L’Angolo della Psicologa della Dott.ssa Marisa Nicolini (*)
Un monitoraggio dell’Ispesl (Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro) ha rilevato che in Italia le vittime del mobbing sarebbero circa un milione e mezzo. E si tratta non solo di lavoratori vessati dai propri superiori (mobbing verticale), ma anche di lavoratori perseguitati da colleghi dello stesso livello (mobbing orizzontale). Nella maggior parte dei casi il mobbing si verifica negli uffici della pubblica amministrazione.
Sempre secondo l’Ispesl, il mobbing comporta costi elevati anche per il datore di lavoro giacché riduce del 70% la produttività del lavoratore.
Si tratta di stime non ufficiali considerato che il fenomeno (come in altri casi di “violenze”) resta per lo più nel sommerso.
Sembra, comunque, che in Italia il fenomeno sia più contenuto rispetto ad altri Paesi europei. Nel nostro paese, infatti, si stimano circa 4 mobbizzati ogni 100 occupati mentre la media Ue si attesta intorno all’8% (pari a circa 12 milioni di vittime).
Recentemente la Corte di Cassazione sez. penale con la sentenza n. 28603 del 03 luglio 2013 è intervenuta su un aspetto particolare del mobbing, qualificando taluni comportamenti e anche singoli episodi di emarginazione nei luoghi di lavoro come Straining, ossia “mobbing attenuato”.
Definizione di straining e i suoi indicatori
Lo Straining si differenzia dal Mobbing per il modo in cui è perpetrata l’azione vessatoria.
Per parlare di Mobbing, infatti, è necessario che:
• l’azione di molestia sia caratterizzata da una serie di condotte ostili, continue e frequenti nel tempo,
• venga riscontrato un danno alla salute,
• questo danno possa essere messo in relazione all’azione persecutoria svolta sul posto di lavoro.
Nello Straining, invece, viene meno il carattere della continuità delle azioni vessatorie.
Pensiamo, per esempio, al demansionamento, alla dequalificazione, all’isolamento o alla privazione degli strumenti di lavoro: si tratta, certamente, di situazioni stressanti che possono anche causare gravi disturbi psicosomatici, ma non di azioni ripetute nel tempo.
Perché vi sia Straining, quindi, è sufficiente anche una sola azione, purché i suoi effetti siano duraturi nel tempo, come nei casi di demansionamento o di trasferimento.
Il termine Straining deriva dall’inglese “To strain” che letteralmente significa “tendere”, “mettere sotto pressione”, “stringere”.
Il significato del verbo inglese “to strain”, inoltre, è molto vicino a quello di un altro verbo inglese, “to stress”. Infatti , il legame tra Straining e stress occupazionale è evidente, poiché in una situazione di Straining l’aggressore, o strainer, tenderà sempre a far cadere la propria vittima in una condizione particolare di Stress.
Si tratta di un tipo di stress superiore rispetto a quello connaturato alla natura stessa del lavoro e alle normali interazioni organizzative.
Esso, infatti, è diretto nei confronti di una vittima o di un gruppo di vittime in maniera intenzionale e con lo scopo preciso di provocare un peggioramento permanente della condizione lavorativa delle persone coinvolte.
È, infatti, innegabile che una persona demansionata e umiliata per un lungo periodo di tempo soffre a livello di autostima, di socialità e di qualità della vita, riportando un danno esistenziale, oltre che professionale ed eventualmente biologico.
Lo Straining, è dunque, una condizione psicologica posta a metà strada tra il Mobbing e il semplice stress occupazionale.
Vediamo adesso come si può riconoscere una situazione di Straining:
I sette parametri per riconoscere lo Straining:
Per accertare la presenza di Straining è stato messo a punto uno strumento (questionario) composto di trenta domande suddivise in tre sezioni:
– la prima sezione riguarda i dati personali e dell’azienda,
– la seconda sezione riguarda le azioni ostili subite,
– la terza sezione riguarda le varie conseguenze che la vittima ha manifestato.
Le cinque categorie su cui si fonda il questionario sono:
• Attacchi ai contatti umani.
• Isolamento sistematico.
• Demansionamento o privazione di qualunque incarico.
• Attacchi contro la reputazione della persona.
• Violenza o minacce di violenza, sia fisica che sessuale.
Nonostante lo Straining presenti delle situazioni più stabili rispetto al Mobbing, anche in questo caso è possibile individuare una progressione di fasi.
Si tratta di quattro diversi stadi, attraverso i quali si manifestano e si realizzano le azioni dello strainer.
Queste fasi sono:
• Fase 1: azione ostile.
• Fase 2: conseguenza lavorativa percepita come permanente (Straining).
• Fase 3 : conseguenze psicofisiche.
• Fase 4: uscita dal lavoro.
Dott.ssa Marisa Nicolini
La Dott.ssa Marisa Nicolini è psicologa e psicoterapeuta, abilitata all’insegnamento della Psicologia Sociale e Consulente Tecnico d’Ufficio del Tribunale di Viterbo.
Collabora, tra l’altro, con la Casa di Cura “Villa Rosa” di Viterbo e con la “Clinica Parioli” di Roma e riceve presso lo Studio di Psicologia Clinica e Giuridica in Via A. Polidori, 5 – Viterbo, cell. 3288727581, e-mail m_nicolini@virgilio.it
Collabora con le Associazioni AIAF (Avvocati di Famiglia e Minori) e Donne per la Sicurezza onlus.
Potete conoscere meglio le sue attività ai seguenti link:
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