La piazza scelta per la manifestazione avrebbe dovuto essere più piccola. La polizia ha imposto che i dimostranti rispettassero la distanza di 2 metri, così in 2 mila sono riusciti a riempire quella Kikar Rabin da sempre centro delle rimostranze collettive.
Domenica sera gli slogan a Tel Aviv sono stati urlati attraverso le mascherine, le bandiere nere sventolate per avvertire che la democrazia sarebbe in pericolo. I partecipanti e i politici dal palco denunciavano l’intesa tra Benjamin Netanyahu e Benny Gantz, l’ex capo di Stato Maggiore sceso in campo per mandare a casa il primo ministro e diventato suo giubbotto di salvataggio politico.
Dopo settimane di trattative si sono messi d’accordo nel pomeriggio: governo di unità nazionale, poltrona di premier a rotazione. Il primo turno tocca a Netanyahu, che è in attesa del processo per corruzione, in questi 18 mesi Gantz sarà ministro della Difesa e Gaby Ashkenazi, suo alleato e pure lui ex capo di Stato Maggiore, diventerà ministro degli Esteri. Della coalizione fa parte anche il laburista Amir Peretz che si occuperà dell’Economia.
La strategia di Gantz dopo le elezioni del 2 marzo è stata una sorpresa. Per gli israeliani che lo hanno votato in questo anno ininterrotto di campagna elettorale e per i suoi (ormai ex) alleati nella coalizione Blu e Bianco. Sono stati loro — Yaar Lapid e Moshee Yaalon — ad accusarlo di tradimento, tra i fischi della folla in piazza Rabin e a criticare la gestione dell’emergenza Coronavirus.