I veri amici sono quelli che condividono tanto la buona, quanto la cattiva sorte.
Affrontano insieme le incognite della esistenza, confidando uno nella presenza dell’altro.
Si crea così un rapporto di fiducia unico, una sorta di simbiosi, che non trova paragoni o similitudini neppure nei rapporti coniugali o parentali.
Unus amicorum animus diceva Aristotele, a significare che gli amici condividono una sola anima. Cicerone riteneva che Amicus magis necessarius quam ignis et aqua est (un amico è più necessario del fuoco e dell’acqua) ed ancora Multos modios salis simul edendos esse, it amicitiae munus expletum sit (bisogna mangiare insieme molti Moggi di sale perché il dovere dell’amicizia sia compiuto), ad attestare che è la condivisione dell’esistenza a definire l’amicizia.
Quella dell’amicizia è la realizzazione piena della necessità di vivere in relazione con altri esseri, di riuscire a proiettare una parte di se stessi su qualcun altro riconoscendosi in questa proiezione, affidando all’amico la partecipazione alla parte più intima dell’anima.
Nella grande varietà ed originalità dello svolgersi dell’esistenza, l’essere umano ha potuto beneficiare, da sempre, dell’amicizia delle creature che con esso condividono la vita su questo pianeta, alcune delle quali si sono manifestate i veri e migliori amici dell’uomo.
Gli amici che restano
Parliamo dei nostri amici diversamente umani, che condividono con noi quotidianamente le gioie ed i dolori della vita, spesso partecipando ai nostri stati emotivi, e molte volte alle nostre attività.
Generalmente cani e gatti, ma anche pappagalli, papere, cavalli, asini, e persino rettili ed anfibi, che non cessano di alimentare il nostro stupore per il loro grado di sensibilità e la straordinaria capacità di interagire con noi, aiutandoci ad affrontare le situazioni più difficili, ed accompagnandoci in tutti i momenti, soprattutto i più bui, con la loro luce di assoluta dedizione, fedeltà e riconoscenza.
Ognuno di noi ha vissuto uniche e straordinarie storie di amicizia con animali, che potrebbero riempire interminabili volumi di racconti di vita vissuta.
In virtù di questi speciali rapporti e legami, in realtà, i nostri amici non umani si umanizzano a tutti gli effetti, e diventano parte integrante del nucleo familiare ed affettivo in cui è inserita la nostra vita.
Per queste e molte altre motivazioni, molti di noi, con spirito di grande affetto e riconoscenza, sentono la necessità non soltanto di curare e proteggere i loro amici animali nel corso della vita, ma di rendere omaggio al ruolo assunto nel corso della loro esistenza ovvero, nel caso in cui siano destinati a sopravviverci, a tutelarne la sussistenza ed il benessere dopo il doloroso distacco.
Un gran numero di persone avrebbe fatto l’amara esperienza della solitudine e dell’isolamento, se non fosse stato per la provvidenziale presenza di un amico animale, disposto a sacrificare la propria libertà ed a condividere con loro il tempo e lo spazio della propria esistenza.
Di quale considerazione godono, quindi, i nostri amici animali nell’ordinamento giuridico?
Gli animali e la loro qualificazione nell’ordinamento giuridico
La risposta è complessa e il tema merita approfondimenti.
Occorre, preliminarmente, individuare quale collocazione occupano i nostri amici animali nell’ordinamento giuridico, ovvero se godono della stessa stima e dello stesso credito che noi generalmente gli attribuiamo nella scala dei nostri valori esistenziali ed affettivi.
Per i principi del nostro ordinamento costituzionale e civile, gli animali sono di fatto equiparati ai beni mobili.
Non abbiamo una definizione diretta dell’individualità giuridica degli animali.
L’art. 812 del codice civile nel comma 3 definisce “beni mobili” tutti gli altri beni, ovvero tutti i beni che non possono considerarsi ricompresi nei beni immobili, la cui natura è indicativamente descritta nei primi due commi dello stesso articolo.
La distinzione è una distinzione di categoria, che comporta l’applicazione di norme diverse e di una diversa disciplina giuridica, come rappresentato nei successivi articoli 813, 815 e seguenti dello stesso codice civile. Il successivo articolo 820 comma 1 formula la individuazione dei frutti naturali, distinguendoli dai frutti civili descritti nel comma 3. Tra i frutti naturali viene inserito il prodotto del parto degli animali. Il comma 2 dello stesso articolo indica che “Finché non avviene la separazione, I frutti formano parte della cosa. Si può tuttavia disporre di essi come di cosa mobile futura”.
Dall’esame dell’art. 820 c.c. emerge, con evidenza, che l’animale è considerato dall’ordinamento una “cosa”, ed assoggettato alla disciplina dei beni mobili che hanno la capacità di produrre frutti naturali.
I successivi articoli da 923 a 932 del codice civile descrivono i modi di acquisto per “occupazione” delle cose mobili, tra le quali vengono indicati espressamente gli sciami d’api, gli animali mansuefatti, i colombi i conigli ed i pesci.
Dalle norme sopra indicate, possiamo dedurre che gli animali nel nostro ordinamento non hanno la capacità giuridica, descritta nell’art. 1 del codice civile, e non possono, pertanto, essere autonomi titolari di diritti o di obblighi giuridici. Il riferimento alla Costituzione per la capacità giuridica è l’art. 22, per il quale nessuno può essere privato della capacità giuridica, indicando con “nessuno” (come per il termine “tutti”) genericamente gli individui umani che acquistano con la nascita la capacità giuridica.
Non avendo la capacità giuridica, i nostri amici animali non possono essere diretti destinatari di diritti e/o di obblighi.
Possono essere destinatari solo in forma indiretta e mediata di diritti e obblighi, nella misura in cui si possa costituire un diritto o un obbligo, a loro destinato, in un soggetto dotato di personalità giuridica.
Non possono, quindi, essere parte diretta di obbligazioni contrattuali, di donazioni e/o di compravendite, potendone costituire soltanto l’oggetto in qualità di “beni mobili” come sopra indicato o potendo disporre dei loro “frutti naturali” sempre come oggetto dei rapporti giuridici.
Anche le specifiche prestazioni di alcuni animali possono formare oggetto di rapporti giuridici, la cui natura trova limiti soltanto nella contrarietà a norme imperative, di ordine pubblico ed alla normativa penale.
Neppure in sede di trapasso, un volenteroso benefattore potrebbe rendere un proprio amico animale beneficiario diretto nelle proprie ultime volontà.
Soltanto in via indiretta e mediata; sia esso una persona fisica, sia esso un ente, sia un’associazione, i nostri amici animali potranno beneficiare di un lascito testamentario o di una disposizione in loro favore soltanto costituendo un onere (art. 647 c.c.) a carico di chi sia indicato beneficiario della disposizione testamentaria. L’art. 648 c.c. attribuisce a qualsiasi interessato la facoltà di agire anche davanti all’autorità giudiziaria per l’adempimento dell’onere.
La tutela giuridica degli animali
Pur non essendo stata modificata la disciplina civilistica, tuttavia nel corso del tempo si è manifestata una presa di coscienza, dapprima in sede internazionale, recepita poi in sede nazionale, circa la necessità del riconoscimento di diritti propri agli animali, sia pur sempre non come soggetti titolari autonomi di diritti e obblighi giuridici, ma come bene oggetto e destinatario di tutela giuridica.
Nel 1978 la L.I.D.A. fu tra le molte associazioni europee ed internazionali a presentare e sottoscrivere una “Dichiarazione Universale dei Diritti degli Animali”; il documento non ha valore giuridico vincolante, ma propone un codice etico di indirizzo per il comportamento nei confronti degli animali e dell’ambiente.
Successivamente, la legge quadro n. 281 del 14 agosto 1991 per la lotta al randagismo ha introdotto il principio del diritto alla vita ed alla tutela degli animali randagi, limitandone la soppressione ai casi di pericolosità e di manifestazione di malattie gravi ed incurabili.
La legge n. 189 del 20 luglio 2004, come vedremo in seguito, ha introdotto nuove fattispecie di reato connesse ai maltrattamenti ed alle uccisioni degli animali.
Successivamente, con la legge n. 283 del 3 dicembre 2010 l’Italia ha ratificato la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987 per effetto della quale è stato sanzionato sanzionato il traffico illecito degli animali da compagnia, ed è stato disciplinata la cura e la custodia degli animali oggetto di traffico illecito.
A fronte della sopra indicata disciplina “civilistica”, in materia di diritti riconosciuti e riferiti agli animali, ovvero alla disciplina delle cose mobili e delle loro modalità di acquisizione, trasferimento e riconoscimento dei frutti, il nostro ordinamento si esprime con contenuti diversi ed opposti nel codice penale.
La summenzionata legge del 20 luglio 2004 n. 189 ha inserito nel codice penale il Titolo IX-bis, ne quale risultano inseriti i seguenti articoli:
Art. 544-bis. – (Uccisione di animali). – Chiunque, per crudelta’ o
senza necessita’, cagiona la morte di un animale e’ punito con la
reclusione da tre mesi a diciotto mesi.
Art. 544-ter. – (Maltrattamento di animali). – Chiunque, per
crudelta’ o senza necessita’, cagiona una lesione ad un animale
ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a
lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche e’ punito
con la reclusione da tre mesi a un anno o con la multa da 3.000 a
15.000 euro.
La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali
sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che
procurano un danno alla salute degli stessi.
La pena e’ aumentata della meta’ se dai fatti di cui al primo comma
deriva la morte dell’animale.
Art. 544-quater. – (Spettacoli o manifestazioni vietati). – Salvo che
il fatto costituisca piu’ grave reato, chiunque organizza o promuove
spettacoli o manifestazioni che comportino sevizie o strazio per gli
animali e’ punito con la reclusione da quattro mesi a due anni e con
la multa da 3.000 a. 15.000 euro.
La pena e’ aumentata da un terzo alla meta’ se i fatti di cui al
primo comma sono commessi in relazione all’esercizio di scommesse
clandestine o al fine di trarne profitto per se’ od altri ovvero se
ne deriva la morte dell’animale.
Art. 544-quinquies. – (Divieto di combattimenti tra animali). –
Chiunque promuove, organizza o dirige combattimenti o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo
l’integrita’ fisica e’ punito con la reclusione da uno a tre anni e
con la multa da 50.000 a 160.000 euro.
La pena e’ aumentata da un terzo alla meta’:
1) se le predette attivita’ sono compiute in concorso con minorenni o
da persone armate;
2) se le predette attivita’ sono promosse utilizzando
videoriproduzioni o materiale di qualsiasi tipo contenente scene o
immagini dei combattimenti o delle competizioni;
3) se il colpevole cura la ripresa o la registrazione in qualsiasi
forma dei combattimenti o delle competizioni.
Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato, allevando o
addestrando animali li destina sotto qualsiasi forma e anche per il
tramite di terzi alla loro partecipazione ai combattimenti di cui al
primo comma e’ punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con
la multa da 5.000 a 30.000 euro. La stessa pena si applica anche ai
proprietari o ai detentori degli animali impiegati nei combattimenti
e nelle competizioni di cui al primo comma, se consenzienti.
Chiunque, anche se non presente sul luogo del reato, fuori dei casi
di concorso nel medesimo, organizza o effettua scommesse sui
combattimenti e sulle competizioni di cui al primo comma e’ punito
con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a
30.000 euro.
Art. 544-sexies. – (Confisca e pene accessorie). – Nel caso di
condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a
norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per i delitti
previsti dagli articoli 544-ter, 544-quater e 544-quinquies, e’
sempre ordinata la confisca dell’animale, salvo che appartenga a
persona estranea al reato.
E’ altresi’ disposta la sospensione da tre mesi a tre anni
dell’attivita’ di trasporto, di commercio o di allevamento degli
animali se la sentenza di condanna o di applicazione della pena su
richiesta e’ pronunciata nei confronti di chi svolge le predette
attivita’. In caso di recidiva e’ disposta l’interdizione
dall’esercizio delle attivita’ medesime”.
All’articolo 638, primo comma, del codice penale, dopo le parole:
“e’ punito” sono inserite le seguenti: “, salvo che il fatto
costituisca più grave reato”. L’articolo 727 del codice penale e’ sostituito dal seguente:
“Art. 727. – (Abbandono di animali). – Chiunque abbandona animali
domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattivita’ e’
punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a
10.000 euro.
Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni
incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze.
Se quindi è da un lato vero che per il codice civile gli animali sono beni mobili, è altresì vero che nella disciplina penalistica viene introdotta una loro specifica tutela, non soltanto in riferimento alla lesione del bene patrimoniale di un soggetto giuridico (proprietario o possessore), ma nella lesione di diritti “propri” dell’animale destinatario del comportamento criminale.
Infatti nell’art. 544 ter viene introdotto il concetto di “maltrattamento” sugli animali, derivante da comportamenti che causano lesioni o comportano sevizie sugli stessi, ovvero il sottoporli a lavori o fatiche etologicamente incompatibili con le caratteristiche degli stessi.
Nel secondo comma dello stesso articolo viene introdotta una primordiale tutela alla salute degli animali, vietando i comportamenti che ne possano cagionare un danno alla salute stessa.
L’art. 544 quinquies del codice penale tutela l’integrità fisica degli animali, sotto il profilo della punizione delle attività che possano metterla a rischio.
Tale tutela è integrata negli articoli 638 c.p. e nel modificato art. 727 del codice penale che punisce chi detiene gli animali in condizioni “incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze”.
La spinta evolutiva nel riconoscimento dei diritti degli animali
Dalla disciplina penale, e dalle norme sopra evidenziate, si percepisce chiaramente l’esistenza di una forma di “apertura” dell’ordinamento al riconoscimento di diritti degli animali intesi come entità giuridiche autonome meritevoli di tutela.
Appare addirittura di grande anticipazione sui tempi, l’aver introdotto concetti quali quello della “sofferenza” o quello della “compatibilità etologica” che rendono evidente lo sforzo di sensibilità compiuto dal legislatore penale, e che esprime l’interesse diretto dello Stato a rendere penalmente rilevanti i comportamenti antigiuridici che possano compromettere i suddetti valori.
Ne risulta che la spinta dell’ordinamento è volta ad innalzare la considerazione giuridica degli animali, prendendo atto in sede penale che non ci troviamo più soltanto in presenza di “beni mobili” o di “cose” che formano oggetto di rapporti giuridici, ma di esseri senzienti, destinatari essi stessi di diritti e meritevoli di protezione non soltanto nella qualità di oggetti di rapporti giuridici, ma in qualità di soggetti cui le norme possono far autonomo riferimento.
Il limite della questione è che attualmente, purtroppo, i valori espressi e riconosciuti in sede penale, non trovano eguale e paritario riconoscimento in sede civile e soprattutto in sede Costituzionale, sia pure considerando la disciplina europea recepita per alcuni aspetti relativi al traffico degli animali da compagnia.
L’apertura operata dal diritto penale al pieno riconoscimento dei diritti degli animali, non potrà concretizzarsi in ulteriori norme specifiche, (da inserire anche in sede di codice civile e da coordinare nell’applicazione di principi generali e costituzionalmente garantiti), se non sarà introdotto -proprio in riferimento agli animali- nel contesto della Carta Costituzionale e dei diritti costituzionalmente garantiti, un concetto di capacità giuridica attenuata, una capacità minore, esercitata per il tramite di persona fisica o persona giuridica, che non li renderebbe certamente partecipi della vita politica ed istituzionale dello Stato (non sarà senatore un cavallo, come si era ripromesso Caligola con il suo Incitatus), ma li renderebbe certamente destinatari diretti di diritti ed obblighi connessi alla tutela di alcuni valori fondamentali, quali quelli della integrità psico-fisica, della rispetto della loro dignità sotto il profilo etologico, dei requisiti di compatibilità ambientale e dei requisiti di comportamento per la loro sistemazione e permanenza, ed infine l’introduzione del concetto di sofferenza, legato alla loro inclinazione e predisposizione naturale, riconoscendogli un’autonoma sensibilità fisica ed emotiva.
Occorrerà introdurre maggiori tutele, anche in riferimento alla diversa sensibilità che oggi si richiede nell’affrontare i temi dell’ambiente e della relazione dell’uomo con esso, genericamente espressa nel concetto di ecocompatibilità.
La visione europea
Nell’ambito europeo, la Svizzera è stato il primo Paese a riconoscere nella propria Costituzione il diritto degli animali. L’art. 80 della Costituzione Svizzera prevede testualmente:
Art. 80 Protezione degli animali
La Confederazione emana prescrizioni sulla protezione degli animali.
Disciplina in particolare:
La detenzione e la cura di animali;
Gli esperimenti e gli interventi su animali vivi;
L’utilizzazione di animali;
L’importazione di animali e di prodotti animali;
Il commercio ed il trasporto di animali;
L’uccisione di animali.
L’esecuzione delle prescrizioni compete ai Cantoni, per quanto la legge non riservi alla Confederazione.
Nel 2002 la Germania ha riconosciuto, primo Paese dell’Unione Europea, non soltanto il diritto degli animali, ma anche la loro soggettività giuridica.
L’art. 20a della Grundgesetz (Costituzione federale tedesca) intitolato “Protezione dei fondamenti naturali della vita e degli animali” prevede: Lo Stato tutela, assumendo con ciò la propria responsabilità nei confronti delle generazioni future, i fondamenti naturali della vita e gli animali mediante l’esercizio del potere legislativo, nel quadro dell’ordinamento costituzionale, e dei poteri esecutivo e giudiziario, in conformità alla legge ed al diritto.
Si tratta di una norma programmatica, che non ha le caratteristiche per un’applicazione diretta, ma costituisce un’indicazione per il potere legislativo, nonché per l’esecutivo e il giudiziario, circa gli obiettivi istituzionali da perseguire in materia.
La norma programmatica consentirà ai poteri dello Stato di tradurre in normativa ordinaria ed amministrativa i principi espressi nella Costituzione, definendo il perimetro entro il quale realizzare gli obiettivi espressi nei principi enunciati.
Altri Paesi europei, successivamente a Svizzera e Germania, riconoscono i diritti degli animali nella loro Carta Costituzionale: si possono citare la Slovenia, l’Austria e il Lussemburgo, ed anche il Portogallo seppure in forma indiretta.
Conclusioni
La strada verso il riconoscimento dei diritti dei nostri amici sembra ormai tracciata, e ci auguriamo che il nostro Legislatore, da sempre molto sensibile ai temi di forte impatto etico, sociale ed ambientale, ma in questo caso anche come riconoscimento di principi di diritto naturale, riesca velocemente a recepire già in sede Costituzionale una disciplina normativa che possa essere di riferimento anche per tutti gli altri Paesi, europei e non.
Rapportarsi allo scodinzolante Fido o al miagolante Fuffi come se fossero dei beni mobili, al pari di una bicicletta da passeggio, di un pendolo da muro o di un servizio di piatti di Limoges, appare non soltanto anacronistico, ma altamente offensivo per il ruolo rivestito dai nostri amici nella nostra vita affettiva, familiare e sociale.
Riconoscere alcuni diritti fondamentali ai nostri amici animali, renderebbe sostanziale giustizia, anche per meglio esprimere quella riconoscenza loro dovuta; primi loro a mostrare gratitudine e fedeltà oltre ogni ragionevole dubbio.
A fronte di tanta umana ingratitudine, perennemente, sommamente ed universalmente rappresentata nei vangeli con la narrazione della vita-missione di Gesù Cristo, venuto in questo mondo per salvare l’umanità dai suoi peccati e per questo ringraziato con la crocifissione, chissà quante persone, afflitte dall’ingratitudine parentale, decideranno di salutare il mondo terreno accomiatandosi con giustificato sdegno verso i consanguinei, ed imperitura riconoscenza verso gli amici, affidando la loro volontà olografica ad un laconico “lascio tutto al gatto”!