L’angolo della Psicologa – di Marisa Nicolini (*)
IQ. 07/04/2013 – La Storia di Martina
L’ultima volta che ho incontrato Martina, tirava su col naso per non piangere. Era più magra del solito e aveva gli occhi rossi: “Mi ha detto che se non mi decido a uscire con lui me la farà pagare, ma io sono qua, voglio parlarne, tanto che vita è questa”.
Martina è una delle tante, troppe vittime di stalking, una forma di violenza contro le donne perpetrata invariabilmente da (ex-)partner che non sanno rinunciare all’”oggetto” del loro amore malato. Martina, una ragazza timida e rispettosa degli altri, però non è mai stata la ‘ex’ del suo persecutore. Quest’’uomo’ aveva solo nella sua testa l’idea che Martina per un certo tempo fosse stata ‘sua’ unicamente perché lei, per educazione, inizialmente aveva risposto con garbo alle sue domande ed aveva risposto ai suoi saluti, incontrandolo.
Tanto era bastato allo stalker per fantasticare su un rapporto d’amore con Martina, che pure aveva sempre rifiutato, educatamente come al solito ma con chiarezza, di fornirgli il suo numero di telefono o di uscire insieme. Nulla, insomma, che potesse avallare il delirio dell’’uomo’ circa l’esistenza di una relazione d’affetto.
Ma quando la ‘bestia’ fiuta la preda, è difficile che rinunci alla caccia!
Così Martina aveva cominciato a trovare richieste di amicizia su Facebook, sempre ignorate, che però continuavano indipendentemente da quanto lei stringesse i criteri di accesso al suo profilo. Poi si ritrovò l’’uomo’ all’ingresso dell’aula dell’università che intanto aveva iniziato a frequentare… e sotto casa… e sotto la casa dell’amica del cuore. Insomma un incubo!
Martina dovette iniziare a cambiare le sue abitudini di vita, ormai impaurita da quel tipo che le dimostrava di conoscere tutti i suoi spostamenti in tempo reale: “Come farà a sapere tutto quello che faccio?”, chiedeva la ragazza, temendo persino di conoscere la risposta: “Mi spia continuamente. Oddio, ho paura!”.
Purtroppo la storia di Martina non è rara. Sono molte le donne che si rivolgono alle Associazioni di settore per sapere che fare in casi simili, per essere supportate psicologicamente, per trovare la forza per andare avanti quando ci si vorrebbe solo nascondere e rimanere ferme, immobili, senza respirare per non farsi trovare. Come fa la preda con il predatore!
Ma tacere e non agire non è la risposta in questi casi.
Perché lo stalking ha tanto più successo quanto più la donna permette al persecutore di vittimizzarla.
E le conseguenze psicologiche dello stalking, anche a lungo termine, sono importanti. Tra queste:
• Depressione
• Ansia
• Cautela e allerta
• Sospettosità
• Disturbo post traumatico da stress.
E allora ricordiamo alle donne che subiscono qualunque forma di violenza che occorre trovare la forza per spezzare le catene (della vergogna, della paura e del senso di colpa, in primo luogo), rivolgendosi per un supporto psicologico e legale alle Associazioni del settore e utilizzando gli strumenti legali che oggi esistono.
Ad esempio, nei casi di stalking, prima di giungere a querelare il persecutore, la vittima può tentare di dissuaderlo dal continuare la ‘caccia’ grazie all’ammonimento del Questore, che consiste in un richiamo orale di questa Autorità rivolto allo stalker, che viene così diffidato dal tenere una condotta contraria alla legge: ciò al fine di evitare di essere successivamente indagato/imputato per il reato di stalking.
La procedura si articola in tre fasi:
1. Richiesta di ammonimento da parte della vittima
La vittima deve semplicemente compilare un modulo in cui fa presente alle forze dell’ordine i comportamenti persecutori. In esso deve indicare: il tipo di relazione che intercorre con il presunto stalker; i fatti e le azioni da questi posti in essere e produrre, in copia, i messaggi di testo e le e-mail (se) ricevute; le generalità di eventuali testimoni ai fatti narrati; deve altresì specificare se la persona nei confronti della quale si richiede il provvedimento sia titolare di porto d’armi o se detiene o possiede, a qualsiasi titolo, delle armi; infine, deve descrivere in che modo gli atti persecutori o molestie hanno influenzato e/o alterato le sue abitudini di vita (cambio di domicilio, cambio del numero di telefono, ecc.).
2. Acquisizione di informazioni da parte del Questore
Il Questore, ricevuta la richiesta, convoca il presunto stalker per raccogliere le sue deduzioni, e sente le persone informate dei fatti. Può anche chiedere agli organi investigativi di acquisire ulteriori informazioni e/o prove sulla fondatezza di quanto esposto.
Al termine di tale attività istruttoria, il Questore può decidere per:
a. il rigetto dell’istanza: quando gli elementi raccolti sono insufficienti per procedere oppure quando, nel frattempo, sia intervenuta querela per il reato di stalking;
b. l’archiviazione del procedimento: quando la vittima degli atti persecutori ne abbia espressamente fatto richiesta.
c. l’emissione del decreto di ammonimento: quando il questore si è convinto della fondatezza, attendibilità e veridicità dei fatti esposti che vanno ad integrare il reato di atti persecutori. Tuttavia, non è necessario che, in tale fase, si raggiunga la certezza della sussistenza del reato di stalking, ma è sufficiente che vi siano indizi gravi sulla verosimile possibilità che il reato sarà consumato.
3. Ammonimento
Con l’ammonimento, il Questore diffida il persecutore a tenere una condotta conforme alla legge e ad astenersi, per il futuro, dal compiere atti persecutori nei confronti della vittima o di terzi a questa legati da vincoli di qualsiasi natura.
L’ammonimento deve avere la forma orale e deve essere motivato a pena di illegittimità.
Di ogni fase della procedura di ammonimento deve essere redatto verbale di cui deve essere fornita una copia alle parti.
Conseguenze dell’ammonimento sono:
– possibile sospensione dell’autorizzazione per la detenzione di armi e munizioni o maggiore attenzione nel concedere tale licenza;
– aumento della pena in caso di condanna per il reato di stalking;
– procedibilità del reato d’ufficio: il che vuol dire che, nel caso in cui il reo venga sorpreso a perseverare nell’illecito, non ci sarà più bisogno della querela della parte danneggiata, ma la pubblica autorità potrà procedere autonomamente alla denuncia presso la Procura della Repubblica.
Martina, grazie ad un adeguato supporto psicologico, trovò il coraggio di uscire dal tunnel della paura, fece esposto all’Autorità di P.S. per le sue angosce e finalmente il suo persecutore dovette capire che anche il “corteggiamento”, se non gradito dalla donna, diventando assillante a dispetto dei suoi dinieghi, viene percepito come violenza. E’ violenza.
Una donna, sconvolta nelle vesti dalla violenza subìta, che non abbassa le spalle e il capo: è ”Violata”, la statua in bronzo, realizzata dallo scultore Floriano Ippoliti, recentemente collocata nei pressi della galleria San Martino ad Ancona. Un monumento contro la violenza sulle donne. Violenza fisica ma anche psicologica, che spesso si consuma tra le mura domestiche dove dolorosamente rimane.
(*) La Dott.ssa Marisa Nicolini è psicologa e psicoterapeuta, abilitata all’insegnamento della Psicologia Sociale e Consulente Tecnico d’Ufficio del Tribunale di Viterbo.
Collabora, tra l’altro, con la Casa di Cura “Villa Rosa” di Viterbo e con la “Clinica Parioli” di Roma e riceve presso lo Studio di Psicologia Clinica e Giuridica in Via A. Polidori, 5 – Viterbo, cell. 3288727581, e-mail m_nicolini@virgilio.it
Collabora con le Associazioni AIAF (Avvocati di Famiglia e Minori) e Donne per la Sicurezza onlus.
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