Perché un’ennesima nuova rubrica sul Terzo Settore e più in generale sul mondo del non profit in Italia? Abbiamo accolto con piacere ed onore la possibilità come Confassociazioni Terzo Settore di collaborare con la Testata nazionale Informazione Quotidiana. Oggi si parla molto di Reti e noi effettivamente facciamo parte di una “Rete delle Reti” come spesso il Presidente Angelo Deiana descrive CONFASSOCIAZIONI, la Confederazione della quale è Presidente dal 2013 anno della sua costituzione.
Confassociazioni Terzo Settore è una branch specifica di Confassociazioni, espressione unitaria delle Federazioni, dei Coordinamenti, delle Associazioni, delle imprese, dei professionisti e delle persone che risiedono in Italia ed in Europa e che svolgono in particolare, per il nostro comparto, “un’attività di interesse generale, in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni e servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale”.
Ma a cosa ci si riferisce in generale quando si parla di Terzo Settore ? Questo mondo, come è noto, è diventato in questi anni uno dei protagonisti del Welfare italiano: fondazioni, organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e cooperative sociali, hanno giocato un ruolo di rilievo nello sviluppo del benessere delle persone, collaborando attivamente con le amministrazioni locali e le famiglie, sperimentando le connessioni tra welfare, gestione dei servizi per i soggetti fragili e altri ambiti di interesse generale come la cultura, l’ambiente, l’arte.
In uno schematico excursus storico potremmo ricordare che negli anni ’60 in Italia la solidarietà era intesa quasi esclusivamente come beneficienza, per arrivare negli anni ‘70, quando l’imprinting politico e culturale delle rivendicazioni sociali e sindacali contribuì alla diffusione di nuovi modelli di solidarietà ispirati ai valori di giustizia, di mutuo soccorso, di prevenzione e di partecipazione.
Assistiamo quindi poi negli anni ’80 a quella che fu definita la “ crisi del Welfare State” soprattutto in Europa ed all’indebolimento del ruolo egemonico dello stato in rapporto al Welfare, facilitando il passaggio dal Welfare state al Welfare Community.
Dagli anni ‘90 vennero istituite la maggior parte delle leggi che permisero di istituzionalizzare gli enti di Terzo Settore in Italia.
Ma per arrivare velocemente all’attualità tutti coloro che fanno parte a vario titolo o si riconoscono o hanno a cuore il Terzo Settore si devono confrontare con una trasformazione istituzionale che farà da spartiacque in questo comparto : l’operatività dal 23 novembre 2021 del Registro Unico Nazionale degli Enti del Terzo Settore (RUNTS), a quattro anni dall’avvio della Riforma.
Si parla di 350 mila Enti , molto eterogenei tra di loro , con circa un milione di lavoratori e quasi sei milioni di volontari , che svolgono attività di interesse generale senza alcun fine di lucro.
Senza entrare nel merito delle procedure e della fase transitoria, che per esempio toccherà da vicino anche le associazioni costituite in forma di ONLUS, va ribadito come è stato detto da parte di molti autorevoli esperti della materia, che l’iscrizione al Registro non può rappresentare una scelta strumentale per ricevere un trattamento fiscale agevolato o peggio una “scorciatoia” per accedere ai finanziamenti pubblici.
Ma la scelta di iscriversi o trasformarsi in un Ente del Terzo Settore deve essere in primo luogo una scelta culturale di campo dei soggetti del non profit che si confrontano con il sistema economico e diventano interlocutori privilegiati delle Pubbliche amministrazioni, in primo luogo di prossimità, per le attività di coprogrammazione e coprogettazione, in particolare in campo sociale.
Per concludere lo spettro di intervento di questa rubrica , non possiamo fare i conti con la fase attuale, che come sappiamo è tutt’altro che ordinaria e per descriverla ed inquadrare un possibile scenario a breve prendo in prestito l’analisi preziosa di un sociologo,acuto ricercatore sociale , come Fabrizio Fornezza, fondatore e Partner di Eumetra MR Istituto di ricerca sociale e di marketing, un suo contributo inedito sullo scenario italiano e la pandemia, in particolare sui cambiamenti indotti su sostenibilità e terzo settore, predisposto per una prossima pubblicazione di Confassociazioni Terzo Settore.
“ La crisi Covid ha colpito duramente la società e l’economia. Non guardando in faccia a nessuno: segmenti socialmente deboli e marginali hanno molto sofferto (e soffrono) ma anche alcuni segmenti una volta solidi economicamente hanno vissuto e vivono momenti di forte criticità (si pensi al mondo del commercio, alle filiere del turismo e dell’accoglienza, anche ad alcuni mondi delle professioni).
Il terzo settore non è passato indenne attraverso questa crisi. Il terzo settore si è anzi trovato preso a tenaglia dal procedere di questa crisi: ha dovuto gestire spesso una “domanda di supporto” accresciuta e proveniente dai segmenti fragili; ha visto indebolirsi le sue stesse fonti di sostegno (da parte di privati ed aziende) e – come altri settori – si è trovata talvolta nell’impossibilità di agire in mezzo alle limitazioni imposte necessariamente dalla pandemia.
Ma il cambiamento, per il Terzo Settore ha riguardato anche le sensibilità dei suoi donors e della società tutta, sotto la pressione Covid. Alcune aree e missioni sono apparentemente entrate momentaneamente in zone d’ombra. Ad esempio, l’ambiente e l’aiuto ai paesi in via di sviluppo hanno ricevuto minore attenzione da parte ad esempio dei donors, in questo periodo. Mentre altre “mission” sono salite alla ribalta: in primis le tematiche sanitarie, ma anche tutte le forme di sostegno al qui ed ora“.
E con questo approccio, culturale e metodologico, che desideriamo far emergere i protagonisti del Terzo Settore in Italia ed amplificare la voce di soggetti associativi impegnati su temi a volte percepiti erroneamente come settoriali o di nicchia, ma evocativi invece di sfide epocali a livello nazionale ed internazionale sul piano sociale e culturale, oltre che sanitario e della ricerca come ad esempio le Malattie Rare.
Non a caso quindi inauguriamo questa nuova rubrica con un’intervista a Annalisa Scopinaro – Presidente di Uniamo Federazione Italiana Malattie Rare. |
Ed ecco infine i dati che aiutano a capire meglio come anche questo ambito rientra a pieno titolo nel Terzo settore, infatti il peso, psicosociale ed economico, di queste Malattie rare ricade quasi interamente sui pazienti, ma anche sulle stesse famiglie e caregiver, che saranno senz’altro al centro della nostra rubrica.
Basti pensare che nell’Unione Europea (UE) una Malattia Rara è una patologia che colpisce non oltre 5 persone su 10.000 (ovvero 1 su 2.000 persone); tuttavia, a causa del grande numero, si stima che complessivamente colpiscano tra il 6% e l’8% della popolazione dell’UE. Quindi, anche se individualmente rare, prese insieme le MR sono un grande gruppo di circa 7000-8000 condizioni: l’80% ha un’origine genetica, mentre il 20% riconosce una patogenesi multifattoriale.
Massimo Maria de Meo
Presidente CONFASSOCIAZIONI TERZO SETTORE
INTERVISTA ALLA DOTTORESSA ANNALISA SCOPINARO, PRESIDENTE DI UNIAMO-FEDERAZIONE ITALIANA MALATTIE RARE.
- Dottoressa Scopinaro, qual è e quale si prevede sia il ruolo dell’Italia riguardo la gestione della tematica delle malattie rare in uno scenario europeo che cambia ?
In Europa c’è una prospettiva di revisione dell’approccio alla farmaceutica che avrà un grande impatto. Dato che alcune legislazioni, come il regolamento sui farmaci orfani, hanno portata ad un aumento di ricerca e di possibilità di terapia per molte persone con malattia rara, è fondamentale che i responsabili delle istituzioni che dovranno revisionare questi testi abbiano ben presente l’effetto che ciascuna modifica potrà in potenziale avere sulla vita delle persone. L’Italia ha sviluppato molte pratiche di accesso precoce ai farmaci, di contrattazioni di prezzo in base con forme di pagamento innovative che dovrebbero essere esplicitate come buone prassi, a livello europeo, per permettere a tutti di cogliere gli aspetti migliorativi di quanto già in essere.
Inoltre in alcuni specifici settori, come ad esempio lo screening neonatale esteso, il nostro Paese ha un primato assoluto sia per numero di patologie “screenate” che per il tipo di sistema sviluppato: queste eccellenze dovrebbero essere evidenziate a livello Europeo e sostenute dalla CE in modo da far si che anche gli altri Stati possano sviluppare le stesse progettualità e garantire così un accesso equo a tutti i cittadini europei.
2) Qual è il ruolo precipuo della Federazione UNIAMO e quali alleanze intende costruite in questo clima di cambiamento, in particolare rispetto alla nuova legge sulle malattie rare e cosa altro si può e si deve modificare ?
La Federazione tutela gli interessi della comunità delle persone con malattia rara, collaborando con le istituzioni e gli altri stakeholders nell’implementazione di leggi, provvedimenti, cambiamenti organizzativi che migliorino la vita dei pazienti. Oltre a momenti di sensibilizzazione, organizza tavoli di lavoro con la possibilità di interlocuzione e scambio reciproco. La nuova legge sulle malattie rare offre l’opportunità, attraverso il Comitato istituito a livello centrale, di istituzionalizzare questi momenti di confronto. Inoltre ci sono alcuni incrementi di fondi o sgravi fiscali per la ricerca; è stato istituito un fondo di solidarietà con un importo che al momento è solo simbolico ma che potrà essere ulteriormente finanziato nel futuro; si cerca di puntare all’equità di accesso ai farmaci sorpassando le differenze territoriali.
Adesso si deve focalizzare l’attenzione su incrementi degli stanziamenti LEA (ndr Livelli Essenziali di Assistenza sono le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale (SSN) è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con le risorse pubbliche raccolte attraverso la fiscalità generale (tasse) che permettano l’inserimento di farmaci e prodotti necessari per la nostra comunità, anche se non previsti normalmente in rimborso (fascia C, integratori, cosmetici). Si devono inoltre prevedere nella delibera anche tutte le patologie ad oggi non riconosciute con un codice di esenzione specifico.
3) Quale impatto concreto potranno avere gli investimenti previsti dal PNRR nell’ambito della sanità e nello specifico di quella dedicata alle patologie più rare, al fine di assicurare realmente una inclusione ed una tutela di tante famiglie e pazienti che si sentono spesso isolati. Come si potrà far sentire la loro voce ed essere quindi coinvolti nei cd “tavoli sociali ” di controllo e monitoraggio presso la Presidenza del Consiglio ?
Dovremo prestare particolare attenzione alla costruzione del sistema ospedale territorio, per poter garantire che il percorso del “raro” sia facilitato e integrato. Ci auspichiamo che sia sempre più stretta anche l’integrazione con la parte sociale, per far si che gli interventi sulla persona siano davvero vicini a quella presa in carico olistica che auspichiamo a livello europeo.
La Federazione ha interlocuzioni con il Ministero della Salute, anche attraverso il Tavolo Tecnico istituito dal Sottosegretario Sileri a tematica specifica, ma in generale nei tavoli che stanno aggiornando il Piano nazionale malattie rare e il panel delle patologie dello screening neonatale esteso. Il Presidente Draghi ha dimostrato un’attenzione particolare alle malattie Rare inserendo nel PNRR un finanziamento specifico dedicato di 50 milioni di euro (altri 50 sono dedicati ai tumori rari).
Ogni anno, attraverso MonitoRare, il rapporto della situazione delle persone con malattia rara in Italia, facciamo il punto della situazione e rendicontiamo quanto fatto dagli organi preposti a favore della nostra comunità. Sarà nostra cura inserire anche un capitolo specifico proprio sul PNRR.