Home Rubrica LA STELE DI ROSETTA LE IDENTITA’ SVELATE DEI FARAONI SENZA NOME: L’EGYPTIAN MUMMY PROJECT.

LE IDENTITA’ SVELATE DEI FARAONI SENZA NOME: L’EGYPTIAN MUMMY PROJECT.

AVVIATO NEL 2005 DAL FAMOSO EGITTOLOGO ZAHI HAWASS, IL PROGETTO HA DETERMINATO L’IDENTITA’ DELLE MUMMIE DELLA VALLE DEI RE, GIUNGENDO, IN ALCUNI CASI, A RISULTATI SORPRENDENTI.

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Il Dottor Zahi Hawass, ex Segretario generale del Consiglio Supremo delle Antichità egizie.

“E’ fuori di dubbio che il ritrovamento di una mummia costituisca per qualsiasi archeologo uno degli obiettivi più emozionanti e agognati. Ma l’interesse non si limita alle mummie che ancora si trovano sotto terra. Quelle che sono già state riesumate possono essere studiate in maniera più approfondita grazie alle tecniche avanzate di cui disponiamo oggi. È questo l’obiettivo dell’Egyptian Mummy Project…”: così ha affermato in una recente intervista Zahi Hawass, il celebre egittologo, già Segretario generale del Consiglio Supremo delle Antichità Egizie, nominato nel 2011 Ministro delle Antichità. Noto in Italia al grande pubblico grazie alle sue apparizioni in programmi di successo come Super Quark, Voyager e Freedom-Oltre il confine, e per il suo inconfondibile look che include l’immancabile camicia jeans blu e il cappello alla Indiana Jones, Hawass è soprannominato “l’ultimo faraone” per la sua gestione energica e in alcuni casi autocratica delle antichità egiziane, cosa per la quale a volte è stato oggetto di qualche critica. Tuttavia, Hawass è stato lodato per aver rivendicato l’egittologia (per decenni appannaggio degli occidentali) per il popolo egiziano. Il suo impegno e i suoi sforzi hanno suscitato un sentimento di orgoglio nazionale e hanno contribuito ad incrementare il turismo. Inoltre, il progetto da egli avviato nel 2005 ha permesso, tramite lo studio del DNA, di ricostruire le relazioni di parentela tra Tutankhamon e le altre mummie del Nuovo Regno che non avevano ancora un nome.

TABELLA DEI CONTENUTI:

DA DOVE NASCE LA NECESSITA’ DELL’EGYPTIAN MUMMY PROJECT

All’epoca del Nuovo Regno i faraoni venivano sepolti nelle tombe della Valle dei Re, una necropoli situata di fronte a Tebe, sul lato occidentale del Nilo, nascosta tra le montagne e sorvegliata per evitare furti. Sfortunatamente, le tombe venivano saccheggiate (complici gli stessi sorveglianti…) quasi subito dopo l’inumazione del defunto e depredate degli inestimabili oggetti di valore in esse contenute. In tali illecite operazioni, i predoni non si facevano scrupoli a distruggere le mummie pur di impossessarsi delle gemme e degli ori nascosti tra le bende.

Luxor, la Valle dei Re.

Da qui la necessità di trasferire, ad opera dei sacerdoti della XXI e XXII dinastia, le mummie dalle tombe originarie a quelle vicine, occultandole all’interno di nascondigli che potevano arrivare ad ospitarne svariate decine. Tale operazione di salvataggio ha sì permesso di preservare i corpi dei sovrani ma, privandoli del contesto originale, ne ha anche reso problematica la loro identificazione.

Il primo nascondiglio si trovava a Deir el-Bahari e fu scoperto nel 1871 dalla famiglia Abdel Rassul, che per un certo periodo si dedicò al traffico dei manufatti rinvenuti all’interno del sito, finché non intervenne nel 1881 il direttore generale del Dipartimento delle antichità egizie, Gaston Maspero, che avvertì la polizia.

Il secondo nascondiglio reale fu trovato nel 1898 dall’archeologo francese Victor Loret, all’interno della tomba di Amenofi II (KV35) nella Valle dei Re. Oltre alla mummia del faraone, individuata nel suo stesso sepolcro (caso unico oltre a quello di Tutankhamon), furono scoperte altre mummie nelle camere adiacenti.
Tutte le mummie ritrovate furono esposte al Museo Egizio del Cairo.
L’Egyptian Mummy Project (EMP) ha esaminato 25 delle più famose mummie reali del Nuovo Regno (XVI-XI secolo a.C.).

INDAGINI HI-TECH

Elaborando uno studio precedente di James E. Harris e Kent R. Weeks nel 1973, l’impresa ha utilizzato le più recenti tecniche di immagini mediche per consentire l’attenta valutazione dei fragili corpi antichi, fornendo dettagli fino ad ora sconosciuti sulle condizioni di vita dei membri dell’antica élite egizia, in particolare sulle malattie di cui soffrivano e che potrebbero averne causato la morte. Ma ha fornito anche informazioni sul tentativo di golpe e assassinio di Ramses III fino al trattamento brutale della mummia di Tutankhamon da parte dei suoi scopritori.

In passato le mummie venivano sbendate per esaminarne i corpi. Al giorno d’oggi questa pratica, invasiva, dannosa e irrispettosa nei confronti dei defunti è stata abbandonata. Ora i corpi vengono scansionati ed analizzati senza la necessità di sbendarli, al fine di mantenere integri il corpo e la dignità del defunto.

E proprio i progressi nella scansione della tomografia computerizzata (TC) hanno consentito un’analisi senza precedenti delle mummie reali. Il procedimento funziona così: una volta che la mummia viene scansionata, centinaia di sezioni sottili producono un’immagine completa del corpo in tre dimensioni e con dettagli incredibili. Nello specifico, la nuova tecnica ha sfruttato la recente innovazione della tomografia computerizzata multi-detector, in cui le superfici sono rese con eccezionale precisione. Inoltre, la Multiplanar Reconstruction è stata in grado di misurare la densità all’interno dei corpi per determinare la natura dei materiali di imbalsamazione e dei manufatti all’interno dell’involucro. La tecnologia della scansione TC ha consentito quindi ricostruzioni tridimensionali del corpo, della sua struttura interna e persino ricostruzioni facciali.

Grazie a questa tecnica, gli scienziati sono riusciti a fornire nuovi dettagli su ciascuna mummia, inclusa la probabile causa del decesso e a quale età esso avvenne. Inoltre, i ricercatori hanno potuto valutare teorie particolarmente controverse sull’identificazione delle mummie senza nome, unendo la nuova tecnologia con altri metodi scientifici. Di seguito, vedremo alcuni esempi delle più famose e suggestive identificazioni.

IL DENTE DI HATSHEPSUT

Molto prima di Cleopatra, fu Hatshepsut a regnare sull’Egitto, ma in un’epoca in cui alle donne non era consentito farlo. Assunto il potere come reggente per conto del figliastro Thutmose III, ancora fanciullo, regnò come sovrana effettiva per circa ventidue anni, adottando paramenti e insegne tipiche di un faraone. La tomba KV20 che essa fece costruire proprio in qualità di faraone, fu scavata nel 1903 da Howard Carter, che però non trovò alcuna mummia. Carter ipotizzò che il corpo della regina fosse stato rimosso in epoca faraonica e che potesse essere una delle mummie anonime rinvenute nella Valle dei Re. Di fronte alla tomba KV20 si trova una tomba più piccola, la KV60, appartenuta alla balia di Hatshepsut.

La Valle dei Re. Le tombe KV20 e KV60 si trovano dietro il grande circolo roccioso di Deir el-Bahari, ai piedi del quale Hatshepsut fece erigere il suo grande tempio funerario, visibile in primo piano. Fonte: National Geographic.

In essa era conservata una mummia che nel 1989 l’archeologo Donald Ryan depositò in una cassa. Quando Zahi Hawass la aprì, osservò che si trattava di una donna obesa con il braccio destro sul petto, un gesto tipico della regalità. Trasportata al Museo Egizio, venne sottoposta a scansione. Nello stesso tempo, fu esaminata anche una cassa di legno trovata a Deir el-Bahari su cui era inciso il nome di Hatshepsut. Si trattava di una cassa canopica che conteneva i resti di organi mummificati. Con lo scanner si riuscì a vedere il fegato e parte dello stomaco, ma la sorpresa è arrivata quando si scoprì che nella cassa c’era anche un molare senza la radice. Radiologi e dentisti hanno esaminato i denti di tutte le mummie che erano state analizzate, scoprendo che al corpo della donna obesa della KV60 mancava un molare, di cui conservava però la radice. Il dente della cassa corrispondeva perfettamente: si trattava quindi della mummia di Hatshepsut! La tomografia ha anche rivelato che la sovrana morì intorno ai 55 anni e che soffriva di diabete. Probabilmente, però, la sua morte fu provocata da un cancro.

Mummia di Hatshepsut, finalmente identificata.

I CAPELLI DELLA REGINA TIY

Scoperta nella tomba KV35, la moglie del grande faraone Amenhotep III e madre di Akhenaton è stata identificata sulla base di una ciocca di capelli (descritti come “castani e lucenti”) che Carter aveva trovato nella tomba di Tutankhamon, all’interno di uno scrigno su cui era inciso il nome della sovrana. Confrontati con quelli della mummia, sono risultati identici. Qui sotto, una spettacolare ricostruzione del suo volto.

NEFERTITI RITROVATA?

Sempre nella tomba KV35 fu ritrovata una mummia denominata “Younger Lady”, per distinguerla dall’altra, denominata “Older Lady” (che sarà poi identificata con la regina Tiy). Nel 2003 l’egittologa Joann Fletcher ipotizzò che si trattasse nientemeno che del corpo della famosa Nefertiti, moglie di Akhenaton e probabile madre di Tutankhamon. Il team dell’Egyptian Mummy Project è andato oltre la semplice ipotesi: l’analisi del DNA in effetti supporta la teoria che questa mummia fosse la madre di Tutankhamon. Inoltre, sembra che potrebbe essere anche la figlia di Amenhotep III e della regina Tiy. Il legame genetico con Akhenaton potrebbe essere dovuto al matrimonio tra cugini di primo grado, se non tra fratello e sorella. Dal difetto individuato sulla parte sinistra del volto, risulta che sia morta per le ferite conseguenti ad un violento urto. I ricercatori suggeriscono il forte calcio di un cavallo.

Zahi Hawass esamina il corpo della cosiddetta “Younger Lady”. Sul lato sinistro del volto è visibile la ferita che probabilmente ne provocò la morte. Che sia Nefertiti? Fonte: National Geographic.

UN VOLTO “HOLLYWOODIANO: SETI I

Il volto “hollywoodiano” di Seti I.

Il team dell’EMP ha anche confermato l’identificazione della mummia di Seti I, che regnò dal 1294 al 1279 a.C. Padre di Ramses II, Seti I è celebre per aver completato la sala ipostila di Karnak e per il suo grandioso tempio funerario ad Abido. Il suo più grande traguardo in politica estera fu la conquista della città siriana di Qadesh e del vicino Regno di Amurru, precedentemente parte dell’Impero Ittita. Morì non ancora cinquantenne per cause sconosciute. Fu sepolto nella Tomba KV17 e la sua mummia fu scoperta nel 1881 nel nascondiglio di Deir el-Bahari e identificata grazie al nome inscritto nella bara. Il suo profilo ben conservato è stato utilizzato per disegnare l’aspetto della mummia resuscitata nel film “La Mummia”, del 1999.

RAMSES III E LA “CONGIURA DELL’HAREM”

Un’altra mummia oggetto di studio nell’ambito dell’EMP è stata quella di Ramses III, il secondo faraone della XX dinastia. L’ultimo re guerriero del Nuovo Regno, ricordato per il suo scontro con i Popoli del Mare e per il suo grandioso complesso templare a Medinet Habu, fu bersaglio della cosiddetta Congiura dell’harem verso la fine del suo governo. L’episodio è noto grazie a diversi documenti, tra cui il cosiddetto “Papiro giuridico”, conservato presso il Museo Egizio di Torino. Il testo spiega che i cospiratori avevano pianificato di uccidere il faraone mentre questi si trovava nel suo harem. Il papiro elenca 38 persone coinvolte nella congiura, la maggior parte delle quali fu punita con la morte o costretta al suicidio. L’istigatrice del complotto fu una delle mogli secondarie del re, Tiye, che puntava a favorire l’ascesa al trono del figlio Pentawer al posto del legittimo successore, il futuro Ramses IV. Dal fraseggio e dai vocaboli del testo non è chiaro se il re fosse sopravvissuto al tentato omicidio, visto che in alcuni passi parla in prima persona. Da qui l’indagine dell’EMP.

La mummia di Ramses III con il collo fasciato dagli imbalsamatori per coprire il taglio.

Originariamente sepolta nella tomba KV11, la mummia fu trasferita nel nascondiglio di Deir el-Bahari. La scansione ha permesso di individuare chiari indizi che la gola del faraone era stata tagliata con un coltello affilato che ha reciso i grossi vasi sanguigni. Inoltre, gli imbalsamatori avevano posizionato un amuleto dell’occhio di Horus (oudjat), noto per la sua magia curativa, nel punto esatto del taglio. È ragionevole pensare che così facendo volessero che l’amuleto guarisse magicamente la ferita del re per l’aldilà per permettere alla sua anima di entrare nel regno di Osiride senza segni di mutilazione.

Un ulteriore analisi delle immagini scannerizzate ha mostrato che l’alluce del piede sinistro era stato reciso con uno strumento affilato, forse un’ascia o una spada. La ferita fu inferta poco prima della morte del re, visto che non ci sono segni di guarigione. Da tutto ciò si deduce che Ramses III morì di morte violenta e che i cospiratori raggiunsero pertanto il loro obiettivo.

L’URLO DI PENTAWERE

Il team dell’EMP ha anche scansionato i resti sconcertanti di un giovane, tra i diciotto e i vent’anni, rinvenuto nel nascondiglio di Deir el-Bahari in una bara di cedro. Il suo corpo non è stato mummificato, ma semplicemente essiccato spruzzando alcuni sali di natron e coperto da una pelle di pecora, animale considerato impuro dagli egizi. Entrambi i dati suggeriscono che il cadavere fu sottoposto ad un trattamento degradante, forse perché giudicato un traditore. Usando l’analisi del DNA, che ha permesso di trovare delle somiglianze tra il giovane e la mummia di Ramses III, unita ai dettagli del “Papiro giudiziario”, Zahi Hawass potrebbe aver identificato questo corpo come quello di Pentawere, la cui madre tentò di porlo sul trono al posto del legittimo erede, assassinando Ramses III.

Il rictus della bocca – un’espressione simile ad un urlo causata dalla contrazione dei muscoli facciali – e il fatto che i piedi e le mani fossero legati con una cinghia di lino, suggeriscono che il ragazzo morì in modo violento, vittima di un’esecuzione. Colpisce come il tempo sembri aver preservato il volto urlante di un uomo strangolato.

TUTANKHAMON, UN TRATTAMENTO BRUTALE

Tra le mummie analizzate dall’EMP non poteva mancare quella di Tutankhamon. La TAC ha rivelato che era affetto da brachicefalia (un’anormalità cranica tipica degli infanti, caratterizzata dall’appiattimento posteriore della volta cranica) e presentava diverse fratture ossee, probabilmente causate dopo la morte. Il piede destro piatto mentre quello sinistro era leggermente inclinato verso il basso e verso l’interno, una deformità nota come piede equino. La difficile affluenza di sangue all’arto doveva ostacolare la deambulazione del giovane faraone. Questo spiegherebbe i 130 bastoni presenti tra i suoi oggetti funerari.

L’esame con la TAC di Tutankhamon.

È stato appurato che il foro individuato nella parte posteriore del cranio, non è stato causato da un colpo d’ascia che ne avrebbe causato la morte, ma fu praticato dagli imbalsamatori per introdurre il liquido necessario all’imbalsamazione.

L’indizio più interessante relativo alla morte del faraone è la frattura del femore sinistro. Un esame attento ha portato Zahi Hawass a concludere che la ferita era ancora aperta quando il faraone morì. Ciò suggerisce che fosse dovuta a un incidente avvenuto appena qualche giorno prima della morte del sovrano. Attualmente, il team sta lavorando all’analisi del DNA per determinare se il faraone avesse contratto un’infezione: ciò dimostrerebbe che la sua morte fu una conseguenza dell’incidente, forse avuto luogo durante una battuta di caccia in carro nei pressi di Menfi.

Ma vi sono anche altri particolari tra le scoperte fatte dalle scansioni. In particolare, il brutale e involontario trattamento inflitto ai resti del faraone da Carter e dal suo collaboratore Douglas Berry. La rimozione della mummia dalla sua bara chiaramente non andò molto bene, poiché la resina era fuoriuscita e aveva incollato il corpo alle assi di legno. Durante l’apertura originale nel 1922, la testa fu recisa e il corpo fu fatto letteralmente a pezzi: braccia e gambe furono staccate, le estremità e le articolazioni del corpo furono disarticolate e la colonna vertebrale fu separata dalla parte inferiore nella zona lombare. Va detto, comunque, che i danni subiti dal corpo del faraone non vanno imputati ad un’imperizia di Carter, quanto al fatto che Tutankhamon fu mummificato in modo frettoloso e poco attento. L’archeologo inglese cercò in tutti i modi di limitare i danni, senza riuscirvi. Per provare a sciogliere gli unguenti, la mummia e la bara furono esposti al sole, al calore di forti lampade e direttamente a contatto col fuoco, rischiando quasi di fondere l’oro. Il tentativo finale, con l’uso di coltelli arroventati, causò la frattura del corpo in più parti.
È proprio a causa dell’importante rimaneggiamento dei resti del faraone, nonostante l’avanzamento delle tecniche di indagine, che tutte le ipotesi sulla sua morte vengono costantemente messe in discussione e rimangono attualmente un mistero.

E PER FINIRE, LA PARATA D’ORO DEI FARAONI

Alcune delle mummie identificate grazie all’Egyptian Mummy Project sono state traslate nell’aprile del 2021 dal Museo Egizio del Cairo al nuovo Museo Nazionale della Civiltà Egiziana ad al-Fustat. Si è trattato di un grande evento durante il quale diciotto faraoni e quattro regine (tra cui la ritrovata Hatshepsut) del Nuovo Regno hanno sfilato cerimonialmente su veicoli il cui design richiamava l’aspetto delle barche funerarie egizie, accompagnati da sessanta motocicli e centocinquanta cavalli. Durante la sfilata sono stati cantati testi in lingua egizia provenienti dal Libro dei Morti e dai Testi delle Piramidi. Alle porte nuovo Museo, il Presidente al-Sisi ricevette il convoglio, accolto da ventuno colpi di cannone, sparati dalla Guardia repubblicana egiziana. Il Presidente commentò con comprensibile orgoglio: “Questa scena maestosa è la prova della grandezza del popolo egiziano. I guardiani di questa civiltà unica, che si estende nelle profondità della Storia”. Come dargli torto?

La spettacolare Parata d’oro dei Faraoni. Il Cairo, 3 aprile 2021.

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