Buon pomeriggio gente mia che pensate e buon fine settimana, mista venendo in mente che quando Gesù dice “amatevi come io vi ho amato” non si riferisce solo al gesto della lavanda dei piedi appena fatta: si riferisce ancor più a tutto il tempo che lui ha passato con i suoi discepoli.
Egli sta consegnando loro un testamento prima di essere ucciso, ed in questo testamento vi sono gesti e parole che rimandano a tutta l’esperienza di sequela vissuta. “Amatevi – vuol dire – come io in questi anni vi ho amato, cioè non come uno che si fa amare per i suoi gesti grandiosi, ma come uno che si è preoccupato del vostro bene, e vi ha servito, come un servo lava i piedi al proprio padrone”.
E’ certamente utile raccogliere denaro per i poveri, selezionare vestiti, distribuire alimenti… ma dobbiamo aver ben chiaro che non è quello il nocciolo della nostra fede: quello è dare alcune cose di cui in fondo possiamo benissimo fare a meno, quello è un gesto che ci fa sentire meno egoisti, più buoni, ma non è un prendersi cura.
Il nostro amore non è solo un vago sentimento, esso è chiamato ad essere concreto e visibile, un amore che si fa “servizio” ma con gratuità, senza interesse; il servizio nasce dal riconoscimento che ciò che siamo è per dono.
Ognuno può essere d’aiuto al suo prossimo e allora diamoci da fare
‘sto rebbus, come lo risorvi?
Chi opera pe sé è vojerista,
uno che giostra co l’artrui beghe,
trattannole pe sé, come le seghe,
mentre chi fa pe l’antri è n’artista.
Mò che tutti passamo la rivista,
mistificati drento stè leghe,
eletti a protezzione de’e cadreghe
nella miseria de stà storia trista.
E mo stò rebbus come lo risorvi?
Se domanna er popolo soprano
e no coll’antico “cupio dissorvi!”
Si sarvognuno cerchi soluzzione,
distinguenno spiritual e mondano,
aricorda ‘a comune unione!
Affettuosamente Mario Brozzi