Home Cultura Romagna sfigurata. L’artista Silvia Camporesi ci racconta l’alluvione dopo un anno.

Romagna sfigurata. L’artista Silvia Camporesi ci racconta l’alluvione dopo un anno.

A 12 mesi dai tragici eventi che hanno colpito l’Emilia-Romagna, l’artista Silvia Camporesi racconta il suo viaggio nelle terre alluvionate e il progetto fotografico realizzato, oggi in una mostra.

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Silvia Camporesi, Frana a ridosso di un'abitazione. Modigliana.

Quando con l’architetto paesaggista Sauro Turroni abbiamo pensato all’idea di fotografare il dissesto idrogeologico che ha colpito le colline romagnole, come conseguenza della tragica alluvione del maggio 2023, non immaginavamo cosa avremmo trovato. Eravamo impreparati su come affrontare l’argomento, sul modo in cui individuare le frane, su come muoverci. Per circa sei mesi, quando il tempo lo permetteva, siamo usciti ogni settimana, viaggiando sul suo furgone, per le colline comprese fra le province di Rimini e Bologna. Avevamo delle posizioni sulle mappe, ma quasi sempre era complicatissimo raggiungerle, ci capitava di percorrere tantissimi chilometri, arrivare in punti impervi e non capire come arrivare alla frana. In un secondo momento abbiamo messo a punto un metodo più efficace, consultando i geologi della regione che qualche volta ci hanno accompagnato, portandoci nei luoghi più spettacolari. La prima questione alla quale penso è: si può parlare di bello, spettacolare, di fronte ad un evento che ha provocato vittime, ha generato immensi danni all’agricoltura e alle abitazioni e ha mutato completamente l’aspetto del paesaggio? Mauro, il geologo che è con noi, parla di 81.000 frane. 

Romagna sfigurata: il progetto fotografico

81.000, in pochissimo tempo, alcune in pochi minuti. Frana, un nome generico per identificare scivolamenti, erosioni, colate, crolli, scorrimenti; in questi mesi ho imparato le differenze fra i vari tipi di movimenti della terra.
Poco prima di Natale, in un’uscita nei pressi di Predappio, abbiamo visto un signore anziano e suo nipote costruire un piccolo albero di Natale fatto di palloncini colorati, ai piedi di un imponente crollo di terra. Era piuttosto curioso scorgere questo oggetto coloratissimo e metterlo in relazione con lo straniante ambiente in cui si trovava: una voragine di terra scesa dalla collina. Poco più in su un’altra frana ha piegato in due un enorme traliccio della luce, ora sembra un animale ferito. È talmente grande che non riesco a farlo stare in una singola immagine, così devo scattare più foto e poi ricomporre la figura finale su Photoshop.

Silvia Camporesi, Libri di fango, 2023.

La mappa dei paesi alluvionati

Qualche settimana dopo, a Modigliana, abbiamo incontrato Libero, un anziano signore che guardava dall’alto della strada il suo podere che conteneva 600 bellissimi ulivi, spazzati via da una frana. Ne restano tre a formare una figura fragile e armonica. 
Fontanelice è morto un uomo, non ha fatto in tempo a fuggire dalla sua casa, e sulle macerie ora c’è un albero sottile. 
A Castel del Rio raccontano di un uomo che ha sentito la casa tremare nel cuore della notte, così è scappato in pigiama, ma la terra gli si apriva sotto i piedi e gli sembrava di essere inseguito dalle zolle. È arrivato in paese. La sua casa è letteralmente azzerata, piatta, tutt’uno con il terreno che la ospitava. 
Dovadola, appena terminate le piogge, si è staccata un’intera collina e in pochi minuti si è formato un lago profondo trenta metri. 
Brisighella una signora si è ritrovata un Grand canyon dietro casa: dove c’erano alberi da frutto ora ci sono guglie di terra. Ancora una volta è un paesaggio doloroso e spettacolare.
Percorro le frane da dentro, in lungo e in largo, e cerco punti di vista giusti per rappresentare la maestosità delle rotture del paesaggio. La seconda questione alla quale penso riguarda la difficoltà di rappresentazione di questi luoghi: per quanto mi sforzi di cercare la giusta visione, mi rendo conto che la fotografia ha dei limiti e non si tratta di usare un obiettivo più ampio. 

Silvia Camporesi, Angeli del fango, 2023.

Romagna sfigurata: le terre franate

Le terre franate non hanno riferimenti visivi, quando entro in una frana quel che vedo è fuori dal comune, è ‘un’esperienza totalizzante, e la macchina fotografica fallisce nel suo intento rappresentativo. Per quante informazioni io tenti di includere in un’immagine, il risultato non è mai all’altezza delle aspettative perché, come mi fa notare il fotografo Guido Guidi, le frane sono senza geometria. Le puoi fotografare come sfondo, e allora sono una scenografia in cui far accadere qualcosa, ma se sono il soggetto della fotografia allora sfuggono alla rappresentazione. Se non posso rappresentarle in modo esaustivo mi concentro sul particolare, mi dedico al racconto delle parti, ai dettagli sufficientemente espressivi. 
Solo un volo col drone, che mette la frana in relazione col paesaggio intorno, fa capire l’ampiezza dei luoghi, la profondità delle voragini, riporta l’occhio alla comprensione, fornendolo di una mappa. 

Il progetto è sostenuto da Strategia Fotografia 2023, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura

Silvia Camporesi

Fonte: ARTRIBUNE.COM

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