Quando si parla di salario minimo, si parla di una misura che ha tradizionalmente diviso la politica e le parti sociali e che oggi è diventata soprattutto una misura di bandiera. Dell’opposizione, che intorno alla sua proposta ha trovato una unità che non è ancora riuscita a far valere su altri fronti. E anche della maggioranza che sostiene il governo, schierata compatta dietro il documento del Cnel che, di fatto, affossa l’iniziativa condivisa da Pd, M5S, Azione e Sinistra italiana.
Perché sì e perché no, il ruolo della contrattazione collettiva
Sì o no al salario minimo, pro o contro a una soluzione che ricorra a un intervento legislativo per affrontare il tema delle retribuzioni troppo basse. Chi è favore invoca la necessità di imporre una soglia necessaria anche alla contrattazione collettiva, chi è contrario sostiene che il paletto possa danneggiare proprio la contrattazione collettiva e avere un effetto contrario a quello considerato. In mezzo c’è chi, come il Governatore di Bankitalia Ignazio Visco, sostiene una posizione pragmatica: “Si dice che in Italia c’è già un salario contrattuale ma molti non sono coperti da questi contratti e credo siano quelli che devono avere una retribuzione ragionevole”.
Il calo dei salari reali, un problema italiano
Rispetto all’esigenza di intervenire per fare in modo che crescano, in un modo o nell’altro, i salari in Italia, vale la pena ricordare cosa dice l’ultima analisi dell’Ocse. Partendo dal salario reale. Un calo vicino al 7% c’è stato nel confronto tra il primo trimestre 2023 e il primo trimestre 2022. Un dato sopra la media dei 34 Paesi Ocse, dove i salari sono scesi in media del 3,8%. L’ultimo Employment Outlook dice anche altro. Il calo dei salari in Italia è stato ancora più alto se si va a guadare la fascia di retribuzione più bassa, con una perdita del 10,3%, rispetto a una media Ocse del 3,5%.
Il prezzo pagato all’inflazione, la più iniqua delle tasse
Perché si verifica il trend che i dati dell’Ocse descrivono con implacabile precisione? Perché il crollo dei salari reali è la prima conseguenza dell’aumento dell’inflazione che, come noto, va considerata la più iniqua delle tasse. Colpendo allo stesso modo chi guadagna poco e chi guadagna di più, la corsa al rialzo dei prezzi ha un effetto diretto sui redditi fissi e in proporzione molto più rilevante su chi ha un salario più basso. I dati Ocse dicono quindi una cosa che deve andare oltre, e venire prima, di qualsiasi misura di bandiera: è indispensabile occuparsi rapidamente di invertire una tendenza che impoverisce non solo i lavoratori ma l’intera economia. Con o senza un salario minimo per legge, con questi dati bisogna fare i conti.
Fabio Insenga