Oggi riprendiamo con vivo piacere la nostra rubrica sugli Italiani nel mondo trattando l’importante figura dell’architetta e designer italiana naturalizzata brasiliana Lina Bo Bardi che ha fortemente influenzato l’arte e la cultura carioca del Novecento. La Bardi, nata Achillina Bo a Roma nel 1914 , studiò Architettura nella sua città, collaborando dopo la laurea con il famoso architetto dell’epoca Gio Ponti che la volle nel suo studio di Milano. Dopo la seconda guerra mondiale e con il suo studio distrutto fondò con Bruno Zevi la rivista “A – Cultura della Vita”. Successivamente come membro del Partito Comunista incontrò lo storico e critico Pietro Maria Bardi con cui si trasferì in Brasile. A Rio de Janeiro iniziò ad immergersi nella cultura autoctona apprezzando la diversità del Paese e cercando di fondere elementi modernisti con la radice culturale del luogo; processo che poi si concluse con un nuovo capitolo a Sao Paulo. Qui si dedicò con passione allo studio approfondito della cultura del posto da un punto di vista antropologico con particolare attenzione all’arte e alle tradizioni e ciò la portò ad avere un atteggiamento sempre più eclettico e interculturale. Nel 1951 iniziò a progettare la sua casa a Sao Paulo denominata in seguito “The Glass House” e che oggi costituisce una delle opere paradigmatiche dell’arte razionalista in Brasile. Inoltre tra le sue opere più famose ricordiamo il Museu de Arte a Sao Paulo – MASP dove creò una struttura sospesa divenuta poi iconica.
Visse poi nella città di Salvador dove continuò il suo eccellente lavoro con la restaurazione del Solar do Unhao, the Chame Chame House, the Secs Pompeia e il Teatro Oficina. A Sao Paulo ritornò nel 1990 per occuparsi della sede del Municipio e l’anno successivo propose un progetto per il padiglione del Brasile all’Expo di Siviglia. Era chiamato Grande Cassa e consisteva in un solido sospeso e chiuso, dotato di aria condizionata e illuminazione, attrezzato con auditorium, teatro, bar e spazi per le esposizioni multimediali e rivestito con marmo bianco brasiliano. Morì proprio nell’anno dell’Expo e ciò che rimane di lei è senza dubbio l’innegabile e significativa influenza che ha avuto sulle cultura e architettura del Paese che l’ha ospitata e da lei tanto amato ed apprezzato.
Biagio Zago