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“Giovanissima e immensa”, si parla della mareggiata di Rapallo del 2018

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“Giovanissima e immensa”. Ritratto della nostra società alle soglie del new normal.

Libro di Achille Colombo Clerici ediz. Casagrande Lugano Milano. Interviste di Antonio Armano.

Esposto nella vetrina della Libreria Hoepli a Milano                    

Anticipiamo uno stralcio del libro in cui si parla della mareggiata di Rapallo del 2018 e di Dino Betti van der Noot:

Con la mareggiata della notte del 29 ottobre 2018, nel Tigullio si e rotto un mondo, come avviene nello storico documentario di Folco Quilici sull’Africa perduta. Il patrimonio naturale che sta nel mare viene gravemente danneggiato. Dal punto di osservazione situato nel “Parcodei Merell”, al centro del Golfo Tigullio, con una prospettiva in asse con la torretta di Malta, tutto sembra immoto e immutato. Il promontorio di Portofino, gigantesca testuggine addormentata con la sua chioma di pini marittini a contorno del castello Brown, la punta e il faro: piu a manca, dopo lo scuro costone di alberi che sovrasta “Santa”, il declinante profilo della costa dal quale emergono la Torre Piaggio e il campanile della Parrocchiale. Piu avanti la torre di Pagana, e le insenature di Prelo, Trelo e la baia di Pomaro e, dopo costa burrasca, il crinale di Ileana Pareto Spinola, per arrivare al grande Golfo di Rapallo, con il porto. Se ti avvicini vedi i segni evidenti del disastro. Quello che non si riesce a vedere, ne tantomeno a immaginare, e il danno prodotto dal tifone sul fondale marino e al patrimonio naturale dell’intero golfo. Devastato…

«Mai si era visto, a memoria storica, un fenomeno simile, ben peggiore della mareggiata di una ventina di anni fa – ricorda ancora emozionato Dino Betti Van der Noot – una burrasca di immane forza con venti di 150 chilometri orari e onde alte 8 metri.»

Eri qui quella notte?

«No, ero bloccato a Milano, ma ho seguito minuto per minuto, al telefono con amici e consoci del Circolo Nautico Rapallo, quanto stava succedendo: ed era una vera diretta, perché la sede del circolo era anche centro di soccorso per chi era rimasto bloccato dalla buriana. Appena ho potuto, mi sono precipitato a Rapallo. Barche da diporto, piccole e grandi, fino a maxi yacht, spiaggiate sulla passeggiata a mare o affondate nella rada e nei bacini portuali; relitti parzialmente affioranti; la diga foranea spazzata via dalla violenza del mare. Il porto sembrava uscito da un bombardamento aereo.

La litoranea verso Portofino crollata alla Cervara, seppellendo la spiaggia sottostante di macigni e di asfalto. Il faro di Portofino praticamente esploso, il fanale di Santa Margherita piegato a elle, quello di Rapallo scomparso in mare. Locali famosi come il Covo quasi distrutti, danneggiate costruzioni che per secoli mai erano state toccate dalle mareggiate.»

Ma, in definitiva, si tratta di opere umane che sara possibile ripristinare.

«Certamente, e l’indomito spirito ligure si è subito palesato nell’attività di ricostruzione, dove è risultata evidente la solidarietà insita nella gente che ha a che fare col mare. Ma sono i danni subiti dalla natura che sono quasi irreparabili: quelli visibili e soprattutto quelli che non si vedono. Anche se la natura ha risorse che sono superiori a quanto non si creda.»

Ce li descrivi?

«Il profilo della costa, innanzitutto, dalle spiagge divorate dai flutti agli scogli rasi al mare. Tra questi, quelli simbolo: la “carega du vescuvu” sotto la Cervara, prima di Paraggi, che ha perso mezza spalliera; l’alto scoglio della Punta del Diavolo in località Pozzetto di Rapallo, ridotto a una piattaforma appena sopra il livello dell’acqua; altri scogli prima ben visibili ridotti a pelo d’acqua, con l’ovvia necessità di mettere mano anche a carte nautiche e portolani.»

E la parte che non si vede, il fondo marino?

«È quella che ha subito i danni più gravi. L’intero ecosistema è stato sconvolto. Spazzate via le praterie di posidonia, habitat di pesci e crostacei e delle famose conchiglie nere fotografate dai sub. Si suppone che il fondale si sia modificato, in maniera marcata, con possibili diminuzioni notevoli della profondità che, come dicevo, dovranno essere scandagliate e riportate su nuove carte nautiche.»

La componente umana ha influito in qualche maniera?

«Enormemente, anche se involontariamente. Centinaia di barche di ogni dimensione, compresi motopescherecci, sono state colpite: alcune, meno danneggiate, sono state trasportate nei cantieri per le riparazioni, altre si sono letteralmente disintegrate. Realizzate in vetroresina, schegge e minuscoli pezzi si sono sparsi sulla costa e sulle spiagge, visibili perciò asportabili.

Ma questi frammenti si sono anche in gran parte depositati sul fondale, dove sarà difficilissimo operare una pulizia, o si sono incuneati fra le rocce delle scogliere. In mare si è poi riversato certamente del carburante, maprobabilmente in misura inferiore a quanto si potesse temere.»

Le operazioni di primo intervento sono state efficienti?

«Ho visto un lavoro ordinato e, mi sembra, ben coordinato, nonostante le estreme difficoltà del momento e la necessità di fare in fretta.»

Tu hai testimoniato tutto questo in una recente trasmissione Rai. Ma non era possibile prevedere quanto accaduto e realizzare opere in grado di prevenirlo?

«Difficile affermarlo. Dopo la mareggiata di venti anni fa, è stata rinforzata la diga foranea a protezione del porto di Rapallo: ma evidentemente i cambiamenti climatici sono più rapidi e intensi di quanto fosse previsto. Ha resistito invece molto bene il vecchio molo Langano, anche perché la furia del mare gli arrivava addosso in parte attenuata dalle infrastrutture del Porto Riva. Devo aggiungere che, solitamente, le mareggiate sono causate da venti che provengono da sud-est o da sud-ovest: questa volta però il vento – eccezionale, ricordiamolo – veniva esattamente da sud, con le onde che riempivano la baia come fosse una tazza, alzando notevolmente il livello dell’acqua.»

Quale conclusione trai da quanto e avvenuto?

«Prepararci purtroppo a convivere con la follia del cambiamento climatico che alcuni continuano a negare. E tentare preventivamente, adottando le tecnologie che pure abbiamo a disposizione, di limitarne le conseguenze. È una questione di sensibilità della gente, di educazione da parte delle famiglie e della scuola, e naturalmente di volontà politica.»

FOTO:

  • Lo scoglio del Diavolo a Rapallo
  • Le barche spiaggiate sul “Lungomare”

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