Il Messico vince con merito 1-0, mostra idee, gioco, piedi buoni, un Hector Herrera monumentale.
Il Messico è al Luzhniki ma pare all’Atzeca: raramente si è vista una squadra giocare “tanto” in casa pur essendo su campo neutro. Lo stadio di Mosca ribolle per i verdi, in netta maggioranza, soprattutto acustica: ogni volta che Herrera, Vela, Hernandez o Lozano partono in contropiede, dopo aver saltato il primo pressing tedesco, vengono sospinti da un’onda sonora crescente che sembra prendere fisicità. Gli uomini di Osorio poi ci mettono del loro, perché nei primi 45’ la conduzione di palla è sempre esemplare, i passaggi arrivano al momento giusto, solo al momento di tirare manca sempre qualcosa (il primo tiro di Lozano, stoppato da Boateng, arriva dopo 1’).
Siamo partiti dai meriti del Messico (un altro: la qualità dei piedi dei difensori) e dal problema tedesco, ma non immaginatevi una Germania in stile Argentina, bloccata, improduttiva, totalmente deludente. Werner va vicino al gol dopo 3’, Kroos prende una traversa su punizione 1’ dopo l’1-0 (deviazione di Ochoa). Nel secondo tempo, quando il Messico umanamente cala, Kroos suona la carica e Draxler cresce, la squadra di Löw produce un volume di gioco invidiabile e occasioni a raffica: la più clamorosa è un palo scheggiato da una “bomba” di Brandt, subentrato a Werner, acciaccato e non troppo convincente.