Quando giovedì pomeriggio sono arrivate le prime notizie pensavo fossero sciocchezze. Un’inutile perdita di tempo perché la Regina non può morire .Non è nel suo stile cedere ad un simile esibizionismo. I comunicati dei medici prima e la precipitosa visita della famiglia a Balmoral hanno confermato le previsioni più cupe.
Dai tempi della morte del principe Filippo, la Regina era parsa sempre più magra e debole, ma questo impressionava relativamente perché la forza di Elisabetta non era nell’ apparenza. Il lutto ,che ha colpito il Regno Unito e il Commonwealth, ha segnato tutti anche il nostro Paese.
Noi italiani, nonostante le tonnellate di razionalismo materialista che ci hanno costretto a ingerire , abbiamo ancora un richiamo atavico per la monarchia che istintivamente associamo alle fiabe e agli eroi; e tale è il mito, oltre cronaca e storia, di Elisabetta II, la grande Regina.
Quando è nata nel 1926, l’Inghilterra e il Regno Unito erano un impero sparso su sette mari e in cinque continenti. .
La piccola principessa, nipote del Re Imperatore e figlia del principe cadetto, non era destinata a divenire Regina di quel fantastico mondo in cui vivevano insieme Conan Doyle, Mackinder, Keynes, Agatha Christie e Kipling, l’autore di If.
L’epoca vittoriana era finita. Dall’inizio del secolo l’impero aveva trovato rivali temibili, conclusa la grande guerra, era iniziata una dorata ma sempre più celere decadenza.
La principessa non ancora adolescente vide suo padre, afflitto da diversi problemi di salute, assumere il trono in seguito all’abdicazione dello zio Edoardo VIII, che aveva preferito ai doveri la sua vita personale.
Il sacrificio del suo genitore, Re Giorgio VI, la segnerà sempre.
Monarca quando pontefice era Pio XII e in Russia Stalin usurpa il trono degli zar, Elisabetta fu la sorridente speranza di un regno in bianco e nero che ancora viveva i razionamenti dovuti alla Seconda guerra mondiale.
Il popolo e il mondo l’accolgono con affetto protettivo. Lo stesso Winston Churchill, il suo primo ministro, la considera una “nipotina”. Elisabetta però con la stessa forza con cui una goccia d’acqua perfora una roccia, solca gli anni e incide sul tempo.
Decennio dopo decennio Elisabetta è stata l’impeccabile capo di stato di una monarchia parlamentare e il leader del nuovo Commonwealth delle nazioni. Ferma riferimento contro ogni razzismo, fu il simbolo con cui ricostruire dopo Suez, gli attentati terroristici e il declino economico.
Lei è lì, mentre scorrono come in un lungo film che comincia a divenire a colori le immagini dei i governi laburisti di Wilson, la Swinging London, le corse di cavalli e i tornei di Wimbledon. La ricordiamo matura signora ai mondiali del 66 e anziana alle Olimpiadi del 2012 o mentre concede il titolo di baronetto ai Beatles e a mr Bean. Rimane in scena anche quando si chiude il sipario sulla coetanea lady Thatcher e i turbolenti anni 80 della rinascita inglese si ingentiliscono con Blair. Le Falkland, la new economy, la Brexit non la scalfiscono. Inossidabile supera i 90 anni, guida la macchina e beve quattro drink giornalieri. Mai appariscente, sempre concreta nel gestire la grande parabola britannica che va dalla fine dell’impero alla globalizzazione, la Regina è stata la forza segreta dietro ogni cosa.
Duttile per tradizione, Elisabetta, aiutata dall’amore della sua vita il principe Filippo, ha capito la modernità assecondandola con senso della misura e lasciando un Regno per tanti aspetti all’avanguardia.
E’ lei che non governa, ma suggerisce, ispira ed entro certi limiti corregge. Appartenente all’antica e solida Inghilterra anglicana, vede la spiritualità di cui era custode trasformarsi radicalmente. Fronteggia i drammi famigliari che sono in parte riflesso della trasformazione del suo popolo.
Elisabetta è sopravvissuta al mutamento giudicandolo ineluttabile, ma proprio per questo con gli anni ha giganteggiato sempre più . La fede di cui parlava nei suoi messaggi le dava sostegno e conforto. La sua educazione all’antica, ma inclusiva, l’ha resa un punto di riferimento morale di fronte ad una società divenuta sempre più veloce e complessa. Ha raccolto lo scettro quando da quindici decenni il mondo era stato educato in maniera diretta o indiretta dalla civiltà britannica, borghese e marziale, che ordinava più con la sua “logica” che con la forza.
Nonostante l’epoca dorata della sua infanzia e l’eroismo della gioventù , il suo lungo regno non è stato simile a quello di Vittoria Imperatrice delle Indie, ma più vicino alle frasi di Kipling che invitano a ” ricostruire con strumenti logori dopo aver visto le cose per cui hai dato la vita distrutte” e se “perdi a ricominciare di nuovo senza fare una parola della perdita”; proprio per questo lascia una grande eredità.
Un ricordo recente la riassume: è il 5 aprile 2020, incombe l’ “apocalisse Covid”, la speranza sembra sparita. Elisabetta a 94 anni parla alla nazione e al mondo e, dopo aver invitato il suo popolo ad essere risoluto e unito, assicura: “uniremo scienza e compassione”, avremo “successo ed esso apparterrà a tutti voi”.
L’anziana monarca ha qualcosa ancora della piccola principessa del grande impero, della giovane erede che si affaccia dal balcone del palazzo Reale con la famiglia mentre Churchill annuncia che la guerra in Europa è finita ed Hitler è stato sconfitto.
E’ il regno dei liberi, che ha rifiutato anche nella tempesta i fanatismi sanitari, quello che ricomincia come in un solenne passato a parlare e a riaccendere forza e fiducia.
Il grande film della sua vita sta per chiudersi ma Elisabetta fa ancora in tempo, ormai stanchissima, a festeggiare i suoi 70 anni di regno. Ringrazia il popolo per l’ affetto e beve tè con l’orso Paddington.
L’ultima foto che abbiamo è quella in cui conferisce mandato alla nuova premier. Le mani sono livide, segno della flebo e della malattia. Ha voluto morire lavorando, così come ha regnato.
Gli agiografi dicono che il suo trapasso, circondata dai familiari, sia stato sereno e che in coincidenza della sua dipartita due arcobaleni siano comparsi sopra la folla radunata di fronte al Palazzo Reale. Non possiamo garantire che ciò sia vero ma ci sentiamo di affermare che congedandosi dalla vita ,si è consegnata alla Storia una delle più fiere figure che la civiltà cristiana e britannica hanno donato all’umanità.
In tempi di crisi non siamo certi anche che l’Occidente sopravvivrà, ma se ciò dovesse avvenire non sarà per la cancel culture, il buonismo, i generi fluidi e il politicamente corretto ma seguendo il ricordo di epoche dure e magnifiche come quella vissuta da Kipling, Churchill e Elisabetta II, la Grande.
Grazie Maestà, il Signore ti benedica.