fortemente indiziario”. Il gestore dell’impianto della funivia del Mottarone Luigi Nerini, un ingegnere e un capo del servizio dell’impianto erano “persone che avevano un ruolo giuridico ed economico, cioè prendevano decisioni”. L’analisi dei reperti ha permesso agli inquirenti che indagano sull’incidente alla funivia del Mottarone di accertare che “la cabina precipitata presentava il sistema di emergenza dei freni manomesso”.
“Abbiamo potuto accertare dai reperti analizzati in questi due giorni e in particolare dall’analisi dei reperti fotografici che la cabina precipitata presentava il sistema di emergenza dei freni manomesso, cioè non era stato rimosso o meglio era stato apposto il forchettone che tiene distante le ganasce dei freni che dovrebbe dovuto bloccare il cavo in caso di rottura del cavo”, ha ricostruito la procuratrice.