“Non ce lo vengono certo a dire, ma ovviamente l’intelligence sta svolgendo il suo ruolo in questa guerra. Questa è anche una guerra d’intelligence”. Così all’AdnKronos l’ex direttore del Sisde, Mario Mori, sul ruolo dei servizi segreti nel conflitto fra Russia e Ucraina. Mori si sofferma, innanzitutto, sul ruolo che sta svolgendo l’intelligence, americana o anche inglese, nel dare agli ucraini le indicazioni su come e dove individuare e quindi eliminare il nemico. Un compito, quello degli 007, che avrebbe avuto come conseguenza, fra l’altro, l’uccisione, da parte degli ucraini, di molti generali dell’esercito russo, nonché seri danni alla catena di approvvigionamenti e della logistica russa.
“Certamente in questo senso l’intelligence americana sta svolgendo un ruolo importante – afferma Mori -, penso che l’esercito ucraino come dotazione non fosse in grado di sviluppare un’azione di contrasto e di risposta come stanno dimostrando di sapere fare in questi ultimi tempi, dunque sicuramente dietro c’è un’altra organizzazione. E solo l’intelligence americana, o comunque quella inglese, possono sostenere questi tipi di appoggi”.
Per Mori, dunque, “probabilmente è il ruolo dell’intelligence a determinare quello che molti considerano il pantano russo, ma forse c’è stata anche qualche lacuna nelle valutazioni dell’intelligence russa in questa vicenda, che probabilmente non è riuscita a definire ai decisori russi un quadro attendibile. Almeno questo è quello che si riscontra sul terreno”. Anche se, sottolinea il generale Mori, “noi facciamo tutti questi discorsi non sapendo, in particolare, quella che è stata l’idea strategica dell’aggressore, cioè della Russia. In effetti noi non sappiamo cosa si prefiggeva o cosa si prefigge l’attacco russo”.
Quanto all’ipotesi che l’inaspettato pantano russo possa avere come conseguenza un golpe che porti alla rimozione di Putin, Mori chiosa: “Mi sembra molto difficile, perché noi in effetti, in merito a questo, sentiamo una campana sola, quella dell’Ucraina e del mondo favorevole all’Ucraina. Abbiamo scarse notizie su quelle che sono le situazioni all’interno del Cremlino e dei giochi di potere che si stanno sviluppando o si sono sviluppati”. Il generale si sofferma, poi, sulla missione russa in Italia nel 2020, quando il nostro Paese era in piena pandemia, e sull’ipotesi che si possa essere trattato, in realtà, di un’attività di spionaggio o quantomeno di un tentativo di metterla in atto.
“Parlo da lettore di giornali con un minimo di esperienza – premette l’ex direttore del Sisde -, la Russia ha mandato circa 150 uomini, e penso che abbia fatto un’operazione politica sicuramente di livello, perché ha dimostrato un’apertura verso Paesi anche ‘non alleati’. In quel momento fu un grande successo ‘pubblicitario’, se vogliamo: la Russia che interviene mentre ancora Ue e Stati Uniti sono fermi. Questo, quindi, era già un successo che valeva quella che poi è stata la spesa modesta da parte dei russi per spostare mezzi e tecnici militari”.
“Ma poi, mi chiedo – sottolinea Mori -, a Bergamo cosa c’era di così importante, devastante e segreto tanto da mandare 150 uomini a condurre indagini? L’idea che si sia trattato di spionaggio, dunque, non ha senso. Possono avere avuto qualche idea su quelli che erano i livelli di conoscenza sanitari del mondo europeo, ma il gioco non valeva la candela. Se devo fare qualcosa in questo senso, scelgo obiettivi remunerativi come intelligence, e questo non lo era”.
Infine, sul ruolo dello spionaggio russo in Italia in un momento in cui i rapporti fra il nostro Paese e la Russia sono del tutto incrinati, l’ex direttore del Sisde spiega: “Lo spionaggio russo in Italia è sempre vivo, lo è sempre stato. Il caso Biot penso sia la punta dell’iceberg. In ogni caso, nell’intelligence il problema dell’amico e del nemico è molto più nebbioso e indefinito che sul terreno del confronto diretto. Per noi italiani, per gli inglesi e così via, avere notizie anche di Paesi alleati è fondamentale, figuriamoci per i russi che oggi si trovano contrapposti a un mondo, quello Occidentale, che perlomeno li contrastava e adesso addirittura è quasi sul terreno per combatterli. L’intelligence esiste da sempre e si fa nei confronti di tutti secondo gli interessi del proprio Stato. Vogliamo forse pensare che gli Stati Uniti non abbiano un’attività di intelligence in Italia?”.
Per Mori, in definitiva, “l’intelligence non cambia affatto neanche ora che Italia e Russia sono fortemente contrapposte, perché entro certi limiti l’intelligence prescinde dalla guerra guerreggiata. Teoricamente l’intelligence è sempre in guerra”.