La vita fugge, et non s’arresta una hora,
et la morte vien dietro a gran giornate,
et le cose presenti et le passate
mi dànno guerra, et le future anchora;
e ’l rimembrare et l’aspettar m’accora,
or quinci or quindi, sí che ’n veritate,
se non ch’i’ ò di me stesso pietate,
i’ sarei già di questi penser’ fòra.
Tornami avanti, s’alcun dolce mai
ebbe ’l cor tristo; et poi da l’altra parte
veggio al mio navigar turbati i vènti;
veggio fortuna in porto, et stanco omai
il mio nocchier, et rotte arbore et sarte,
e i lumi bei che mirar soglio, spenti.
(Francesco Petrarca, “Il Canzoniere” lirica 272)
Una pausa di riflessione su quello che risulta essere il bene più prezioso che l’uomo abbia a disposizione in questa vita: il tempo.
L’esistenza umana deve confrontarsi con il tempo in ogni suo aspetto. Dalle attività lavorative a quelle puramente ricreative, dalle attività scolastiche a quelle sportive. Tutte le attività umane ottengono una loro misurazione esclusivamente in considerazione al tempo impiegato in esse, ed una loro valutazione attraverso il riconoscimento del valore attribuito al tempo dedicato a tali attività.
Per molti, il tempo è denaro.
Uno dei primi filosofi ad accorgersi del valore del tempo fu Lucio Anneo Seneca, il quale nel “De brevitate vitae” analizza lo spreco del tempo a disposizione di ciascuno di noi ed invita a farne buon uso, coltivando le virtù della saggezza, come vedremo in seguito.
E’ un dato evidente che l’uomo ha il controllo delle proprie attività, ha la capacità di scegliere e decidere cosa fare o non fare; non ha, però, alcun controllo sul tempo, e ne subisce il suo fluire secondo un assetto in cui è inserito tutto il mondo sensibile.
Fin dalla sua origine, l’uomo ha fatto esperienza dello scorrere del tempo.
L’esistenza stessa è immersa nel tempo, e viene trascinata via con una successione ininterrotta di momenti presenti, che scorrendo con ritmo sempre uguale ci conducono ad eventi futuri.
La nostra ragione e la nostra coscienza elaborano il ricordo del tempo trascorso, e ci fanno vivere in un presente costituito da una sorta di continuità, che va dal tempo che abbiamo vissuto a quello che ancora dobbiamo vivere.
Il tempo, quindi, si è manifestato subito come variazione, come movimento, come attività; il mondo si muove intorno a noi, e noi con esso.
L’osservazione della volta celeste, il movimento degli astri, l’alternarsi delle stagioni, il susseguirsi della notte al giorno, la nascita e la morte, scandiscono da sempre le attività umane.
Le nostre capacità di speculazione filosofica e scientifica ci hanno dato la possibilità di distinguere l’effetto fisico del trascorrere del tempo dall’effetto psichico, dalla coscienza dello stesso, e dalla capacità espressa dalla nostra mente di ricordare il passato e di prospettare il futuro.
L’approccio della conoscenza umana nei confronti del tempo è stato pari all’inizio di un viaggio verso l’ignoto, del quale segnaliamo alcune significative tappe qui di seguito, seguendo un percorso, che ci accompagnerà nelle prossime pubblicazioni con cadenza quindicinale a partire dalla presente.
Il concetto di tempo nel mondo antico
Nei miti e nella religione dell’antico Egitto, la cosmologia non si presentava unitaria ma era divisa su una base territoriale. Tre erano i principali centri della speculazione cosmologica Eliopoli, Menfi, ed Ermopoli. Per Eliopoli il creatore era un demiurgo che agiva su una materia allo stato caotico. L’atto creativo è un atto di organizzazione di divisione per il quale la creazione è una riorganizzazione del cosmo in tutte le sue parti; lo stato di equilibrio poggia su Maat ed è la rappresentazione del mondo umano, dell’ordine cosmico e anche dell’ordine politico sociale.
Il caos era costituito da un oceano indistinto, ovvero rappresentato da un caos liquido, l’informe Nun, dal quale il demiurgo, che per Eliopoli era il Sole (Atum, Ra), emergeva dall’oceano primordiale e creava coppie di elementi che poi hanno dato vita a tutta la creazione. Occorre specificare che il demiurgo era considerato preesistente al tempo. La cosmogonia egizia era figlia della diretta osservazione della realtà circostante; l’osservazione delle inondazioni del Nilo, con la periodicità delle piene che si verificavano ogni anno, aveva determinato per riferimento la concessione di una cosmogonia che vedeva il sorgere della vita da una informe massa liquida.
I terreni dell’Egitto venivano “fecondati” periodicamente per dare vita e sussistenza i suoi abitanti. le tre stagioni in cui si suddivideva l’anno erano significativamente denominate Akhet (inondazione), Peret (crescita) e Shemu (raccolto).
Grazie all’osservazione del cielo gli egizi individuarono l’esistenza di 36 decani, ovvero costellazioni e stelle che apparivano ogni notte con alternanza di 10 giorni. Al raggiungimento dei 36 decani, con l’aggiunta di 5 giorni epagomeni (si definiscono così i giorni che vengono aggiunti con una certa cadenza per avvicinare la durata dell’anno del calendario a quella dell’anno solare), si completava l’anno di 365 giorni. Veniva così operato un allineamento nel calcolo del tempo tra l’anno del calendario ed i cicli osservati in natura.
Per i babilonesi il calcolo del tempo derivava dall’osservazione dei fenomeni celesti.
Essi furono i primi ad accorgersi della periodicità dei fenomeni astronomici ad applicare i modelli di predizione matematica all’osservazione dei corpi celesti.
La previsione dei moti dei pianeti dell’eclissi lunari legati a fenomeni infausti crearono un sistema di osservazione empirico ed aritmetico.
Soltanto successivamente nel mondo greco, con l’applicazione della speculazione filosofica all’osservazione della realtà, dei fenomeni astronomici e della misurazione del tempo, il Tempo viene individuato non soltanto nella sua determinazione empirica legata all’alternanza ed alla periodicità del verificarsi di alcuni fenomeni, limitandosi quindi a coglierne ed a registrarne gli effetti, ma se ne intuisce una sua propria essenza, un principio causale al quale quegli effetti vanno ricondotti.
Il tempo per i Greci. La distinzione tra Chronos, Kairos, Aion ed Eniautos
Anche nella mitologia greca il punto di origine è costituito dal Caos, principio atemporale di tutte le cose. Il passaggio dal Caos al Tempo avviene secondo la creazione mitologica.
Il concetto di tempo era espresso, per i greci, con l’utilizzo di diverse parole, ciascuna delle quali ne indicava un aspetto.
Chronos (Χρόνος) indicava l’aspetto quantitativo del tempo, la sequenza ripetuta della scansione cronologica, il tempo considerato nel suo scorrere, nella sua durata infinita.
Da tale termine nasce la divinità di Kronos, la divinità mitologica figlia di Urano e Gea, padre di Zeus e divoratore dei propri figli, che governa e rappresenta il tempo che divora, consuma e distrugge tutte le cose.
Chronos, invece, divinità e principio dei miti orfici, è il primo elemento, l’origine di ogni cosa che nasce dall’uovo primordiale: da questo uovo che di schiude nasce la molteplicità delle cose, lo smembramento degli elementi nella imperfezione del mondo.
Aión (αιών) termine più antico e legato ai miti orientali, simboleggiato da una struttura circolare o ovale, spesso rappresentato come il serpente che si morde la coda, inteso come forza vitale, simboleggia il ciclo della vita, il ripetersi infinito, nel succedersi delle stagioni, della nascita e della morte. Il concetto di ciclo vitale sempre uguale che si ripete, che sarà ripreso dalle teorie sull’eterno ritorno.
Kairòs (καιρός) inteso come il “tempo opportuno “, il “tempo giusto”, nelle rappresentazioni artistiche corrisponde ad un segmento temporale nel quale si svolgono opportunamente determinate attività (mietitura, vendemmia). Il termine sarà ripreso dalla tradizione cristiana per indicare il tempo escatologico nel quale si realizza il progetto di salvezza di Dio per l’uomo.
Eniautos (ένιαυτός) termine che indica sia l’anno che il ciclo solare in riferimento al solstizio, ed in generale ai cicli planetari.
Hora (ώρα) indica un periodo di tempo nel suo ritorno ciclico, come le stagioni; il termine nel corso del tempo ha assunto una complementarietà ed una sovrapposizione con quello di Kairòs.
La contrapposizione del tempo, per il mondo greco, è una contrapposizione che opera tra quantità e qualità del tempo.
Vedremo nella prossima pubblicazione le riflessioni dei greci e dei latini sul concetto di tempo.