I reati contestati consistono nell’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffa, bancarotta, emissione di fatture per operazioni inesistenti e riciclaggio.
L’indagine, condotta dalle Fiamme Gialle del Gruppo di Orbassano e del Nucleo Polizia Tributaria Torino – Sezione di Polizia Giudiziaria, ha riguardato una società con sede legale a Napoli, ma di fatto operante a Torino, quale “call center”.
In particolare, questa società. aveva promosso, tramite emittenti televisive private risultate del tutto estranee ai fatti contestati, un concorso a premi, denominato “QUIZZONE”, nel quale i partecipanti erano invitati a chiamare telefonicamente un numero “899”, che, a loro insaputa, prevedeva una tariffazione pari a 15 euro al minuto. I concorrenti venivano quindi lasciati in attesa per un certo tempo e, infine, le chiamate venivano interrotte.
In questo modo, la società è riuscita ad incamerare, nell’arco di un triennio, quasi 9 milioni di euro. I proventi illeciti sono stati successivamente fatti transitare nei conti personali degli indagati o sono stati trasferiti all’estero attraverso società italiane e non.
Le indagini hanno condotto all’emissione di cinque provvedimenti di custodia cautelare in carcere. Inoltre, sono stati concessi gli arresti domiciliari ad un ulteriore soggetto.
Fondamentale è risultato essere il ruolo dei due commercialisti di Torino i quali hanno ideato una rete di società svizzere e polacche, le quali, attraverso un sistema di false fatturazioni, hanno consentito alla società di documentare costi fittizi idonei a giustificare il trasferimento dei proventi illeciti all’estero e, in particolare, in Svizzera e nella Repubblica di San Marino.
I flussi finanziari intersocietari utilizzati per trasferire il denaro all’estero sono stati ricostruiti anche grazie a rogatorie internazionali, le quali hanno consentito di acquisire le prove necessarie per dimostrare che le società straniere erano, a tutti gli effetti, prive di qualsiasi struttura, in altri termini mere “cartiere” finalizzate a fatturare nei confronti della società cessioni di beni o prestazioni di servizi in realtà mai avvenute.
Parte dei proventi illecitamente ottenuti attraverso le truffe veniva investito dagli indagati per l’acquisto di società operanti nei settori della ristorazione e dello stampaggio di lamiere, le quali venivano progressivamente svuotate e pilotate verso il fallimento, determinandone dolosamente lo stato d’insolvenza.
Nel corso delle investigazioni sono emersi anche elementi probatori a carico di D. M. per ipotesi di usura ed estorsione in relazione a episodi in cui il soggetto, dopo aver prestato a conoscenti somme di denaro con tassi d’interesse pari al 70% annui, non esitava a ricorrere alle minacce nel pretenderne la restituzione.