“Unione europea e Stati di fronte alle sfide dell’immigrazione”. Universita’ Studi di Milano – Convegno, “Destination Europe: how to cope with the Migrant Crisis” Valerio Onida e Marilisa d’Amico –
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di Benito Sicchiero
Un ciclo di workshop internazionali all’Università Statale di Milano
IL CICLONE IMMIGRAZIONE E L’ INTEGRAZIONE: LA RISPOSTA ITALIANA ED EUROPEA
Riflettere sul tema dell’immigrazione e dell’integrazione a partire dalle ricerche in corso, dai resoconti sul ruolo delle istituzioni e dall’analisi di progetti di governance e relativo impatto a livello locale, nazionale ed europeo.
È l’obiettivo del ciclo di workshop internazionali dal titolo Destination Europe: how to cope with the Migrant Crisis nell’Università Statale di Milano.
Promossi da DIReCT (Discrimination and Inequalities Research StrategiC Team), gruppo di ricerca strategica dell’Università Statale di Milano, in collaborazione con il Centro Politeia e i dipartimenti di Scienze giuridiche “C. Beccaria”, di Scienze sociali e politiche, di Studi internazionali, giuridici e storico-politici e di Diritto pubblico italiano e sovranazionale, gli incontri riuniscono studiosi ed esperti italiani e stranieri di varie discipline – filosofia politica, etica pubblica, diritto costituzionale e dell’Unione Europea, scienza politica, sociologia, antropologia e demografia – chiamati a confrontarsi su un tema centrale nel dibattito politico d’oggi.
Iniziato con il workshop dal titolo “Immigration, Democracy and Justice”, di taglio prevalentemente filosofico-politico, il ciclo si conclude il 28 ottobre con “Immigrazione tra politica e governance: quale integrazione?” incentrato sui progetti di governance e sostenibilità a livello internazionale delle politiche sui flussi migratori.
In mezzo – secondo incontro – l’analisi del ruolo delle istituzioni europee e italiane in materia di immigrazione dal titolo “Unione europea e Stati di fronte alle sfide dell’immigrazione”.
La sessione pomeridiana, introdotta da Maria Elisa D’Amico della Statale e conclusa da Valerio Onida, Presidente emerito della Corte Costituzionale, ha affrontato il tema “Flussi migratori e status dello straniero: il punto di vista del Diritto Costituzionale”.
Va detto anzitutto che i dettati contenuti nella nostra Costituzione, a suo tempo da taluni considerati talvolta fuori dalla realtà, si sono dimostrati profetici nell’attuale emergenza-immigrazione. Anche le leggi che regolamentano il fenomeno sono adeguate, quello che manca è la capacità organizzativa. Ad esempio: a fronte di circa 60.000 richieste di asilo politico – ciascuna delle quali abbisogna di una specifica istruttoria – sono a disposizione non più di 30.000 posti nei centri di accoglienza. Gli altri richiedenti vengono ospitati in strutture private (alberghi, campeggi ecc.) con considerevole spreco di risorse e magari arricchimenti illeciti come testimoniano il Cara di Mineo (Sicilia) e mafia Capitale a Roma. Le commissioni sono poche e composte da funzionari distaccati “part time” da altri uffici. D’altro canto, non c’è il diritto di trattenere l’immigrato oltre un ragionevole periodo; mentre il respingimento quando viene operato dalla Questura viola l’art. 13 della Costituzione perché non preceduto da sentenza del giudice. E comunque il respingimento viene espressamente indicato come episodio eccezionale.
Sui diritti e doveri. Pur essendo garantiti i diritti fondamentali a tutti – cittadini italiani ed immigrati – c’è distinzione tra le due categorie di residenti: ad esempio, il diritto elettorale. Uguaglianza non sempre è equiparazione. Ma lo stato delle cose è in continuo cambiamento; una recente sentenza consente anche agli stranieri il servizio civile.
Sempre secondo la Costituzione i rapporti internazionali sono regolati dal rapporto con le persone, non con gli Stati che le rappresentano. Ciò risponde alle obiezioni sulla reciprocità: perché noi concediamo ai musulmani sul territorio italiano diritti che a noi non vengono riconosciuti negli stati islamici? Perché ciascuno Stato regola come vuole i rapporti con i residenti entro i propri confini.
L’attuale flusso migratorio è diverso da quello del secolo scorso quando i Paesi avevano bisogno di manodopera (Usa, Brasile, Canada, Argentina, Francia, Germania, Svizzera ecc.) perché la loro popolazione era insufficiente allo sviluppo economico. Oggi i flussi – alimentati dalla globalizzazione dell’informazione – generati da ragioni economiche e sociali, puntano su Paesi talvolta in difficoltà per conto loro.
Allora, alle immigrazioni i Paesi ospiti avevano risposto, sostanzialmente, con modelli culturali diversi che possiamo definire, semplificando, Assimilazione e Separazione.
Assimilazione è il modello francese. Si dice all’immigrato: hai gli stessi diritti, ma anche gli stessi doveri dei cittadini francesi. Ad esempio, essendo la Francia uno Stato laico, nessuna esibizione di simboli religiosi: velo islamico, kippah, crocefisso. Uguaglianza, ma si disconoscono i diritti individuali, nel caso la libertà di esprimere la propria fede.
Separazione è il modello Usa. Si consente all’immigrato, che comunque ha giurato di rispettare la Costituzione, di mantenere propri usi e costumi: così sono nate le Little Italy, le China Town. Diritto cioe’ alla differenza, libertà individuale e collettiva. Ciò ha però generato forme di separazione e di razzismo: mezzi pubblici, ospedali, scuole, persino servizi igienici riservati esclusivamente alla popolazione di colore.