E’ morto Antonio Martino, aveva 79 anni. Laureato in giurisprudenza all’Università di Messina, si specializzò in economia a Chicago dove diviene allievo del premio nobel Milton Friedman. E’ stato docente di Storia e politica monetaria presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università La Sapienza di Roma e poi di economia politica alla Luiss nella quale ha ricoperto il ruolo di preside dal 1992 al 1994. Segretario del comitato scientifico della Fondazione Italia Usa, Martino è stato ininterrottamente parlamentare della repubblica dal 1994 al 2018.
Con la sua scomparsa viene meno uno degli ultimi veri politici di scuola liberale. Colto, preparato e moderno aveva ottimi relazioni con gli Stati Uniti e con il mondo atlantico in cui godeva di grande stima. Era di casa nell’ambiente dei repubblicani americani dove forse si sentiva più a suo agio rispetto al provincialismo politico italiano nel quale invece le sue idee sono rimaste sempre di minoranza anche quando il suo schieramento politico ha vinto l’ elezioni e ottenuto il governo.
Pensatore originale e liberale di razza, apparteneva ad una famiglia aristocratica siciliana. Suo padre Gaetano, storico esponente del Pli, era stato ministro degli esteri negli anni cinquanta e può a ragione essere considerato uno dei fondatori dell’Europa Unita. Coerentemente eretico anche nel Partito Liberale a cui apparteneva durante la prima repubblica , Martino nel 1987 ne propose la riforma in senso liberista additando come modelli l’esperienza di Ronald Reagan e di Margaret Thatcher . Non fu seguito. Tornò alla politica attiva nel 1994 quando fu tra i fondatori di Forza Italia e uno dei principali collaboratori del primo Berlusconi. Nel partito del cavaliere, Martino fu il leader dell’anima liberale, liberista e libertaria gradualmente sconfitta dalla trasformazione del partito. Per molti il suo declino politico e il suo ritiro dalla scena pubblica nel 2018 è parallelo a quello della carica rivoluzionaria e innovativa del partito di Berlusconi. Amava ripetere: “ Se recuperato, lo spirito del 1994 può farci uscire dallo squallido pantano in cui siamo precipitati”.
Molte le idee che lascia in eredità. Avrebbe voluto una riforma istituzionale sul modello americano ovvero presidenziale, uninominale all’inglese e federale. Sosteneva il federalismo fiscale e un modello di decentramento basato sulle province anziché sulle regioni che considerava troppo burocratiche e grandi. Sostenitore di una radicale riforma del welfare e di una bassa pressione fiscale, Martino vedeva nella Svizzera, prima ancora che negli Stati Uniti, la sua democrazia liberale di riferimento. Fedelissimo ai valori occidentali considerava gli Usa, il Regno Unito e Israele alleati per “ scelta di civiltà”.
Ministro della difesa nel difficile periodo post 11 settembre e degli Esteri nel breve ma intenso Berlusconi 1, ebbe delle posizione non acritiche sull’integrazione europea di cui denunciava coerentemente e con inquietante attualità il carattere burocratico, dirigista e statalista.
Escluso dall’ultimo governo Berlusconi, si oppose all’esecutivo di Monti facendo suo il pensiero di Palmiro Togliatti sui governi tecnici : “sono sempre stati i governi più seriamente e pericolosamente politici che il Paese abbia avuto. Il loro preteso agnosticismo è servito sempre e soltanto a coprire, a consentire o a tentare le più pericolose manovre contrarie alle necessità e agli sviluppi di una corretta vita democratica. (…)”. Nel 2012 in dissenso con il suo partito vota contro il Fiscal Compact. In quell’occasione dirà: “ i liberali hanno sempre ritenuto il principio del pareggio di bilancio una regola indispensabile” ma se questo ha valore “ quando la spesa pubblica è inferiore al 30% come al tempo di Einaudi ,è insensata quando la spesa pubblica supera il 50% del reddito nazionale. .La conseguenza sarà l’aumento della pressione fiscale… Il bilancio è il centro dell’attività economica dello stato. Noi rinunciamo alla sovranità nazionale a favore di chi? Dove sono gli Stati Uniti d’Europa a cui dovremmo sacrificare l’unità nazionale?..
Recentemente aveva espresso forti perplessità sull’attuale presidente degli Stati Uniti: “ Considero Biden peggiore del suo maestro Barack Obama. Costui era stato sinora il peggiore presidente nella storia degli Stati Uniti, Biden è riuscito a superarlo”. Martino infatti in una delle sue ultime interviste giudicava avventata la scelta della Casa Bianca di evacuare in maniera scomposta le truppe dall’Afghanistan e ancor più quella di togliere le truppe dalle vicinanze del confine russo ucraino ” praticamente invitando Putin a invadere l’Ucraina”.
Pur fermo nella condanna verso l’invasione dell’Ucraina, il vecchio statista liberale ricorda come Berlusconi e lui spinsero con gli accordi di Pratica di Mare nel 2002 per l’ingresso della Russia nella Nato che avrebbe dovuto diventare un’alleanza difensiva inclusiva: “ quanti più paesi aderiscono all’organizzazione tanto più essa è efficiente”.
Ci piace infine ricordare quanto controcorrente e autenticamente liberale fu la posizione di Martino sul Green Pass: “Trovo assolutamente ingiustificata l’assurdità dell’obbligatorietà del green pass sarebbe stato più semplice chiedere che venissimo marchiati a fuoco una volta che ci vaccinavano. Si sarebbe visto subito”.
Antonio Martino è sempre stato apostolo intransigente del suo credo politico ed economico ma anche un politico realista e pragmatico. Le sue posizioni ,per quanto discutibili. non possono essere accusate di disonestà intellettuale o di poca profondità.
La mia personale stima nei suoi confronti e in quelli della sua scuola di pensiero ha carattere culturale e antropologico prima che politico. Se il nostro popolo dovesse andare sul lettino dello psicoterapeuta scoprirebbe di avere l’atavico problema della fiducia in se stesso.
Da quando siamo piccoli ci insegnano che ragionare è presunzione, che dobbiamo affidarci al cuore se non alle viscere perché altrimenti non siamo umani. Il risultato è un intelligenza degradata a furbizia e l’insopportabile retorica di cialtroni che non sanno affrontare veramente i problemi. eccezion fatta per l’ottica breve delle emergenze. La scuola liberale, che è quella della responsabilità individuale, si oppone a questa tendenza dando centralità alla persona e alle sue capacità e responsabilità. La rivoluzione liberale in Italia, come diceva Gobetti, resta l’unica possibile. Per questo motivo Antonio Martino lascia un ‘ eredità culturale più che politica, capace di indicare un percorso verso la modernità con un’altra Idea dell’Italia.