“Gioco per dimostrare di essere diverso dagli altri, posso fare delle cose che gli altri non hanno mai fatto. Questa è la mia sfida”, già nel 2017 Gigi Buffon si rendeva conto di aver superato ogni suo predecessore ponendo un nuovo confine ai limiti sportivi del calcio. La sua intera carriera è un record, elencare tutti i primati che ha infranto sarebbe solo uno spreco di inchiostro, lo stesso discorso è già stato fatto in passato per i più grandi atleti di sempre: Roger, Lionel, Michael ai quali si aggiunge anche Gigi. Adesso le sue parate mancheranno non solo a Torino e a Parma, ma sarà l’intera Italia calcistica a sentirne la mancanza.
Il Mondiale 2006, un regalo a tutti gli Italiani
Parma e Juventus certamente lo hanno già inserito nelle più belle pagine della loro storia, ma Gigi è stato in grado di unire e far esultare tutta l’Italia. Ognuno di noi ha il suo personale ricordo del Mondiale 2006 e ognuno ricorda un determinato fotogramma di quell’estate: il rigore di Totti contro l’Australia, le braccia al cielo di Materazzi dopo il gol in finale, i gol di Grosso e Del Piero con la Germania e magari c’è anche chi si è affettuosamente legato al mancato passaggio di Inzaghi a Barone con la Repubblica Ceca. Tra i momenti scolpiti nella storia di quell’estate azzurra, magica ed indimenticabile, a far da protagonista c’è anche Buffon. In un certo senso la speranza di vedergli parare il rigore a Trezeguet era insita in ogni italiano: i due erano compagni di squadra, si conoscevano perfettamente e probabilmente negli allenamenti di Vinovo si erano anche fronteggiati più volte dal dischetto per essere pronti in partita. A Berlino si trovarono faccia a faccia, come se fosse una delle tante partitelle infrasettimanali, ma quella era la finale del mondiale, il momento più importante delle loro carriere. “In allenamento gli riuscivano a fare gol soltanto in quattro: Del Piero, Nedved, Ibra e Trezeguet” lo ricordò Federico Balzaretti a Dazn nel 2020, probabilmente una frase che ha pensato guardando i suoi compagni di squadra in quel momento di quattordici anni prima.
No, Buffon non parò il rigore di Trezeguet quella sera, ma è anche vero che David non segnò da quel dischetto. La palla scheggiò la traversa per poi carambolare prima sulla linea e poi lontano dalla porta, l’Italia divenne campione del mondo. Il merito di Gigi in quella giornata è precedente: ai supplementari di una finale del Mondiale ogni momento può consacrarti, ma allo stesso modo l’attimo successivo può condannarti. Sono gli attaccanti o i centrocampisti a decidere le partite, i campionati o le coppe, raramente i portieri; neanche la parata del secondo i Gordon Banks nel 1970 fu decisiva, neanche colui che è universalmente riconosciuto come il numero uno dei numeri uno -ma ora nel post Gigi emerge qualche dubbio su ciò-, Lev Yashin non ha mai vinto il titolo mondiale. L’eroe di Italia-Francia è stato proprio Buffon (negli anni successivi lo imitarono in altre finali Casillas ed il Dibu Martinez). L’Italia era sfavorita e al 103’ il momento della caduta sembrava essere arrivato: Sagnol largo sulla destra anticipa tutti, la difesa di Lippi è annebbiata dalla stanchezza e ha lasciato libero proprio Zidane– colui che andava marcato stretto-, il colpo di testa da circa 11 metri è sicuro, Zizou non conosce la parola errore da quella distanza. Sarebbe finita li, con chiunque altro tra i pali sarebbe finita e noi saremmo rimasti fermi al titolo del 1982, invece il francese trova le mani del più grande, è la nostra parata del secolo.
È mancato solo un trofeo
Eppure nella carriera di Gigi c’è spazio anche per i rimpianti. Non stiamo parlando della Serie B, quella fu una scelta di cuore, una scelta che oggi forse i giovani calciatori non capirebbero. Lui scelse di restare alla Juventus, nonostante la retrocessione, nonostante la certezza di poter scegliere di difendere i pali di qualsiasi altra squadra perché in quel momento non c’era nessun club che non avrebbe voluto affidarsi a lui. Rimase alla Juventus con l’obiettivo di vincere alla Juventus. Ci riuscì divenne protagonista di 10 scudetti, ma mai della Champions League. È forse quello il suo più grande rammarico, il pezzo mancante di una carriera altrimenti perfetta. Eccome se avrebbe voluto la coppa dalle grandi orecchie, nonostante gli scudetti, nonostante il mondiale; la fame di vittorie è sempre implacabile, come dice Five for Fighting nella suo più grande successo: “anche gli eroi hanno il diritto di sognare”. Ma nella stessa strofa sottolinea anche come “gli eroi hanno il diritto di sanguinare” e probabilmente la ferita della Champions non è mai stata sanata. Lo sfogo del 2018 contro l’arbitro Oliver -Juventus eliminata dal Real Madrid al novantesimo per un rigore dubbio- è il simbolo della delusione europea. Quel giorno aveva quarant’anni, il ritiro sembrava vicinissimo, e invece Gigi trovò ancora la forza per una nuova sfida chiamata PSG, un ultimo tentativo di vincere la Coppa. Un tentativo fallito con i tifosi parigini che gliene imputarono la colpa. Tuttavia, c’è da ricordare che se per noi quella parata su Zidane divenne sinonimo di vittoria, per i francesi fu il primo passo verso il rigore sbagliato da Trezeguet. Quindi nonostante manchi la Champions League al suo palmares la sfida di Buffon è stata superata: ha sempre fatto cose al di fuori delle capacità di tutti gli altri.