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Tumori, Di Maio (Aiom): “In oncologia più voce ai pazienti con questionari ad hoc”.

"Con i Patient Reported Outcomes raccontano la loro quotidianità attraverso un report diretto".

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Massimo Di Maio (Aiom).

“Come ti sei sentito oggi?”, “Ti senti nervoso?”, “Provi dolore?”, “Hai nausea e vomito?”, “Riesci a fare una lunga passeggiata?”. A queste domande rispondono sempre più pazienti oncologici attraverso questionari ad hoc, i Patient-Reported Outcomes, ovvero esiti/risultati riportati dal paziente. “I PRO sono un report diretto della condizione del paziente, senza il filtro, l’interpretazione e la modifica da parte degli operatori sanitari. Sono ormai considerati gold standard per la valutazione dei sintomi soggettivi, sia nella pratica clinica negli studi clinici. Pur essendo consapevoli della complessità dei Pro come endpoint, i risultati mostrati nel corso sia degli ultimi anni da vari studi clinici dell’impatto di questo strumento sulla qualità di vita dei pazienti supportano nell’incoraggiare un cambiamento culturale e gestionale da parte delle direzioni sanitarie sull’opportunità di far interagire la cartella clinica elettronica con gli strumenti in grado di raccogliere i PRO”.

“Anche in oncologia, usando questi strumenti, possiamo dare più voce ai pazienti – sottolinea Di Maio – sono loro a riferirci direttamente benessere o malessere durante il percorso diagnostico terapeutico che stanno affrontando. In ambito oncologico abbiamo sempre usato degli endpoint tradizionali per descrivere i trattamenti e la loro tossicità, un’attività questa misurata dai clinici con gli esami strumentali e non dai pazienti”. Però, “un conto è raccogliere il punto di vista del paziente semplicemente nel colloquio col paziente durante la visita – fa notare l’oncologo – un conto utilizzare degli strumenti ‘validati’, che si chiamano PROMS – Patient Reported Outcome Measures, che ci consentono di raccogliere le informazioni fornite dai paziente. In questi ultimi anni, i PROMS sono diventati sempre più importanti in due ambiti. Nella ricerca clinica – perché conosciamo meglio la qualità di vita, il benessere complessivo e i sintomi soggettivi del singolo paziente – e nella pratica clinica perché aiutano il rapporto medico-paziente, che va oltre al colloquio durante la visita”.

Altro “aspetto importante la lettura in tempo reale dei questionari – sottolinea l’oncologo – che consente una gestione migliore del singolo paziente. Tra le domande, ad esempio, una ricorrente viene fatta sulla ‘fatigue’’, che è una condizione che accomuna molti pazienti oncologici. A volte il medico non si accorge di questo sintomo o lo sottovaluta”.

Fonte: adnkronos.com

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