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Italiani nel mondo del passato: la vita internazionale tra fotografia ed impegno sociale di Tina Modotti.

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L’interessante storia che oggi racconteremo nella nostra rubrica è quella di una donna di nascita italiana e di vocazione internazionale che ha dedicato la sua intera vita alle due sue grandi passioni, l’arte e la rivoluzione. La figura di Tina Modotti ai più può non dire nulla, ma chi viene dal mondo della fotografia sa che il suo nome è legato a quello del fotografo Edward Eston che la fece diventare una artista di fama mondiale.

Tina nasce a Udine in una famiglia di umili origini e molto numerosa. Suo padre Giuseppe è un carpentiere e molto spesso fa delle brevi trasferte in Austria per mantenere la famiglia invece la madre fa la cucitrice in casa in modo da poter prendersi cura di lei e dei suoi fratelli. Nel 1909 inizia a lavorare come apprendista presso le Seterie di Domenico Raiser e oltre a questo lavoro aiuta suo zio paterno Pietro nel suo studio fotografico dove apprende le prime basi di fotografia.

Grazie a questa esperienza si appassiona al mondo della fotografia, e lo zio dedica molto tempo ad insegnarle l’utilizzo della macchina fotografica per esprimere le emozioni e immortalare situazioni che sappiano raccontare la varia umanità. Tuttavia, la loro vita cambia quando il padre Giuseppe nel 1907 decide di trasferirsi a San Francisco dove è presente una vasta comunità di Italiani, Tina segue il padre due anni dopo e nel 1918 si sposa con Roubaix de L’Abrie Richey pittore dell’epoca molto famoso.

A San Francisco inizia la sua carriera nel cinema, tuttavia avrà vita breve perché non riesce ad accettare come viene venduto e presentato il suo corpo, visto come un semplice oggetto e mai apprezzato per quello che è, tramite suo marito conosce il pittore Edward Weston trasformando il suo rapporto da professionale ad amanti, tuttavia nel 1921 i due amanti verranno scoperti e il marito per il grande dolore si trasferisce in Città del Messico, Tina lo raggiungerà ma viene a sapere che l’uomo è morto due giorni prima a causa del vaiolo. Dopo due anni tuttavia ritornerà in Messico con l’amante.

Ed è proprio qui che lascia un segno: in quegli anni il Messico si trova in una fase post rivoluzionaria dove si incrociano le vite di artisti e politici che provengono da tutto il mondo. Qui lei sarà al centro della vita politica e subito la coppia trova lavoro da persone di grande importanza nell’ambito del cinema. Tina inizia il suo lavoro come assistente di camera e di studio del compagno nel quale in poco tempo mette in mostra le sue doti.

Provenendo da una famiglia di stampo comunista e credendo negli ideali del Partito Comunista, Tina nelle sue fotografie ritrae sempre la classe operaia, il lavoro delle persone, gli operai e i contadini, ed è proprio nel 1929 riesce a fare una delle sue prime mostre che verrà definita come la prima raccolta di opere rivoluzionarie in Messico. Sempre nel partito comunista conosce Vittorio Vidali che successivamente diviene il suo amante. Nonostante ciò, a cause delle sue attività politiche in Messico viene espulsa provocando anche la fine della sua carriera artistica.

Si trasferisce per un breve periodo in Spagna e in Russia dove si unisce alla polizia sovietica viaggiando per tutta Europa. Muore nel 1942 a Città del Messico in circostanze misteriose, secondo alcuni è stata assassinata su commissione del suo amante Vidali perché poteva sapere troppo delle sue attività in Spagna durante la guerra civile, ma la versione ufficiale è quella che è stata colpita da un infarto mentre tornava a casa.

Manos con pala.

Tina è stata figura di grande spicco per l’arte perché la sua fotografia ha rappresentato un forte impegno politico e sociale promuovendo la classe operaia e la vita quotidiana di tutte le persone comuni, sviluppando uno stile fotografico distintivo caratterizzato da un occhio attento e da una profonda sensibilità. Tra i suoi famosi scatti dove la donna raccontava la natura umana abbiamo Manos con pala, Manos con Titeres e Juchitecas che rappresentano scatti di una donna che voleva fissare la sua storia su una pellicola. Quando veniva definita dai più un’artista lei stessa affermava: “Ogni volta che si usano le parole arte o artista in relazione ai miei lavori fotografici, avverto una sensazione  sgradevole dovuta senza dubbio al cattivo impiego che si fa di tali termini. Mi considero una fotografa, e niente altro”.

Biagio Zago

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