Il Rinascimento portò la sua aria rivoluzionaria anche nel mondo della medicina e della chirurgia che iniziarono a delinearsi come una vera e propria scienza, aiutate dal fiorire delle Università durante il Quattrocento e il Cinquecento.
A differenza dei secoli precedenti l’attività settoria dei cadaveri, anche se non completamente riabilitata e permessa, fu perlomeno tollerata, determinando un notevole miglioramento delle conoscenze anatomiche.
Caratteristica fondamentale del periodo fu la sete di sapere e uno spirito scientifico che interessò tutti i rami della scienza e delle arti, portando progresso e giovamento in tutti i campi. Così le scienze poterono imparare l’una dall’altra e non più come compartimenti stagni separati. Ricordiamo, appunto, come la chirurgia rinascimentale trasse beneficio anche dall’attività di pittori e scultori che studiarono l’anatomia umana, pur con finalità diverse dai medici del tempo, ma con altrettanti risultati. Ed è nelle tele, negli affreschi e, soprattutto nelle sculture di Michelangelo, sede di dettagli anatomici mai raggiunti prima di allora, che ritroviamo questa ricerca; sono noti a tutti gli incredibili dettagli delle tavole anatomiche di Leonardo da Vinci, artista e scienziato completo, figura che può essere presa ad esempio di questo sincretismo artistico-scientifico.
In questo periodo visse uno dei più grandi anatomisti della storia: Andrea Vesalio. La sua Opera “De Humani Corporis Fabrica” fu uno dei testi medici più influenti del periodo e la sua importanza si estese anche nei secoli a venire. Vasalio studiò a Padova, poi a Parigi e successivamente divenne Explicator Chirurgiae, figura che potremmo assimilare a quella attuale di professore ordinario di chirurgia. Altro anatomista di rilievo dell’epoca fu Miguel Servet, il primo europeo ad intuire la funzione dei polmoni nell’ossigenazione del sangue, superando l’antico principio galenico che vedeva nel cuore la sede di tale funzione, concetto che, invece, agli arabi era già noto.
Il chirurgo italiano Antonio Benivieni può essere considerato l’esempio della nuova attitudine scientifica che si sviluppò nel corso del Rinascimento; egli, infatti, era solito annotare in maniera precisa e sistematica tutti i dati rilavati nel corso delle autopsie dei suoi pazienti che non erano sopravvissuti.
Lo studio dei cadaveri permetteva di comprendere le cause delle malattia e della morte, contribuendo all’incremento della conoscenza; dallo stesso organismo umano era possibile ricavare le risposte e le soluzioni atte a curare il morbo e a rallentare la morte. Sai trattava della curiosità unita al rigore: era l’embrione della moderna anatomia patologica.
Tutte le sue note furono poi pubblicate all’inizio del Cinquecento in un’opera dal titolo ”De abditis nonnullis ac mirandis morborum et sanationum causis (Sulle cause occulte delle infermità)”, nella quale troviamo le prime descrizioni di cancro dello stomaco e dell’intestino.
In Francia nel corso del Quattrocento e Cinquecento si sviluppò l’attività dei barbieri- chirurghi per indicare dei praticanti, non medici, che non conoscevano il latino, dediti all’esecuzione di piccoli interventi come flebotomie, estrazioni dentarie, cura delle ferite; la distinzione tra il ramo medico e quello chirurgico proseguì fino al 1731, quando venne fondata la Academie Royale de Chirurgie e a seguito del decreto di Luigi XV che proibì la pratica chirurgica ai barbieri.
La fondazione del Collegio Reale dei Medici in Inghilterra nel XV secolo, invece, contribuì alla differenziazione tanto che i barbieri si unirono nella Compagnia dei Barbieri Chirurghi.
Come ogni aspetto della storia umana, anche la chirurgia ha seguito il suo percorso, a volte arduo, altre volte rallentato, ma attraverso i secoli, superata l’antichità e il medioevo, si avvia inesorabilmente verso la modernità.