Ricette di carta, addio. Dal primo gennaio 2025 tutte le prescrizioni mediche dovranno essere composte e viaggiare solo in formato elettronico. E’ una delle novità dell’ultima legge di bilancio, e in teoria dovrebbe snellire e semplificare tutto il complesso e a volte farraginoso mondo delle prescrizioni mediche. Una piccola rivoluzione, un salto di qualità teorico, che però rischia di schiantarsi contro l’amara realtà. Perché tecnologicamente siamo ancora un paese arretrato, dove molte aree non hanno ancora una copertura elettronica, e dove i malfunzionamenti tecnici sono all’ordine del giorno.
Ma soprattutto dove gli utenti, i cittadini, sono in buona misura degli analfabeti digitali, soprattutto se anziani. “Dematerializzare”, è la parola chiave della rivoluzione che sta partendo.
Come è accaduto per i giornali, che ormai vendono pochissimo in formato cartaceo, e si leggono solo sul computer, se non addirittura sul cellulare.
Ora promettono che presto anche i documenti di riconoscimento, carta di identità, patente, passaporto potranno essere scaricati e controllati con il telefonino.
Ma nel caso delle ricette ci sono altre questioni non di poco conto, che rischiano di far deragliare l’audace progetto della ricetta elettronica.
Ne parliamo con un noto rappresentante della classe medica romana, il Dott. Prof. Antonio Puccetti, professore del Dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università di Genova, con una lunga esperienza negli Stati Uniti, e direttore sanitario del poliambulatorio internazionale “Doctors in Italy”, a Roma, in via Frattina.
“Visito ogni giorno pazienti non italiani attraverso la piattaforma Doctors a cui sono iscritto. Sono persone che si trovano nel nostro paese per lavoro, per motivi di studio o per turismo. Ovviamente non sono iscritti al nostro sistema sanitario. Ma nel modulo per la prescrizione medica è obbligatorio inserire il codice fiscale. Se non lo fai il computer ti dice che devi presentare una ricetta cartacea. Che però è ormai proibita dalla legge finanziaria del 2025 e non accettata nelle farmacie”, continua il dottor Puccetti.
Ma, spiega ancora il professore, il problema riguarda anche gli immigrati, perché “anche se in regola con il lavoro, e titolari di un regolare permesso di soggiorno, possono avere la tessera sanitaria solo dopo quattro, o addirittura sei mesi di attesa”.
Insomma, la ricetta elettronica rappresenta sicuramente un progresso, “ma esistono molte criticità che devono essere risolte. Abbiamo addosso gli occhi dell’Europa, che in molti casi hanno già risolto le contraddizioni. Spagna, Portogallo e Grecia hanno dotato ogni medico di un QR code da apporre alla prescrizione medica, per garantirne l’autenticità e permettere di tracciare la prescrizione senza dover inserire il codice fiscale del paziente”, conclude il Prof. Antonio Puccetti.
Fonte: comunicatistampa.net