Home Editoriale(Old) L’Editoriale di C.Caracci:”Lost Town – Storie di luoghi dimenticati”

L’Editoriale di C.Caracci:”Lost Town – Storie di luoghi dimenticati”

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di Cristina Caracci

IQ. 03/12/2012- Esistono luoghi dimenticati, persi nello spazio e nel tempo. Teatri di favole apocalittiche o semplici rappresentazioni della decadenza della civiltà umana. Luoghi dimenticati ma, non ancora, del tutto scomparsi.

Centralia – “La Silent Hill Americana”

Percorrendo la famosa “Route 61” resa celebre dalle note di Bob Dylan è possibile raggiungere quella che può essere considerata la vera Silent Hill Americana, ossia Centralia. Ed è qui che comincia la nostra storia e finisce quella di Centralia, da una strada interrotta: si perchè la strada che porta a Centralia è interrotta, come interrotta è la storia di questa cittadina della Pennsylvania che oggi non è più presente sulle mappe statunitensi.

Ma andiamo con ordine. Centralia venne fondata nel 1860 e sorse in corrispondenza di un’enorme vena di antracite, una forma rara e preziosa di carbone. Nel 1960 , quando ormai la maggior parte delle compagnie del settore erano fuori dal mercato per mancanza di materie prime, la miniera di Centralia ancora prosperava e la città contava oltre 1100 abitanti. Tutto cambiò nel 1962.

Nella periferia cittadina, dei non specificati addetti di una discarica, pensarono di smaltire i rifiuti urbani in eccesso bruciandoli in un pozzo abbandonato… quando si resero conto che il rogo aveva raggiunto livelli preoccupanti, decisero di spegnerlo mediante l’utilizzo, inappropriato, di idropompe. Il fuoco, apparentemente domato, riprese vigori nei giorni successivi finché non raggiunse la vena di carbone che cominciò a bruciare sottoterra; tutti i tentativi successivi di estinguere l’incendio sotterraneo risultarono vani: dapprima si trivello il terreno nella speranza di contenere il perimetro interessato dalla combustione, successivamente fu immessa acqua nelle valvole di sfiato dei cunicoli delle miniere. Tutto completamente inutile, il carbone continuava a bruciare.

Nei primi anni ’80 i livelli di monossido di carbonio avevano raggiunto livelli nocivi per la salute e si stimò che l’area interessata dalla combustione aveva raggiunto i 200 ettari. Ma fu quando un bambino cadde in una crepa profonda 45 metri apertasi improvvisamente sotto i suoi piedi, che il governo federale statunitense cominciò ad occuparsi del disastro ecologico di Centralia. Fu così che cominciarono gli espropri: i cittadini furono costretti a vendere a prezzi irrisori le loro proprietà allo Stato e a trasferirsi nella vicina città di Ashland.

Oggi quello che rimane di Centralia è uno scenario post-atomico: il fuoco ha sciolto l’asfalto che, accartocciandosi su se stesso, ha creato delle voragini fumanti, la vegetazione, completamente seccata dal calore, è praticamente inesistente e miasmi di gas tossici permeano nell’aria formano un ristagno irrespirabile. Dei 1100 abitanti, nel 2010 se ne contavano solo 7, ultimi irriducibili persuasi a non soccombere al complotto governativo orchestrato per impossessarsi della preziosa vena mineraria di antracite.

Mentre raccontiamo questa storia, il sottosuolo di Centralia continua a bruciare e secondo la stima degli esperti i vecchi cunicoli minerari contengono combustibile per prolungare l’incendio per altri 250 anni…

 

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