Home Rubrica Nicola Sedda: il virtuoso Cantore del caleidoscopio dei sentimenti umani.

Nicola Sedda: il virtuoso Cantore del caleidoscopio dei sentimenti umani.

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Prosegue con importanti riscontri la nostra rubrica dedicata alle Arti declinate in tutte le forme e che oggi ospita con vivo piacere il cantante Nicola Sedda, caro amico di IQ e talentuosissimo Artista di origine sarda conosciuto per la sua voce unica e la sua eccezionale abilità canora e considerato una delle voci più interessanti del panorama musicale internazionale, di cui riportiamo la pregressa intervista a firma di Angela Bernardo pubblicata su Informazione Quotidiana IQ a dicembre 2021 e che ha, tra l’altro, presentato lo scorso anno il suo nuovo album di grande successo dal titolo “The Mind Traveller”.

Nicola Sedda: oltre il mirabolante virtuosismo vocale c’è molto di più : un’anima che si è nutrita e si nutre di Bellezza coniugata con umiltà ed empatia. Parliamo allora di un viaggio intenso iniziato anni fa e che porta a…?

…Porta alla scoperta di se stessi, se così possiamo dire. Ho sempre avuto un approccio molto intimo e profondo verso la musica che scrivo, misuro le note in base all’intensità dei sentimenti che trascinano con loro, peso le parole e le scelgo accuratamente, perché so che nel momento in cui condividi ciò che crei con altre persone, stai condividendo con loro parte del tuo viaggio, che diventa in qualche modo anche il loro, e questa è una responsabilità che non prendo mai alla leggera. E’ un viaggio che porta a non fermarsi mai.

Cosa rende assolutamente unico ed ineguagliabile un Cantore appassionato della vita e del caleidoscopio dei sentimenti umani nel mare magnum odierno di stantii stereotipi e sterili provocazioni? Less is more oppure no?

Assolutamente sì. I brani che preferisco sono quelli in cui la semplicità la fa da padrona. Ho sempre voluto dare libero spazio ai miei brani, lasciandoli sviluppare in maniera naturale. Spesso alterno brevi interludi a brani più lunghi come “The Miracle”, un brano che necessita i suoi dieci minuti di durata per compiere il suo dovere. Ma, tra arrangiamenti complessi e brani più semplici dove accompagno la voce solamente col pianoforte, mi trovo sempre a più agio con gli ultimi, successioni melodiche semplici e dirette, senza fronzoli. Stesso discorso vale per i testi, preferisco parlare di argomenti che sento miei, con parole che tutti possano capire e fare proprie. Brani che parlano di dubbi, paure, fallimenti ma anche di gioia, amore, conquista e realizzazione di se stessi. Il mio nuovo album “The Mind Traveller”, in uscita il prossimo anno, dà libero sfogo allo spettro dei sentimenti comuni a tutti. Alcuni brani saranno dolorosi da ascoltare per coloro che vi si rispecchieranno, altri hanno lo scopo di spronare e motivare positivamente l’ascoltatore.

Quando Lei canta e vibra con l’universo, qual è il “colore” delle Sue emozioni e quale il messaggio che riceve e dà al livello più profondo?

Come Lei ha ben detto in precedenza, la musica spesso è un caleidoscopio di sentimenti, e il colore di ciò che canto dipende sia dal messaggio che il brano vuole trasmettere, ma soprattutto da ciò che sento in quel preciso istante. Spesso, in brani come “Colors” ,“The Mirror”, “Back To The Stars”, il modo migliore sta nel distaccarsi completamente da ciò che ti sta attorno. Sono brani che ho scritto al pianoforte, abbozzando una linea vocale che poi prende vita nel momento in cui li ho registrati. Come “Colors,” appena abbozzata al piano, si è trasformata in qualcosa completamente diverso da ciò che avevo pensato inizialmente. Penso che in questo modo la musica prenda la forma che preferisce, e l’unico modo per far sì che il risultato sia il più naturale possibile sia quello di evitare ogni forzatura, lasciando che le note si susseguano in ordine quasi istintivo. Come cantante penso sia fondamentale studiare ed esercitarsi il più possibile per eliminare questi limiti, studiare finché ogni fraseggio diventa istintivo. Studiare la tecnica vocale, esercitarsi e imparare il più possibile è importantissimo perché quando ne avrai più bisogno sarà il momento in cui dovrai dimenticarti di essa, e in un certo senso, dimenticarti di te stesso.

In quale canzone si rispecchia come in uno specchio d’acqua a tratti limpido e a tratti mosso? Forse in quella canzone che ancora frulla nella mente e chiede con graziosa forza di uscire allo scoperto ed ipnotizzare l’ascoltatore.

Credo che “Colors” sia uno dei brani che più rappresenta il mio percorso. E’ un brano musicalmente semplice e complesso allo stesso tempo. Mi riporta indietro, ai tempi del Conservatorio in cui la musica Classica creava le fondamenta di quello che poi sarebbe diventato il mio sound, e mi riporta anche ai tempi in cui la musica Rock si insinuava piacevolmente tra i miei compositori preferiti, tra similitudini e difformità. Credo che l’amore per diversi generi, quella differenza di forma che riporta sempre al concetto di libertà artistica, sia alla base di tutto. Spesso chi ascolta la mia musica non riesce a classificarla in un solo genere, se dal punto di vista discografico e del marketing questo è una lama a doppio taglio, dal punto di vista artistico penso sia estremamente liberatorio. Conformarmi alle regole altrui per avere visibilità non è un qualcosa che considero nemmeno come opzione. Sono consapevole che canzoni come “The Mirror” o “Back To The Stars” non sono brani che uno si aspetta di sentire nei mainstream channels, ma sono pezzi in cui io mi rispecchio, e come me, molti dei miei ascoltatori, e ciò mi rende estremamente felice.

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